GIULIANOVA. Vado con
riluttanza. Perché fa freddo. E non so che fare. Così mi vien
voglia di visitare la mostra su Leonardo a Giulianova. “Sarà una
delle tante”, rimugino. Una delle tante bandierine piene di copie e
riproduzioni leonardesche che questa Italia con la testa girata
all'indietro vuole mettere sul proprio taccuino a beneficio di un
protagonismo politico locale
Ma ecco quel che
non mi aspetto. Scendo le scale del loggiato sotto il Belvedere e
trovo una giovane donna, Patricia Piccioni, di Giulianova: una delle
addette alla mostra. Una di quelle ragazze che l'Italia di oggi non
merita. E – ne sono certo anche se non lo so – non remunera per
quello che valgono. Una ragazza appassionata e competente. Mi spiega
la mostra. Ed io cambio idea.
Perché sì, le
riproduzioni ci sono: non potrebbe esser diverso. Ma il parallelo con
la storia di Giulianova (e non solo) c'è tutto. Giulianova paese –
come diciamo oggi – nasce infatti in quel '400-'500. Quando un
esponente della dinastia Acquaviva, Giuliantonio appunto, decide di
ricostruire sul colle il “Castrum novum” romano distrutto alla
foce del Tordino. Nasce con quell'idea urbanistica della “città
ideale”che proprio Leonardo propugnava altrove. Idee all'epoca
innovative, che anche un famoso pittore, il Pagliaccetti (“non
sempre appieno rivalutato”, mi dice Patricia), riprodusse in tela
ancora nell'ottocento.
Tutto questo la
mostra racconta. Insieme alle stampe ed alla collezione del polo
museale giuliese. E cerca di raccontarlo soprattutto alle scolaresche
che la visitano. “Perché questa storia Giuliese merita”, dice
sempre Patricia, “anche per capire il presente; per comprendere
quello che è giusto o no; per valutare la nostra società”. E qui
la mia testa comincia a viaggiare: deriva all'oggi: alle nostre cose
che non vanno.
Non è stata
Patricia a dirmi le cose che non vanno. Lei è stata solo
professionale ed asettica.
Ma tanto è bastato
perché tu – tu ultracinquantenne annoiato una mattina ventosa tra
Natale e Capodanno – risvegliassi in te un “perché”. Pensassi
alle tante Patricie che – si, lo dico – reggono questo Paese
senza essere riconosciute. Le tante Patricie che ancora non se ne
vanno. E che ancora non si incazzano davvero. Ma fino a quando
reggeranno? Non lo so. Ecco, questo davvero lo ignoro.