domenica 29 dicembre 2019

Ed una mattina di vento sono andato alla mostra. Su Leonardo a Giulianova


GIULIANOVA. Vado con riluttanza. Perché fa freddo. E non so che fare. Così mi vien voglia di visitare la mostra su Leonardo a Giulianova. “Sarà una delle tante”, rimugino. Una delle tante bandierine piene di copie e riproduzioni leonardesche che questa Italia con la testa girata all'indietro vuole mettere sul proprio taccuino a beneficio di un protagonismo politico locale

Ma ecco quel che non mi aspetto. Scendo le scale del loggiato sotto il Belvedere e trovo una giovane donna, Patricia Piccioni, di Giulianova: una delle addette alla mostra. Una di quelle ragazze che l'Italia di oggi non merita. E – ne sono certo anche se non lo so – non remunera per quello che valgono. Una ragazza appassionata e competente. Mi spiega la mostra. Ed io cambio idea.

Perché sì, le riproduzioni ci sono: non potrebbe esser diverso. Ma il parallelo con la storia di Giulianova (e non solo) c'è tutto. Giulianova paese – come diciamo oggi – nasce infatti in quel '400-'500. Quando un esponente della dinastia Acquaviva, Giuliantonio appunto, decide di ricostruire sul colle il “Castrum novum” romano distrutto alla foce del Tordino. Nasce con quell'idea urbanistica della “città ideale”che proprio Leonardo propugnava altrove. Idee all'epoca innovative, che anche un famoso pittore, il Pagliaccetti (“non sempre appieno rivalutato”, mi dice Patricia), riprodusse in tela ancora nell'ottocento.

Tutto questo la mostra racconta. Insieme alle stampe ed alla collezione del polo museale giuliese. E cerca di raccontarlo soprattutto alle scolaresche che la visitano. “Perché questa storia Giuliese merita”, dice sempre Patricia, “anche per capire il presente; per comprendere quello che è giusto o no; per valutare la nostra società”. E qui la mia testa comincia a viaggiare: deriva all'oggi: alle nostre cose che non vanno.

Non è stata Patricia a dirmi le cose che non vanno. Lei è stata solo professionale ed asettica.
Ma tanto è bastato perché tu – tu ultracinquantenne annoiato una mattina ventosa tra Natale e Capodanno – risvegliassi in te un “perché”. Pensassi alle tante Patricie che – si, lo dico – reggono questo Paese senza essere riconosciute. Le tante Patricie che ancora non se ne vanno. E che ancora non si incazzano davvero. Ma fino a quando reggeranno? Non lo so. Ecco, questo davvero lo ignoro.

giovedì 26 dicembre 2019

Ma un linguaggio un pò più leggibile no?


PINETO. Leggere le delibere del consiglio d'amministrazione della riserva marina “Torre del Cerrano” è un'avventura. Usano un burocratichese ostrogoto. Sono difficili da comprendere, piene di ripetizioni retoriche, ridontanti. Ma, soprattutto, ricche di nominalismo.

Volete un esempio? Prendete la deliberazione n.207-019. A parte le sigle, come “MATIM”, “ZSC”, eccetera, è interessante l'allegato. Dove si parla di “Azioni”, che poi dovrebbero essere alcune attività che l'Ente svolge in difesa del mare, ovvero il suo compito d'istituto.

Allora, leggiamo che in tal senso è organizzato un “Forum permanente”. Ha un budget di 12.500 euro. Ci sono poi due “azioni” in difesa del Fratino, un uccellino che nidifica in zona. Una si chiama “Finestra sul Fratino” e costa 5.400 euro; l'altra è detta “Duna e Fratino” e vale 5 mila euro.

Si passa quindi all'artigianato locale, per il quale la Riserva destina 25 mila euro. Mentre 50 mila li usa per una proposta dell'associazione balneatori sulla “Pineta ordinata” e 10 mila totali per una “caratterizzazione” avanzata rispettivamente da un camping e da uno stabilimento balneare.

