domenica 15 novembre 2020

In ricordo di Fabrizio Tragnone

Il 14 novembre di 11 anni fa, a 56 anni, se ne andava Fabrizio Tragnone. Un magistrato che, nella notte del 29 settembre 1992, fece arrestare l'allora Giunta regionale abruzzese. Una vicenda politica e giudiziaria controversa che segnò un pezzo della storia regionale.

Con Tragnone, da giovane, collaborai. Ne divenni consulente tecnico per alcuni scottanti dossier. Nottate memorabili passate a studiare le carte delle inchieste. Con nell'animo la voglia giovanile di cambiare in meglio la società (e la politica). Vista con gli occhi di oggi, quelle nottate mi appaiono irripetibili. Ma la storia va vista nel tempo in cui avviene. Poi il giudizio cambia. Forse non lo rifarei, o forse si: chi può dirlo?

Quella notte di 28 anni fa, si sentiva che la storia stesse per cambiare. Ed in realtà mutò, ma in peggio: solo che allora non si poteva prevedere. Tutto nacque su una graduatoria per l'assegnazione di alcuni fondi europei (si chiamavano “Pop”) che non c'era, ma che in realtà veniva in alcuni atti attestata come esistenti. C'era materia di un fumus giudiziario, come si dice.

Tragnone, allora sostituto procuratore della Repubblica a L'Aquila, lavorava giorno e notte. Nei momenti più caldi dell'inchiesta si fece montare una brandina in ufficio. Beveva quasi solo thé, fatto salire direttamente dal bar del Tribunale. Un uomo integerrimo e fondmentalmente solo. Odiato da molta politica e non troppo amato anche nel suo ambiente. Era, in sostanza, un indipendente, che però credeva nella funzione sociale della legge. Per questo mi piaceva collaborare con lui.

Ricordo come fosse adesso quella stanza austera. La sua pipa immancabile. La certosina capacità di lavoro. “Architetto, qui bisogna studiare il caso”, mi diceva. Era capace di teleforti la notte perché non gli era chiaro qualche passaggio tecnico che avevi descritto. Esaminava gli atti parola per parola. Diventammo – oggi lo posso dire – amici. Passare al "tu", con Tragnone, non era da tutti. Anche dopo la fine del mio incarico – per il quale lavorai praticamente gratis – gli inviavo il giornale che ebbi la malaugurata idea di registrare, “Controaliseo” appunto, a Lanusei (Sardegna) dove nel frattempo era diventato Procuratore capo e poi ad Ancona, ove approdò acome sostituto alla Procura generale.

Quando seppi della sua malattia repentina, rimasi di sasso. Quel pomeriggio del 15 novembre 2009, a Chieti, all'imbocco del corso Marrucino, non eravamo in molti a veder svanire nella foschia “don Fabrizio” e forse definitivamente la speranza di un futuro migliore. La dico, naturalmente, senza alcuna nostalgia. Ogni fase della vita ha il suo tempo. Ed il suo disincanto.

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