martedì 18 ottobre 2022

Ma fatemi il piacere, avrebbe detto Totò!

Arrivo in un arredatissimo locale della costiera (non parliamo di Roseto o Giulianova, ad ogni buon conto). Progetto di approfittare delle ultime prelibatezze dolciare prima della chiusura per letargo invernale. Al banco una ragazza gentilissima dai delicati lineamenti. Mi consiglia sui gusti. Sorride sincera a qualche mia battuta di assoluta (e voluta) ignoranza in materia culinaria: io inghiotto qualsiasi materiale dolce  si trovi in commercio.

Mentre mi prepara la delizia, curando che sia anche esteticamente impeccabile, ecco attraversare la soglia d'ingresso un tizio non giovane, camicia aperta sul petto villoso, vistosi tatuaggi sui bicipeti. Non saluta nessuno e con fare spocchioso gira il bancone e passa all'interno. Si rivolge alla ragazza dall'alto in basso, guardandola con occhi che a me paiono pieni di disprezzo, con tono di voce perentorio. Niente di particolarmente aggressivo o offensivo, nulla che non sia formalmente più che lecito insomma, ma il tono è sgradevole. Lei risponde timidamente. Ed a me pare che voglia quasi scusarsi di essere lì, di esistere, di incarnare una persona umana.

Dopo un po' torna a porgermi il prodotto e nota che l'atteggiamento indisponente del tizio ha attratto la mia attenzione. Così, appena quello si volta sussurra con tono appena percettibile: “Non si preoccupi, è il titolare...”

E' un attimo. In un lampo riesplode dentro di me tutta la mia istintiva avversione verso qualsiasi forma di “Potere” (tra virgolette), di autorità, di gerarchia, di comando, di chi si sente sopra e chi deve abbozzare per campare. Giuro che non avesse già preparato il delizioso cibo e non fosse stato scortese per lei, l'avrei lasciato sul tavolo. Comunque quell'atteggiamento borioso avrebbe mandato di traverso pure il miglior dolce del mondo.

Il pensiero corre a domande che non posso e non devo fare. Anche perché non avrebbero risposta. Così le formulo a me stesso ed in cuor mio so già la verità. Mi viene in mente: ma il minimo sindacale l'avrà in tasca la sera questa ragazza? Ma il suo orario di lavoro sarà rispettato? Ma la tutela reale, psicologica, della sua fatica, sarà salvaguardata? Magari lo sarà. Magari è solo un burbero d'aspetto. Magari è il suo stile... Ma a me dà fastidio già solo quella prosopopea, quella boria, quel modo di camminare con la schiena piegata all'indietro, quello far pesare che lui è il padrone, quel suo “apparire” insomma.

Ripenso alla seduta inaugurale del Senato qualche giorno fa: “La Repubblica rimuove gli ostacoli economici e sociali che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Lo dice l'articolo 3 della Costituzione. Ma quando mai, mi chiedo? Ma dove? Ma in quale luogo di fatica, di cura, di sofferenza fisica o psicologica?

Quale è la dignità reale oggi? Perché si dovrebbe credere nei governi, nell'azione politica, quanto questa azione è per sé stessa, quanto il governo, qualsiasi governo, non lavora per te, ma per il governo stesso? Quando enti, istituzioni, sindaci, parlamentari, eletti o non eletti in genere pretendono rispetto in quanto casta di varia eziologia, espressione di potere e basta foss'anche solo il potere dell'uomo sull'altro uomo?

Quale libertà ha uno che lavora senza libertà perché ha in cambio una paga che non basta per vivere? Non si ha libertà se non c'è autonomia economica, se non puoi mandare a qual paese chi merita di andarci senza pagare con il prezzo della tua sopravvivenza. Di quale... quale... quale... libertà andate vociando se non la libertà dei ricchi e dei potenti di fare quello che vogliono? 

Ma fatemi il piacere, avrebbe detto il grande Totò!

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