ROSETO. Parliamoci chiaro:
un servizio così è da città medio-grande; da centro-nord del
Paese. A Roseto – e con una piccola associazione – lo fai solo se
25 anni fa circa hai gettato un seme. Se per un quarto di secolo hai
arato un campo. Se hai passione e competenza. Ed un certo modo di
pensare alla vita, ai problemi sociali ed anche alla politica, se
posso permettermi. Nasce da lì, da quel seme, da quel campo arato,
“Rosa per la Vita”, una associazione che vuole occuparsi
dell'assistenza domiciliare dei malati oncologici.
Ma attenzione: il
modo di lavorare scelto dalle socie (tutte al femminile) di “Rosa
per la Vita” è particolare. Loro operano in convenzione con la ASL
di Teramo. E vanno a coprire, seppur sperimentalmente per sei mesi,
una fase dell'assistenza che è fuori dagli usuali interventi della
ASL. O perché si tratta di malati che sono seguiti da altre
strutture o perché sono in uno stadio della malattia né troppo
precoce né troppo avanzato. Per questo hanno voluto un oncologo, tra
l'altro molto giovane, il dottor Davide Brocco ed una infermiera,
Paola Di Gialleonardo.
Ora, detto così
significa ancora poco. Per capire, fate mente locale ad una cosa.
Pensate a coloro che sono colpiti dalla malattia. Molti di noi ne
hanno o ne hanno avuto purtroppo esperienza. Chi scrive ne ha avuto
prova. Ebbene, si è fragili. La sofferenza rende esposti. La
sofferenza, per me, dovrebbe essere cancellata dalla faccia della
terra. La trovo criminogena. E se si è soli è peggio. Ecco allora
che una mano, un aiuto, un appoggio, qualcuno su cui contare può
tornare utile. Specie se è un aiuto qualificato; un aiuto medico; un
aiuto infermieristico; un aiuto sensibile sul piano umano. Qui c'è
il ruolo di “Rosa per la Vita”, al punto.
Lo affermo perché
ho la fortuna di conoscere personalmente alcune delle protagoniste di
questa associazione (sono tutte nella foto). Protagoniste al
femminile dicevo, perché anche questa storia rosetana è donna. Di
loro, di qualcuna di loro in particolare, mi sento tra l'altro molto
amico. So come la pensa su questi argomenti. Conosco la sua filosofia
operativa. E di lei – di loro - mi fido. È la mia opionione,
naturalmente.
Perché qui la
fiducia gioca un ruolo importante. L'associazione, infatti, parte da
una donazione, da un lascito, come si dice. E raccoglie fondi
assolutamente volontari in città. Fondi che poi vengono “girati”
alla ASL per remunerare l'equipe medica. L'obiettivo, infatti, è non
fermarsi a sei mesi, ma rendere stabile il servizio e magari
espanderlo al territorio. Perché questa, come ha detto il dottor
Giandomenico Pinto, dirigente del distretto sanitario rosetano, è
davvero “medicina del territorio”. Ed è anche “medicina
integrativa”, che non collide, come detto, con il servizio pubblico ma lo
espande a settori da esso non raggiunti.
Ecco allora i nomi
di “Rosa per la vita” presenti questa mattina in conferenza
stampa: Raffaella Marini (presidente), Raffaella D'Elpidio, Maria
Cristina Marini, Emma Furia e Teresa Ginoble (presidente consiglio
comunale di Roseto). E qui so di attirarmi delle antipatie politiche,
ma non me ne importa un accidente: Teresa Ginoble è una che ha saputo
tradurre il sociale nella politica di un ente locale. Ed ha saputo
coinvolgere. Nel bene e nel male, naturalmente: questo sta alle
opinioni. Dietro alcuni di questi nomi, chi è di Roseto, legge una
storia. Ed una storia che parla del carattere di una comunità, o
almeno di una parte non lieve di essa.
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