giovedì 26 agosto 2021

La politica dell'assurdo, l'ossessione dei controlli, l'isteria della sicurezza, chi la paga?

Mettiamo che io fossi un manutentore o un addetto ai servizi oppure un lavoratore che usa l'auto. Mi chiama un cliente. Prendo la macchina. Devo fare poche decine di chilometri. Mi metto in strada e comincio a trovare rotonde assurde. Non agli incroci dove comunque dovevi rallentare, ma messe a tagliare interi rettilinei. Poste a massacrare le strade che i nostri genitori costruirono per congiungere le città. Poste a spaccare culturalmente una civiltà del lavoro, del progresso, dell'uomo. Ovvio perdo tempo. Bene, lo dovrò caricare sui costi, che vanno a scaricarsi sul cliente.

Vado avanti e trovo i semafori trappola. Quelli con il giallo uno, due, tre... via. Prenderò una multa. La dovrò caricare sui costi, che si scaricano sul cliente.

Incontro poi gli autovelox-killer. Nascosti. Preceduti da limiti inverosimili. Prenderò una multa. La dovrò caricare sui costi, che si ripercuotono sul cliente.

Allora incappo nei lavori perpetui: che bloccano chilometri e chilometri di corsie per mesi, se non anni. Code infinite. Perdo altro tempo. Lo dovrò caricare sui costi, che saranno a spese sul cliente.

Infine arrivo. Non trovo parcheggio. Giri e ticket. Li dovrò scaricare sui costi, anch'essi da rifarsi sul cliente.

E già mi è andata bene. Perché magari incontravo anche un lupo o un cinghiale. Animali sacri. Oggetti di massimi diritti. Magari mi distruggevano l'auto. E la dovevo caricare sui costi. A quel punto o fallivo io o il cliente!

Ecco, questa assurda politca contro il lavoro; questa consacrazione del futile, la paga il consumatore. La paghiamo noi. I sindaci fanno a gara a distruggere le strade con le rotonde, a trasformare i semafori in grandi spioni, a piazzare macchinette dietro limiti non rispettabili; e noi paghiamo. Paga il paese, che non si sa come riesce ad andare avanti in mezzo a tutti questi ostacoli. Pagano i lavoratori e tutti noi con lo stress, l'ansia, la distruzione della qualità della vita.

Sembra ci si diverta a rendere la vita più difficile di quanto già non sia. Ma non si ci rende conto che si fa pagare a tutti il costo dell'assurdo, dell'ossessione dei controlli, dell'isteria della falsa sicurezza.

sabato 21 agosto 2021

Le invisibili del turismo

ROSETO. In questa estate afosa e ansiogena. In questa estate – almeno per me – rintontita dallo spillone di Stato. In questa estate colma di odiose ed odianti kapò-web, puntanti l'indice discriminatorio contro gli altri. In questa estate in parte da schifo, a me piace ricordare le commesse dei bar o dei lidi. Quelle che mi hanno portato il caffé la mattina. Sempre con il sorriso. Ed alle quali ho cercato io, di strappare qualche sorriso vero.

Non so se studieranno o lavoreranno durante l'anno. Se diventeranno dottoresse, ingegnere o magari operaie. Non so se avranno nel loro futuro dei figli o una famiglia. Non so se soffriranno o gioiranno. So che mi hanno colpito e mi colpiscono. Per la loro gentilezza. Per la loro professionalità. Per la loro pazienza verso molti soggetti definiti “clienti”, che invece le trattano manco come dei robot porta-drink.

Sono loro che reggono l'economia turistica. Senza chi ti porta il caffé, l'aperitivo al tavolo; senza l'accoglienza, tutta la fuffa politica sulla “promozione” si scioglie con la velocità di un gelato a ferragosto. A loro va il mio personale grazie. A loro andrebbe una ideale “Rosa d'argento” rosetana. A loro, ed a nessun altro. A loro, in rappresentanza dei lavoratori manuali del turismo, di chi pulisce le stanze d'albergo, lava i pavimenti, eccetera.

Ma a loro purtroppo non andrà nulla. Come nelle estati passate. Come un altra estate che verrà. Con altre ragazze al banco. Altre studentesse che arrotondano la vita per la vita. Altre ragazze che non sognano, ma cercano un domani: qui o altrove chissà. Finché questo tempo sospeso non si decida a rendere il tutto un po' più lieve.