Andiamo avanti, saltando per necessità di sintesi. Si legge di 24 mila euro per “Il mare oltre l'ombrellone”; 10 mila euro per una proposta formulata da una agenzia di viaggi; 3 mila euro per una radio; 10 mila per un giardino “bio”; 25 mila per delle “Notti verdi”; altre 25 mila per una “Newsletter”; e così via.

Per carità, in nome dell'ambiente è obbligatorio sempre togliersi il cappello. Quindi tutto questo budget sarà naturalmente da venerare e supplicare per il suo stesso esserci. Ma, dico, sarebbe proprio impossibile usare un linguaggio un po' meno metaforico? Magari il fratino viene salvo ugualmente anche senza “finestre”; le notti belle alla pari pur se non “verdi” e via dicendo. Perché sa, anche la niditezza delle parole, in fondo in fondo, pretende la sua... ecologia!

lunedì 23 dicembre 2019

PINETO. L'area marina "Torre del Cerrano" produrrà una piccola pubblicazione in tre lingue nell'ambito di un programma di gemellaggio. Il costo dell'operazione è di 12 mila euro. Lo precisa la delibera n.203/019 approvata dal CdA.

venerdì 20 dicembre 2019

L'autostrada s'è rotta: non aveva neanche 50 anni!


ROSETO. In fondo, non è durata nemmeno 50 anni. Il tratto abruzzese dell'autostrada Adriatica fu inaugurato nel 1973. Quarantasei anni dopo hanno chiuso ai camion uno dei ponti di una certa importanza, quello del “Cerrano”. I Tir sono così tornati sulla statate 16 tra Città S.Angelo e Pineto. Strada nel frattempo appesantita da lillipuziane rotatorie specchianti il gusto dei vari sindaci locali.

Il massimo della beffa è che la società autostrade (ed il governo) hanno chiuso proprio dopo il flatus voci dei sindaci riuniti a Roseto qualche giorno fa in compagnia di parlamentari amici (politicamente) loro e del governo. Si vede che le loro grida sono tenute in molta considerazione: non solo non gli hanno riaperto il casello di Roseto, gli hanno chiuso pure il ponte! Del resto si possono consolare: con il divieto di passaggio sul viadotto si è addirittura spezzata l'intera dorsale adriatica.

Oggi pomeriggio, il lungomare delle cittadine interessate, tra l'altro sconnessi e quasi bui, sembravano delle tangenziali. Ciclisti rigorosamente senza luci dribblavano felici come pasque tir e auto. Camion con lampeggi prepotenti agli incroci.

L'impressione è che ci sia sprezzo per questo Paese. Che si lavori alacremente alla sua fattuale distruzione. Un menefreghismo assoluto delle conseguenze sulla vita reale della gente. E sull'economia: non solo locale. Ci sarebbe da capir dove vogliono arrivare.

sabato 14 dicembre 2019

Se paglia non si muovesse, sarebbero 20 milioni


ROSETO. Se il Comune non facesse niente, per “campare” solamente a livello burocratico, diciamo così, avrebbe bisogno di circa 20 milioni l'anno. Oddio, non è che nei fatti, l'attività municipale vada molto oltre il minimo sindacale! Tuttavia, se si limitasse solo a pagare gli stipendi, onorare i debiti dei mutui e fornire quel minimo di servizi cui è obbligato per legge, gli servirebbe appunto quella cifra lì: 20 milioni l'anno, che fanno più o meno 800 euro per ogni rosetano nell'età della ragione.

Il calcolo si approssima facile grazie alla delibera n.426/19. Una delibera dovuta, che si deve necessariamente adottare. Ogni anno il Comune deve infatti dichiarare quali sono le somme che nessun creditore potrà mai sequestrare qualsiasi sia la somma che avanza dall'Ente. Perché quei soldi, servono, giustappunto, alla sopravvivenza stessa del Comune. Ebbene, con semplice proiezione artimetica riferita all'anno, si hanno 19,906 milioni.

