“Ci hanno
tagliato altre due corse del bus....”
“Qui c'erano una
decina di famiglie, dopo il sisma non sono tornate....”
“Le zone interne
si stanno spopolando, abbiamo perso 9 mila abitanti in cinque
anni...”
Basta fare un giro
per l'entroterra abruzzese, fermarsi a prendere un caffé, per
sentirsi raccontare i segni di un declino in atto. “Rimarremo
dimenticati anche nel dopo covid”, è la frase più ascoltata. Con
una preoccupazione in più per le scuole: “E' passato il messaggio
devastante che andare a scuola fa ammalare, contagia i ragazzi che,
tornando a casa, finiscono per stendere i nonni”.
D'altra parte c'è
chi vede il bicchiere mezzo pieno: “Se lavoriamo da casa ed andiamo
a scuola senza andarci, allora anche abitare in montagna può starci.
Se non dobbiamo scendere in città, forse qui ci guadagnamo”.
La politica del
governo sembra riuscita a far passare l'idea che pioveranno
un sacco di soldi da Roma e da Bruxelles. Una specie di
assistenzialismo di ritorno, da distribuire a pioggia come ai tempi
di “Mamma Dc”. Qualche dubbio, però, c'è: "Intanto dobbiamo pagare le tasse, poi ci promettono il credito d'imposta. Ma ai tempi non è che ti facevano lo sconto sulle tasse, allora ti davano i contributi a fondo perduto ed al massimo ti venivano a chiedere il voto alle elezioni. Adesso ti vengono solo a chiedere i voti..."!
Insomma, è come un
orologio sospeso sulle contrade abruzzesi. Nessuno saprebbe dire cosa
succederà in autunno. Si va avanti giorno per giorno. Comunque nella
politica c'è massima sfiducia, tranne per il fatto dei soldi, nei
quali si spera. Sarà forse proprio un'eventuale delusione su questo,
che potrebbe fare la differenza. Nel frattempo, chi non ha avuto
tagli nel reddito durante la quarantena ha portato qualche soldo in
banca non sapendo dove spenderli essendo tutto chiuso. Ma attenzione,
sono i più anziani che lasciano le monete sui conti correnti. Ed è
un segno di sfiducia. Di sfiducia assoluta nel futuro.
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