Ma avete osservato
le commesse dei pochi negozi rimasti aperti? Delle panetterie, dei
piccoli supermercati, delle rivendite di beni di prima necessità? Non tutte, ma ce ne sono alcune di una dolcezza e di
una serenità infinita. Gli si legge in faccia la paura. Eppure,
dietro quel bavaglio, quel mettere e togliere i guanti, quel lavarsi
le mani di continuo, traspare una “umanità” che persiste.
Sono i pochi segni
di un mondo che non si ferma. E che dà speranza. La speranza
effettiva, forse, la darà la scienza, l'eventuale cura, la ricerca
sui farmaci. Ma la scienza è spesso burbera, supponente,
vanagloriosa. Quel tocco di umanità che propana invece in queste
ragazze che si proteggono come possono; che confidano nella forza
dell'età; cui magari fa anche piacere incontrare qualche anima viva,
scambiare una chiacchira, vedere altri “umani” pur senza
toccarli; ecco, questo la scienza non potrà mai darlo.
D'accordo, ho una
mentalità poco scientifica. “Tu chiamale se vuoi, emozioni...”,
diceva una canzone che non ricordo.
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