Di conseguenza ogni mattina noi ci alziamo ed a nostra insaputa, è come se sul comodino ci toccasse un conticino da pagare di qualche eurino per il costo municipale. Diciamo una 70 di euro al mese, naturalmente senza accorgercene, formano una media statistica di quanto ci costa il Comune. E' come se una famiglia di tre persone spendesse 200 euro mensili, cioè circa 2.500 euro l'anno, per la cosiddetta burocrazia municipale. L'equivalente in servizi merita tale impegno? La manutenzione delle strade, dei lampioni, dei giardini, corrisponde? La risposta ognun può darla.

venerdì 13 dicembre 2019

Tra il dire e il fare c'è... la frana Belsito


ROSETO. Allora, il Comune ha avuto i soldi per sistemare la frana di contrada “Belsito”? Si, ma anche no, direbbe il Crozza-Veltroni d'antan. Vediamo, cominciando dalla delibera n.424/019 varata dalla Giunta comunale. Svela, l'atto ufficiale, che la questione è in ballo dal 2014, cioè un lustro or sono. Quando la Regione avviò un censimento delle frane. E chiese al Comune di mandargli una scheda tecnica. Cosa che il Comune inviò giusto cinque anni fa.

La Regione, a quel punto, girò la palla al Governo, chiedendo una cifra di circa 345 mila euro. Quasi subito il Comune compilò quindi un progetto preliminare per quell'importo. Senonché la Regione stessa, a stretto giro, disse che i fondi erano addirittura maggiori. Si poteva progettare anche per 370 mila euro. Il Comune, ovvio, adeguò nel giro di pochissimo tempo, l'importo del progetto stesso.

A questo punto c'è un salto di circa quattro anni. Durante i quali non c'è scritto cosa è successo. Fino a che, ad aprile scorso, la Regione chiede una integrazione documentale. Il Comune si adegua alla richiesta e l'importo del progetto sale ad 1 milone di euro tondo tondo, cioè triplica quasi rispetto alla previsione precedente. Di questo milioncino, ben 122 mila euro circa sono per la progettazione.

Quindi quello che è successo adesso – e che ha dato titolo a dichiarazoni di varia contentatura – è semplicemente la “presa d'atto” di una convenzione per la progettazione. La delibera in questione, cioè, non autorizza in alcun modo a parlare di risoluzione della frana in zona “Belsito”, ma soltanto che si dovrà elaborare il progetto dal quale, non si sa quando, origineranno i lavori.

Ora, se ci sono voluti cinque anni per arrivare a stabilire che il 12 per cento circa dei soldi che occorrono per riparare la frana servono per fare il progetto, quanto tempo ci vorrà per eseguire in realtà l'intervento? Ecco, la domanda di cronaca pare piuttosto questa, più che decantare il “successo” amministrativo ottenuto. Si spera, vale a dire, che il versante franoso venga arginato prima che il mondo si estingua per le cause che la gentilissima lady Greta ci rammenta con efficace martellante mediatica risolutezza.

domenica 8 dicembre 2019

Autostrada, va di scena l'assurdo


ROSETO. Immaginate cosa sarebbe successo se, nell'Italia di qualche decennio fa, avesse chiuso un'autostrada. Anzi, non immaginatelo nemmeno, perché sarebbe stato impossibile. Per puro ozio domenicale, tuttavia, provate a proiettarvi nell'epoca, che sò, di un ministro come Remo Gaspari, e qualcuno avesse chiuso mezzo casello, ridotto l'autostrada ad una corsia a singhiozzo, eccetera eccetera.

