mercoledì 2 dicembre 2020

Povero Abruzzo

Comunque vada a finire, questa faccenda delle zone rosse-arancione-gialle o vatteleappesca, è il festival delle contraddizioni politiche. Da sinistra, ancora a metà novembre, si invocavano (anche via social) chiusure-chiusure-chiusure. Ma appena la chiusura è arrivata da destra, per la verità inaspettatamente, sono partiti i distinguo, anche dentro la destra stessa. E, pian piano, si sono ribaltati i piani: chi plaude ai ministri Boccia e Speranza, che vogliono chiudere pure il Natale, qui critica il “rosso” del governatore Marsilio. Ed ancora viceversa a Roma, dove Salvini e la Meloni non paiono così convinti delle clausure nazionali, ma si guardano bene dal dire una parola del caos abruzzese dove governano i loro uomini.

La verità è che l'Abruzzo non conta niente. Lo sapevamo. Ne abbiamo avuto conferma. Il suo contributo al Pil italiano è trascurabile. Non importano a nessuno le conseguenze sociali della pandemia (qualche Comune ha persino attivato servizi di assistenza psicologica) né quelle economiche. Ci sono i buoni pasto, in casi estremi. Se noi restiamo chiusi o aperti a Natale non interessa un fico secco (a Natale ci sta) a chicchessia.

L'Abruzzo è oggi visto come una delle regioni più appestate d'Italia. Con una sanità davvero mal messa. Il che investe in pieno la responsabilità politica della Regione e non da ora.

Un fallimento politico e sanitario su tutta la linea, dunque. Che colpisce economicamente i ceti che più avevano sostenuto il governatore fedelissimo di Giorgia Meloni, ovvero proprio i settori popolari, del commercio e della piccola imprenditoria abruzzese e sanitariamente anzitutto gli anziani, falcidiati in modo indescrivibile dall'epidemia. D'altra parte l'opposizione di centro-sinistra non può cantare troppo vittoria. I mali della sanità regionale vengono in gran parte da lontano. Si può solo dire che Marsilio non vi ha posto alcun rimedio. E, si ha motivo di ritenere, che non vi saranno né le capacità né la volonta politica di cambiare le cose. 

Poveri abruzzesi. Anzi, poveri noi.

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