A loro penso mentre scrivo queste inutili parole. A loro che - come me - capita di vivere in un periodo d'estinzione dell'umanità.

giovedì 19 agosto 2021

La politica si dà del bravo da sola


ROSETO. Ognuno ha pensato a ritagliarsi i suoi cinque minuti per dirsi: oh quanto sono stato bravo; oh quanto sono stato bravo! È questo che mi ha colpito dell'ultima seduta ordinaria del consiglio comunale rosetano prima del voto di ottobre.

Non tanto quel "Potevamo mandare a fanculo" (testuale) l'amministrazione, ma non lo abbiamo fatto per senso di responsabilità, esclamato dal consigliere Pd, “Peppe” Di Sante.

Non tanto quel recriminare fino all'ultimo dell'ex-sindaco, Enio Pavone, che a momenti investiva della sua eredità politica il candidato sindaco Nugnes, da lui appoggiato. Non si capisce bene se persino tramandantogli l'impegno a rifare tale e quale il suo “project” trentennale sulla illuminazione pubblica.

Non tanto l'abbandono, ad un tempo amaro e sollevato del consigliere Alessandro Recchiuti. Per paradosso, sul web ancora gira l'intervista ad una Tv locale dove il consigliere regionale della Lega, Tony Di Gianvittorio, lo proponeva solo qualche mese fa candidato sindaco unitario del centro-destra.

No, mi ha colpito quell'affannarsi di ognuno a fare e farsi i complimenti, prim'ancora che glieli facciano gli elettori. E nessuno che ha parlato dei giochi politici che invece, essi sì, ci sono e ci saranno dietro certe scelte. Vogliamo dire del rapporto con la vicina Giulianova per quanto riguarda la politica della Lega? Vogliamo dire delle relazioni con le prossime politiche e le relative aspettative? Vogliamo dire della lotta politica interna alle varie anime del Pd a livello abruzzese?

No, non ne vogliamo dire. Perché nessuno ne parla. Tutti nuovi e puritani. I candidati sindaci non hanno nemmeno detto - o se lo hanno detto non l'ho sentito - per chi hanno votato alle politiche del 2018 ed alle regionali del 2019. Ed è solo un piccolo esempio. Si spera allora che la campagna elettorale non sia esclusiva immagine e comunicazione, come per alcuni già purtroppo è, ma vengano fuori i sassolini dalle scarpe. Perché sarebbe bello che agli elettori si dicesse tutto. Anche la nuvola e non solo il sereno, perché non c'è solo il chiaro, ma anche lo scuro. Il chiaroscuro, nell'arte.

martedì 17 agosto 2021

Il partito "de lu sparone" e quello "de li cani"

ROSETO. Il non-argomento dei fuochi d'artificio ha tenuto banco nel full-time ferragostoso. I sostenitori dei diritti degli animali si sono risentiti. I fautori della tradizione hanno potuto contare sull'ok allo sparo del sindaco uscente, Sabatino di Girolamo (Pd). C'è chi ha provato a distinguere tra “progressisti”, supposti no-fireworks e “conservatori”, ritenuti pro-fireworks (fico 'sto fireworks, traduzione inglese-all'amatriciana di bim-bum-bam).

Comunque, il partito unificato del green-pass non si sa bene se e come abbia reagito. Pare soffrire di lacerazioni interne. Appena mette il naso fuori dalla canicola degli hub, infatti, tal corrente corre il rischio della liquidazione. I candidati rosetani, per parte loro, si sono tenuti piuttosto guardinghi, non riuscendo bene a contabilizzare lo share dello sparo.

Ecco, quando si tende a buttare tutto in politica, anche un bim-bum-bam può... esplodere! Per fortuna la cosa passa in fretta. Del resto la campagna elettorale locale inclina sovente verso l'assai gettonata categoria del “sogno”. Perché, notoriamente, per sognare bisogna essere addormentati, il che è sempre molto salutare.

Però, un derby tra il partito de lu sparone e il partito de li cani, non sarebbe da buttar via. Sarebbe un... artificios con le contropalle!

lunedì 16 agosto 2021

Quella voglia matta di fare il consigliere

ROSETO. No, dico: ma tutti questi aspiranti consiglieri comunali di Roseto, si son fatti due conti? Si parla di 22-23 liste, a spanne un esercito di 350 concorrenti per 16 posti da consigliere. Ma lo sapete che, con cinque candidati sindaci, solo 10 poltrone consiliari vanno alla squadra vincente ed appena 2 (diconsi due) a quella perdente? Lo sapete che quattro poltrone dell'opposizione sono già “riservate” (in senso tecnico, visto il sistema elettorale) per i quattro candidati sindaci battuti?