Per prima cosa, la politica di allora avrebbe parlato poco o niente. Per seconda avrebbe preso il testo delle leggi e, se fosse stata una legge alla base della chiusura, l'avrebbe cambiata per decreto in una notte. Se un decreto non si poteva fare, sarebbe immediatamente arrivata una deroga alla norma in attesa di una soluzione. Se poi l'autostrade fosse stata data in concessione, all'impronta si sarebbe obbligato il concessionario ai lavori necessari. Nel caso questi avesse nicchiato, lo Stato si sarebbe in un attimo sostituito, eseguito i lavori e poi, se del caso, dato mandato alla rivalsa economica.

Ecco, avete appunto immaginato. Perché l'Italia di oggi, invece, assiste passiva. La politica non si muove. Se si muove al massimo fa comunicati stampa o post social. Non hanno nessuna autorevolezza e nemmeno mezza voglia di conquistarsela. E quindi, per chi ci capita in mezzo alle loro autostrade, resta solo da imprecare (per usare un eufemismo, naturalmente).

martedì 3 dicembre 2019

La corsia ciclabile di Voltarrosto e la strana idea di città smart dell'architetto Di Sante

ROSETO. Se la domanda fosse: chi guadagna e chi perde voti dalla corsia ciclabile Voltarrosto-Roseto, la risposta sarebbe: nessuno. Anche perché la questione è abbastanza trasversale, con una parte della sinistra contro (Rosaria Ciancaione) ed una parte a favore (Pd e “Renziani”) e parte della destra che ha cavalcato la protesta (Enio Pavone) seppur con un attimo di ritardo. Quindi, penso che alla fine il gioco sia a somma zero. Altre sono le cose che contano per il voto locale, cioè amicizie e parentele da un lato e traino del clima nazionale dall'altro.

Piuttosto giova tornare sull'argomento per un fatto successo ieri sera in consiglio comunale. Dove, soprattutto l'architetto “Peppe” Di Sante, consigliere e presidente locale del Pd ha, in sostanza, tacciato di passatismo chi si oppone alla corsia ciclabile. Accusa tra le righe ripresa anche da Marco Angelini (molto moderato tuttavia nel suo intervento) ed anche (seppur in modo ancora più moderato e molto dialogante) dal sindaco Sabatino di Girolamo.

Sostiene dunque il buon “Peppe” Di Sante (penso sinceramente, credendoci in totale buona fede politica) che chi si oppone a questa corsia sia contro il progresso; non veda i cambiamenti del mondo; non capisca che il futuro non è dell'auto, ma delle bici (magari elettriche); che le città del domani saranno smart, leggere, vivibili e Roseto è ora che si adegui.

Bene. Anzi, benissimo. Sono d'accordo caro architetto. Ma non è che diventi smart se spruzzi striscie ciclabili dove capita come se, parafrasando il calcio, giocassi a “palla fa tu”. No, non sei smart se mi fai scendere una bici come un fulmine lungo una discesa ad un palmo di naso da un anziano che sale a piedi. Non diventi smart se, dopo decenni che hai fatto costruire a palla d'uovo, occupando tutto il terreno senza lasciare nemmeno lo spazio per mettere non dico una macchina, ma neanche un cassonetto; se dopo che hai dato da sempre mano libera alle palazzine insomma ora ti svegli e dici: togli la macchina dalle strade e lascia spazio alle bici smart perché il mondo è cambiato. E no, caro architetto: mi devi dire dove la metto la macchina prima che mi costringeranno buttarla per andare in bici elettrica.

Perché vedi, caro architetto-consigliere, essere smart non è segnare per terra con la vernice blu una striscia ciclabile. Quello vuol dire piuttosto essere contro chi va a piedi, non contro le macchine, che tra l'altro forzi dentro un budello di via che sbocca sulla nazionale senza semaforo e sai che casino si crea.

