Ecco, mi è tornato in mente qualche mattina or sono. Vedendo una giovane mamma indaffarata. Con l'urgenza di “depositare” il bambino a scuola. La necessità di andare presto al lavoro. La difficoltà – presumo – di doversi occupare anche delle faccende domestiche e del personaggio maschile che ho visto al suo fianco con l'aria di esserne il marito o il compagno. Il quale beatamente l'aspettava in macchina, nemmeno al posto di guida visto che guidava lei, concentrato sul telefonino.
Ho avuto l'impressione che quella giovane donna cercasse un “punto d'appoggio”; magari affidabile; tranquillo. Qualcosa che gli facesse risparmiare tempo e risolvesse qualche problema, anche economico, visti i tempi.
Cercava, m'è parso d'interpretare, forse senza saperlo, magari senza volerlo, una sua stabilità. Quella che oggi manca nel lavoro, non è data dal benessere materiale, dalla vita insomma.
Ed allora, mancando tutto ciò, noi oggi ci diamo un rivestimento pietrificante a base sintetica. Un tonachino da parete finto pronto all'uso. Mediante il quale la nostra estetica regge. Ma avremo bisogno invece di un “riabitat” del nostro oggi. Dovremmo ristrutturare il nostro vissuto. Il primo risparmio energetico di cui abbiamo bisogno non è quello della luce o del gas: è quello di noi stessi.
Avremo bisogno di un viver soffice. Che sempre più c'è negato. Ed a volte ci neghiamo noi addirittura.
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