Cioè, vi rendete conto? Su 350 ne entrano di fatto 12. Non dico percentuali da gratta e vinci, ma da prefisso telefonico certo! Insomma, chi si candida è consapevole che ha 96,6666 possibilità su cento di non farcela? Lo sa che il suo ruolo è solo portare qualche voto, o magari pensa veramente di entrare? No, perché la sensazione è che l'euforia da candidatura sfumi un po' le tinte della realtà. Che, ahiloro! è ben diversa dalle aspettative.

Onde evitare cocenti delusioni, sarebbe bene allora ricordare che le campagne elettorali sono quasi sempre delle trappole per gli elettori e qualche volta anche per i candidati meno esperti. Per usare un vecchio paragone con il desing industriale, si potrebbe dire che si tende a nascondere sotto una carrozzeria nuova un motore più che usato. Per la politica professionista, la campagna elettorale è una attività prevalentemente pratica volta ad acquisire il consenso, in un ottica di businesslike (professionistica, appunto). Tutte le energie di chi organizza davvero le campagne elettorali sono tese soltanto a questo. E bisognerebbe tenerlo presente per evitare di rimanere prigionieri del meccanismo.

Ma tant'è. Contenti loro, si direbbe! Ma forse una causa di questa bulimia da candidatura, questo “priapismo” da liste, come lo chiama il consigliere uscente Adriano De Luca, che quanto a scaltrezza politica non scherza; questa voglia matta di fare il consigliere, insomma, potrebbe derivare dalla scomparsa del pallottoliere. Con questi congegni moderni, tecnologici, che hanno sostituito le vecchie palline roteanti, non ti adduni quando tocchi il bordo: basta un attimo e ti scappa la frizione!

sabato 14 agosto 2021

La felicità dell'essere servo

Diceva mia nonna, che era nata agli inizi del '900, “Attacca l'asino dove vuole il padrone e fagli le scarpe”. Voleva dire: fa quello che dice il potere, obbedisci e cerca di fregarlo.

Da ragazzo respingevo questa massima. E litigavo con mia nonna. Alle soglie dei sessant'anni mi sono accorto che invece funziona benissimo, è eccezionale. Se vuoi campare tranquillo, fa quello che fanno la maggior parte degli altri. Sìi conformista. Segui il flusso. Pronuncia il signor SI in pubblico e, se puoi, fregali in privato.

Perché il potere, se ti adegui, ti fa stare. Non ti considera un nemico. E tu hai sempre un'arma segreta: adeguandoti, lo hai fregato. Ad una condizione: che tu non creda minimamente in quello che fai, in ciò che dice il Potere; anzi, che tu creda l'opposto. Del resto, cosa ti costa? Fai quello che ti dicono e continui a considerarli meno importanti dei peli del gatto sul divano (senza offesa per il divano e, tanto meno, per i peli del gatto, ovviamente).

È una condizione minima per campare senza che Lor Signori ti rompano le scatole oltre misura. Una specie di pacifismo fatto in casa: fatti passare sopra (metaforicamente) le ruspe del potere e, se proprio vuoi contestare, nessuno potrà dirti che non sei stato prono, obbediente, bravo soldatino. Perché tu hai prostrato il tuo corpo a loro, gli hai offerto la tua pelle, ma non il tuo cervello. Quello continua a pensare tutto il male possibile dei loro metodi, delle loro idee, delle loro menzogne del Potere, del loro essere tutto, insomma. Soltanto che loro non lo sanno, quindi non ti possono colpire.

Vabbé, non è che adesso, scrivendo questo, mi sono scoperto un po' troppo? D'accordo dài, sto imparando: diventare un bravo suddito dopo una vita contro-corrente non è cosa che avviene dall'oggi al domani. Però vi assicuro: sono sulla buona strada.

sabato 7 agosto 2021

Io ho paura

Io ho paura. Ho paura sia della malattia sia dell'antitodo, o presunto tale. Ho paura mi faccia male. Come già mi ha fatto male. Non di rimanerci secco. Se fosse una botta e via, firmerei subito. Ma che mi mandi un coccolone dal quale non ci si può riprendere.

È una paura che affronto. Per conformismo. Per quieto vivere. Per sentirmi pecora del gregge. Per non sollecitare le ire bullistiche delle squadriste/i del web. E scelgo la seconda, la paura dell'antitodo.

