mercoledì 8 marzo 2023

Ma festeggiamo le donne o i sindaci?


I Comuni si danno un gran daffare per festeggiare l'8 Marzo. Organizzano iniziative, spettacoli, incontri. Così come le scuole ed altre organizzazioni pubbliche. Ed è un bene, ovvio. Ma in questo modo la Festa della Donna diventa un fatto istituzionale. E latamente politico-di-parte, in quanto è inevitabile che i sindaci (e le sindache), gli assessori (e le assessore) ne ricavino una discreta pubblicità.

Eppure sono proprio i Comuni, spesso, che potrebbero fare di più per le donne e non lo fanno. Prendiamo i servizi pubblici locali. Lo sanno i sindaci (e le sindache) quanta fatica compiono le donne (sono in gran parte loro ad occuparsene) dei servizi appaltati, esternalizzati, messi sul mercato? Lo sanno a che ora si alzano la mattina? A che ora rientrano? Che razza di orari spezzati devono sopportare? Quale è la loro paga oraria effettiva? Quanto tempo libero gli rimane?

Senza nulla togliere ai meriti per carità, ma in occasione del 8 Marzo non mi viene di pensare alle donne “Che ce l'hanno fatta”, che si sono affermate, che hanno ruoli importanti nella società. E per questo vengono premiate anche dalle amministrazioni locali in varie aree del Paese.

Ripeto: abbiamo persino avuto il Governo dei Migliori, nulla in contrario a premiare le... Migliori!

Del resto cosa se ne farebbe di un premio magari una commessa dei settori commerciali che la domenica vorrebbe starsene a casa perché solo la domenica sono a casa anche i figli o gli affetti più cari, ed invece deve lavorare in cambio di un piccolo stipendio?

Cosa farebbe con un premio l'operaia dei turni di notte nelle industrie manifatturiere? La contadina ad ore nei campi di pomodoro l'estate? La ragazza che non può lasciare la casa dei genitori perché non può permettersi il fitto e le bollette non avendo alle spalle una famiglia benestante? La giovane professionista costretta alla partita IVA per anni senza prospettive in quanto non erede di qualche posizione professionale già acquisita?

E poi, queste donne sarebbero decine di migliaia, come premiarle? Meglio, molto meglio allora una bella cerimonia con la dovuta presenza della politica locale di turno in onore di quelle che ce l'hanno fatta. Oltretutto sono talmente poche che le giurie premianti non faranno nemmeno fatica a selezionarle.

La verità è che una donna è davvero libera se ha un buono stipendio, un lavoro che la soddisfa piuttosto che “creparla” di fatica ed è libera di non occuparsi della casa e della famiglia se non vuole. Altrimenti l'8 Marzo, che poi è la ricorrenza di un evento tragico avvenuto oltre un secolo fa in una fabbrica americana – questo è storicamente l'8 Marzo – non ha molto senso. Se non considerare le donne alla stregua di un gruppo sociale svantaggiato o come un “genere” da uguagliare o tutelare sulla base di un ordine creato dall'altro sesso.

La libertà, purtroppo, non non te la puoi permettere le più volte. Ed i sindaci (e le sindache) non sono estranei/e a questa condizione d'impossibilità reale. E non si salvano certo con un mazzetto di mimose od uno spettacolo all'impronta.

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