Siamo un Paese ossessionato dalla sicurezza. Dove, per troppa sicurezza, capita persino che collassino i cavi di una funivia.
Siamo un Paese nel quale, se passeggi in bici sul mare, niente di più facile che un elicottero prenda a volteggiarti in testa a pelo d'albero. Tanto per ricordarti che lo Stato c'è e ti controlla. Sempre.
Siamo
un Paese che il Grande Fratello gli fa un baffo. Abbiamo piazzato telecamere ovunque, che ti spiano da quando
esci dalla porta di casa fino a quando vai a dormire. Che riferiscono
ai sindaci se passi al semaforo, onde possono omaggiarti da eventuale
“conto” a casa, così come qualora superassi di 1 (diconsi uno)
all'ora i 30 da loro balsamati. Presto, si presume, metteranno pure i semafori alle rotatorie che hanno costruito con la scusa di toglierli, i semafori.
Siamo già schedati con le impronte digitali (carta identità elettronica) e, magari a breve, dal DNA. Si sa, ci considerano e ci consideriamo dei criminali inespressi.
Siamo un Paese di vecchi isterici e terrorizzati e di ragazzi o addormentati (i più) o indiavolati da stolta aggressività (qualcuno).
Siamo un Paese che dice di volersi riprendere. Ma da cosa si vorrebbe riprendere, di grazia?
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