Abbiamo intere schiere di lavoratori che guadagnano al mese quanto la paghetta che i genitori di un tempo davano ai ragazzi per comperarsi le caramelle. Ma noi pensiamo a “Zona 30”. Parliamo di “Patria”, di “Nazione”, ma abbiamo un regionalismo di fatto che divide tra cittadini di serie “A” e di serie “B” ad esempio circa i servizi sanitari. Non a caso per curarci siamo spesso obbligati alla “mobilità”, ovvero ad emigrare al nord.
Dichiariamo una spiccata sensibilità contro la violenza di genere, ma ai ragazzi lo dobbiamo dire a scuola di non maltrattare le ragazze oppure li dobbiamo condurre in fila indiana a vedere gli spettacoli teatrali contro la violenza di genere il 25 novembre, come se da soli non capissero che le persone, al di là del genere sessuale, si rispettano e basta.
Festeggiamo l'Albero il 21 novembre, ma facciamo la festa agli alberi tutti gli altri giorni dell'anno senza che nessuno ne paghi alcuna conseguenza politica.
Siamo fatti così: ci piace la scenografia, il teatrale: attori nati senza necessità di un copione. Senza che tutto ciò significhi nessuna conseguenza pratica nella vita quotidiana. In fondo, come sulla scena, è tutto una finzione. “Dove ogni dramma è un falso”, cantava il grande Dalla già una ventina d'anni or sono!
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