Naturalmente c'è da rallegrarsene. Ma questo rafforza il senso di ingiustizia del nostro sistema. Accanto ai dipendenti pubblici, infatti, lavorano sempre più persone assunte a tempo parziale, con contratti precari spesso interrotti per pochi mesi e poi ripetuti. Sempre più i nostri servizi pubblici sono mandati avanti da dipendenti di cooperative e aziende più o meno private. La loro retribuzione è quasi sempre nettamente più bassa e la loro fatica è altrettanto di sovente più dura. Le loro garanzie effettive sono imparagonabili. Basti dire che ai lavoratori precari viene di fatto negata l'anzianità di servizio, proprio attraverso l'interruzione contrattuale, con una perdita enorme del loro salario.
Un sistema sempre più iniquo, contrario ad ogni forma di rispetto reale per la dignità del lavoro, utile soltanto a far lievitare il “Pil” delle aziende private ed a far gioire i contabili della spesa pubblica, che possono così vantarsi dei risparmi non essendo questi lavoratori privati a carico del bilancio pubblico. Di fatto, cioè, chi guadagna di meno finanzia i redditi più alti e non viceversa.
Ora, benissimo gli aumenti per i pubblici dipendenti, ci mancherebbe. Ma quando cominciamo a pensare anche ai lavoratori (anzi, spessissimo lavoratrici) dei servizi privatizzati? Se incrociassero le braccia loro si fermerebbe il Paese. Ma purtoppo non possono farlo. E su questo sfruttamento di fatto del lavoro campa lo stesso Paese. E ciò con qualsiasi governo: giallo, verde, nero, rosso e qualsivoglia tinta dell'arcobaleno. È questa la politica di oggi. Questa è la nostra Politica.
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