Essere smart vuol dire, ad esempio, vietare il consumo di suolo. Ed invece qui ci si appresta ad un nuovo piano che non si capisce cosa farà. Essere smart vuol dire bloccare nuove lottizzazione, ed invece la commissione consiliare che tu, caro architetto, presiedi si sta occupando proprio di lottizzazioni. Essere smart vuol dire ristrutturare i beni culturali invece di venderli (Villa Clementi) o farli deperire dentro impalcature perenni (Villa Comunale). Essere smart vuol dire completare il progetto dello stadio Patrizi abbattendo finalmente il muro e proseguendo, lì si, la pista ciclabile fino a piazza Ungheria. E potrei continuare.

Ecco, caro architetto, io sarei d'accordo con te se fosse davvero una politica smart la tua e quella che sostieni. Non che si accontentasse di un semplice segno visivo con vernice colorata. Abbiamolo davvero il coraggio, ma mettendoci di traverso di fronte agli interessi del mattone, non condannando poveri cristi a spiaccicarsi faccia al muro per non essere “acciaccati” da centauri in bici. E qui lo ammetto, è un po' più difficile. Meglio dedicarsi ad un ambientalismo a parole. Assai meglio, né convengo.

Corsia ciclabile: il Comune tira dritto



ROSETO. Una pezza peggiore del buco. È questo il rischio che corre la modifica che il Comune vorrebbe apportare al progetto della corsia ciclabile che si arrampica lungo la salita di viale Europa. Messa di fronte alle stringenti contestazioni del comitato popolare “Tutti in via Piave”, presieduto dalla signora Berardina Prosperi, la politica del Sindaco, Sabatino Di Girolamo, ha tentato di proporre qualche aggiustamento. Ma, come si è visto questa sera in una sala consiliare strapiena di gente, non è riuscito a convincere.

Il caso pista ciclabile Roseto-Voltarrosto è infatti approdato in consiglio comunale. Anzi, vi è stato portato dalla consigliera Rosaria Ciancaione, che si è fatta portavoce del malcontento popolare. Ed è venuto fuori l'incredibile. Che cosa vuole fare, infatti, il Comune? Detto in breve, questo. Invece di far passare le corsie ciclabili una a destra ed una sinistra della strada, come aveva progettato in un primo tempo, sarebbe disposto a riunirle entrambe da un solo lato: sotto il muraglione che regge il terrapieno a monte di viale Europa.

Ora, che può succedere? Semplice. Se tu vai in salita, non ce la puoi fare a pedalare. Allora è facile che scendi e spingi la bici a mano. Nel frattempo, però, a qualche centimetro dal tuo naso, in senso contrario, ti può sfrecciare uno che corre a rotta di collo a causa della pendenza della discesa. Immaginate la scena: un anziano, una mamma con il bambino nel seggiolino della bici, una persona anche giovane, ma con qualche problema di salute: immaginateli andare a piedi o con la bici a mano per la salita. Prendete ora la bici che scende su una corsia larga un passo circa e prende tutta l'energia cinetica della discesa. Dico, ma ci rendiamo conto?

Per non dire di tutto quello che può succedere a valle. Davanti l'ufficio postale, ad esempio. Dove ci sono posti auto per disabili che certo non si potranno cancellare. Dove ci sono le scuole. Pensate che ingorgo di traffico veicolare, pedonale e ciclabile che può accadere. Eppure tutto questo non smuove la politica dal lato della maggioranza. Diventa una questione di forza (politica). Una sfida a chi la vince. Un “si fa” punto e basta.

Mai come questa sera si è vista la distanza tra la gente ed il Palazzo. Tutte proposte di buon senso, ragionevoli, concrete da parte dei cittadini. Tanta testardaggine dal Palazzo. Il massimo che il Palazzo concede è: ok parliamo: tu dici la tua, io dico la mia e si fa come dico IO!

