Nell'altra vita,
poco più di un anno fa, in una contrada chiamata Abruzzo, ci furono
delle elezioni regionali. Vinse un leader nazionale, tal Matteo
Salvini. Che non era qui candidato, ma aveva tanta di quella
popolarità, che la gente si faceva i selfie con lui e si lasciava
abbracciare (allora era considerato un gesto umano). Questo leader,
insieme ai suoi alleati, aveva accettato per l'Abruzzo un senatore
romano, tal Marsilio, che nessuno qui conosceva, ma che venne
acclamato sulla fiducia; sulla fiducia appunto dei leader nazionali.
Del resto, quelli
che avevano governato la Regione fino ad allora, Luciano D'Alfonso,
il Pd ed i suoi alleati, avevano gestito così male la cosa pubblica
da aver perso gran parte della fiducia della gente (tranne dei loro
fedelissimi, ovviamente). Il massimo della loro cattiva
amministrazione si era avuto in occasione di un altra emergenza,
quella del sisma e della neve del 2016-2017. Tanto che anche loro,
consci dell'impopolarità, chiamarono a rappresentarli per le
elezioni un uomo che veniva da incarichi nelle alte burocrazie
romane, tal Legnini.
L'alternativa ai
due era una donna dei Cinque Stelle, Sara Marcozzi. Chi scrive, non
per fiducia, ma per un ragionamento politico personale che sarebbe
lungo raccontare, la votò. Oggi, viste le performance nazionali di
quel movimento, sono contento che non ha vinto, oltre a ribadire la
mia convinzione personalissima che non bisogna mai votare. Come dire,
quando ti dissoci da quel che credi veramente, sbagli. Ed io
sbagliai, seppur con l'attenuante che se avessi votato gli altri due
avrei sbagliato due volte.
Bene, anzi male,
malissimo. Perché cosa è accaduto dopo? Lo vediamo in questi
giorni. Il potere di fatto passa non solo per gli eletti, ma
soprattutto per i fedelissimi degli eletti, che spesso nemmeno si
sono candidati. Questi fedelissimi, se sbagliano, non fa niente, in
quanto non rispondono all'elettorato, ma a chi li ha nominati. Sono
dei dipendenti della politica, non del popolo, detto in termini
giornalistici.
Allora può
accadere che ci siano ritardi enormi nell'assegnazione di minimi
aiuti ai lavoratori rimasti disoccupati (cassa-integrazione) senza
che si sappia di chi è la colpa. Che ci siano problemi nelle
strutture sanitarie enormi, che ci fanno avere gli stessi danni di
altre regioni senza averne i vantaggi. Che si abbia notizie di una
lotta di potere e di poltrone mai arretrata, nemmeno di fronte
all'emergenza. Insomma, un disastro.
Un disastro cui
nessuna delle opposizioni sembra una valida alternativa. Un disastro
di classe politica e dirigente insieme. Che certo non è dell'ultimo
anno: è cosa vecchia; ma che nell'ultimo anno si è semplicemente
perpetuata. Un disastro al cospetto del quale si reagisce esattamente
come a Roma: si elevano solo divieti e multe. Lo Stato, la Regione ed
anche i Comuni, non fanno niente per venirti veramente incontro;
niente per assisterti realmente: mandano solo droni e gendarmi,
spesso anche vessatori nei modi.
Questo è l'Abruzzo
oggi. Un pezzo dell'Italia dove non si sa come ricominciare. Dove un
lavoratore se non vorrà prendere i bus deve pagarsi la benzina della
macchina (pensate a famiglie monoreddito, ad esempio) e magari
comprarsi pure una mascherina a sue spese. Dove chi sta male non può
essere aiutato perché lasciato solo. Dove chi aveva una attività
(spesso unica fonte di reddito) sta in brache di tela. Insomma, lo
Stato, la Regione, i Sindaci si prendono talmente cura della tua
salute da toglierti anche il libero pensiero, ma senza darti
nient'altro. Se lo Stato mi chiude per salvarmi e per salvare gli
altri è giusto, ma allora lo Stato mi deve garantire la
sopravvivenza. Anche quella è tutela della salute.
Ed in questo
Abruzzo-Italia assistiamo anche ad un fiorire quotidiano di
comunicazione-politica, dove sembra che tutti abbiano ragione. I
video senza contraddittorio dei sindaci sono emblematici in tal
guisa. Non si capisce cosa ci stiano a fare i giornalisti, tra
l'altro, visto che quelli parlano da soli, ma questo è un altro
discorso come dire. Senza accennare a coloro i quali, magari
iper-garantiti per sconosciuti meriti, ti scagliano contro le frecce
inzuppate nell'acredine delle loro false ideologie. E già,
l'ideologia, la cosa più bella che ci sia, mi pare facesse
una canzone di qualche tempo fa.
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