L'affronto pur avendo una situazione di personale di costi-benefici che non ritengo favorevole ad affrontarla. Penso infatti che il rapporto costi-benefici andrebbe personalizzato, non imposto sovieticamente con la clava uguale per tutti. 

Certo, che saran mai quei dolori alle gambe mai avuti prima di quella data? Quelle ossa “rotte” che impediscono di dormire mai patite fino ad allora? Quel peggioramento alla vista mai avuto prima? Quel malessere generale mai registrato prima di quella data? Quello svolgere a fatica, da quella data, attività che sempre si son svolte senza problemi, come ad esempio financo passeggiare in bici? Roba di un giorno, massimo due. No, roba di un mese e passa. Che non passa.

Certo, sarà capitato solo a me, quindi vatti a farti fottere, direte voi. Stupide coincidenze. Casualità, che cosa vuoi, cosa cerchi, cosa reclami? Ok, avete ragione. Eppure appena domandi, racconti, scavi un po', senti in giro: “anche a me... anche a me... anche a me...”. Solo che la gente ha paura di dire. Paura di essere etichettata. Paura di apparire debole. Paura di essere ferita nell'orgoglio. Ed allora non parla, però, se potesse...

Magari, incontrassi al secondo giro qualcuno che, in scienza e coscienza, almeno leggesse quanto scritto! Non dico crederlo, seppur vero, ma almeno leggesse. Ma temo di non trovarlo. E lo comprendo benissimo. Lo facesse, è probabile passerebbe dei guai. Se i guai invece li passo io, loro rimarrebbero eroi. Ditemi voi chi smetterebbe la divisa da eroe per seguire le parole di un cittadino qualsiasi?

Io ho paura, allora. E non ho paura a dirlo. Questa è la libertà che è rimasta. Una libertà che non potrà mai essere del tutto conculcata: la libertà di avere paura. E di esprimerla. La paura è rivoluzionaria, si sarebbe detta un tempo.

mercoledì 4 agosto 2021

Giovanna fa rivivere la "Festa Popolare"

ROSETO. Due donne, con l'aiuto fondamentale di una terza, stanno portando avanti una memoria. Una memoria matta e disperatissima, direbbe il Poeta. Le due donne si chiamano Giovanna Forti e Mara Rapagnà. La terza è Annalisa Rapagnà. Sono, rispettivamente moglie, nipote e figlia di Pio Rapagnà, uomo politico rosetano scomparso tre anni or sono.

Una di queste operazioni di memoria, forse la più simbolica, è la “Festa Popolare 2021”, in omaggio alla manifestazione che dal 1976 al 2017 se non vado errato, Pio Rapagnà organizzava all'Arena Quattro Palme di Roseto. Ecco, l'Arena Quattro Palme: se voleva essere memoria, questa Festa non poteva che svolgersi lì. E Giovanna Forti ha dovuto sudare sette camicie per farsela dare dal Comune, l'Arena. Si è dovuta rivolgere anche al sindaco, Sabatino Di Girolamo, ed alla fine l'ha spuntata. Rimettendoci però un sacco di soldi, visto che si è dovuta sobbarcare notevoli costi, anche tecnici. Ma Giovanna è così: ostinata e determinata. Vuol difendere a tutti i costi la memoria del “suo” Pio. E ci sta riuscendo. Dimostrando dove può arrivare la forza dell'amore di una donna per un uomo.

Quando allo specifico, la Festa se ne va sui temi classici: la musica popolare, la poesia, la mostra fotografica, eccetera. Ma il successo non è nel merito. Il successo è averla fatta. E in questo Giovanna, Mara e Annalisa sono riuscite benissimo. Con la sola forza delle donne. Con un lavoro pazzesco. Con un impegno da numeri uno. E con la forza dell'amore, si ripete.

P.s.: Giovanna mi aveva invitato a dire due parole sul palco della Festa. La ringrazio di cuore. Ma non posso e non voglio. Primo perché non saprei cosa dire. Secondo perché qualsiasi cosa dicessi sarebbe di nessuna importanza, in primis per me. Terzo e più di tutti, perché anche a me i ricordi pesano. Uso perciò come medicina nei mie riguardi il tenerli il più lontano possibile, per quanto posso, chiaramente.

Liliana e la solidarietà (con qualche riflessione natalizia)

Liliana di Tecco ROSETO. A Roseto i poveri esistono. Nonostante il benessere medio della cittadina. E malgrado la narrazione ufficiale, che ...