P.s.: questo post fa riferimento a quanto ascoltato fino alle 20.30. Mentre scrivo, infatti, il consiglio è ancora in corso.

domenica 1 dicembre 2019

Una sera d'inverno a Pineto ti ricorda quando Roseto faceva cultura


ROSETO. Una intervista del 2002. Registrata all'interno di quella che allora era la Villa Comunale di Roseto. Dico “allora”, perché oggi quella Villa è ridotta solo ad impalcature perenni. Rudere canterizio la Villa ormai. Così come è solo un ricordo una certa idea di Cultura a Roseto.

L'intervista in questione ha per protagonista Tonino Valeri. L'autrice è Anna Fusaro, critica cinematografica e giornalista de “Il Centro”. Il luogo dove è stata proiettata questa sera è la sala teatrale del palazzo polifunzionale del Comune di Pineto. Nell'ambito della rassegna cinematografica curata dalla biblioteca civica pinetese. Di fatti la serata è stata presentata da Nunzio D'Ignazio, che lavora al comune di Pineto occupandosi proprio di biblioteca e cultura. Ospite/relatore: Mario Giunco, che a Roseto, per decenni, ha rappresentato “La Cultura” by-Comune.

Tonino Valeri, scomparso tre anni fa, è stato uno dei migliori registi della stagione d'oro del cinema italiano. Ha diretto attori di fama internazionale. Ha collaborato con i più grandi protagonisti del mondo della celluloide. Era nato a Montorio. E con Roseto, anche grazie a Giunco, aveva un rapporto strettissimo. Una relazione che portò, a metà degli anni '90, alla nascita della rassegna “Roseto Opera Prima”. Una manifestazione eccezionale nel suo genere. Che oggi, se Valeri tornasse in vita, forse stenterebbe persino a riconoscere.

Una manifestazione che faceva tutt'uno con una Roseto che sapeva fare “Cultura”; che aveva i luoghi per farla. Luoghi che oggi non ha più. Luoghi già da anni trasformati (e forse ancora di prossima trasformazione) in palazzine. Altro che parlare di piano regolatore! Che se va bene interverrà a cose fatte. Ha detto Mario Giunco: quando una città non ha più nemmeno una sala teatrale è destinata a non riconoscersi più; è destinata a retrocedere al rango di paese senza identità. Un teatro – ha aggiunto – lo trovi anche in paesini piccoli; anche in pieno Mezzogiorno; ma non più a Roseto.

Lo trovi invece a Pineto. Con i ricordi su Valeri dei fratelli Nardi, “storici” commercanti di Pineto ed appassionati di musica e cultura. Lo trovi a Pineto, dove giovanissime collaboratrici della biblioteca, come Serena Piattella e Laura Alonso, hanno, a puro titolo onorifico, collaborato alla riuscita dell'iniziativa di questa sera elaborando anche la locandina. Ragazze del servizio civile. Che meriterebbero riconoscimenti, anche economici, ben oltre che i pochi spiccioli che gli spettano per il servizio civile. Ragazze laureate; una addirittura in storia antica.

Ed ecco allora la rabbia che torna in me; anche in un abulico me; anche in un disincantato “vecchio” dentro come il me d'oggi. Perché c'era l'Italia di Tonino Valeri, che permetteva ad un valente ragazzo di Montorio di emergere a Roma ed ora quell'Italia non c'è più. Perché c'era una Roseto che sapeva fare cultura e, in sostanza è finita, anche per colpa assoluta della politica locale degli ultimi anni. Perché ci sono ragazze bravissime che meriterebbero tanto di più di quello che questa stupida Italia sa dargli.

Ecco: Valeri, Giunco, Roseto, una serata mitissima d'inizio dicembre; una Pineto che ancora fa qualcosa. Ed io che vado a mangiare una pizza davanti ad uno splendido mare che mi rasserena un pò.

La parità di genere è fatto sociale

CHIETI. Un'interessante prospettiva sugli studi di genere è stata offerta dal filoso Lorenzo Gasbarrini durante un incontro promosso dal...