lunedì 30 novembre 2020

Il consiglio oscurato, anzi no


ROSETO. Eppoi eccolo il bello dell'era web. Si fanno i consigli comunali a porte chiuse per paura del contagio tanto c'è la diretta web. Senonché la connessione salta e la cosiddetta massima assise popolare, l'aula di rappresentanza del popolo, che fa? diventa oltre che a porte chiuse pure a schermo nero? Nonostante si spendano soldi, e tanti, per queste diavolerie tecnologiche?

No, tranquilli, niente di tutto ciò. C'è la diretta facebook che supplisce. Da un canale all'altro, intanto, passa una mezzoretta oltre l'ora accademica di ritardo. La pubblicità dei lavori è comunque assicurata. E con essa anche la seduta può ufficialmente aprirsi con le solite “comunicazioni” dei consiglieri su questo o quello.

E tra questo e quello, ci sono le luci nuove del pontile che però dovrebbe essere sbarrato per il cantiere di ripristino. C'è la fognatura di Montepagano che serviva, ma... C'è il tavolo turistico che dovrebbe occuparsi anche di e-commerce locale. Ci sono le buche, eccetera.

Ma la cosa più simpatica la dice, come al solito, il brillante consigliere Adriano De Luca: “Parlare di pali, in presenza di Petrini, si fa una certa difficoltà”, sostiene a proposito dell'illuminazione pubblica. Nasce però un batti e ribatti. La cifra è: abbiamo fatto (maggioranza) non avete fatto (opposizione). Ma il consigliere Alessandro Recchiuti (gruppo “Il Punto”) esce dallo schema e richiama la questione pista ciclabile a Cologna: “biscottoni” sostituiti per estetica o sicurezza? La cosa, giuridicamente, cambia e non poco.

Sotto sotto, però, le divisioni politiche nel centro-sinistra emergono tutte con l'intervento del consigliere “Nicolino” Di Marco. E qui si aprirebbe tutta la parentesi tra Luciano D'Alfonso, senatore Pd, e Roseto. Ma sarebbe troppo lunga e forse troppo per addetti ai lavori. Tornando al pontile, allora, richiederà ben 19 mesi di lavoro, ovvero quasi due anni. Tanto vale quindi illuminare il cantiere! 

Aiutooooo!

Ma lei è un giornalista?

Mercatino di “campagna” di un borgo di collina, a fine autunno di un giorno pandemico. Di giallo, solo la tenda del contadino. Di grigio, il cielo. Di nero, l'umore di una signora.

«Come va questa mattina?» domanda sedicente di cronaca. E che non lo vedi da te?! Qui venivano solo gli anziani, che ormai sono tappati in casa terrorizzati. I nostri mercati erano basati sul rapporto umano, che adesso non c'è più.

La sedicente cronaca, però, non molla: «Vabbé, ma in settimana si dovrebbe muovere qualcosa, forse torniamo “arancioni”»? Risposta: Si, ci credi tu? Facciamo come al nord: aprono i “cancelli”, la gente esce per shopping e quelli strillano: ah, lo vedete! siete usciti! adesso vi dobbiamo richiudere! Io non so per quanto tempo potremo sopportare tutto questo...

«Signora, mi sembra un po' giù, dài che se siamo tutti insieme ce la facciamo...», si aggrappa al luogo comune, non avendo altro il cronista. E lei: Si, io so solo una cosa, fossi indietro non avrei messo al mondo dei figli. In questo schifo di mondo, ma per che cosa... non possono andare nemmeno a scuola! Guardi non mi faccia parlare, mi dia intanto 2 euro e 10 per le arance.... E poi scusa sa, ma tu sei un giornalista?

«Perché, le sembra?».

Veramente no, non ce l'ha la faccia di un giornalista!

 

P.s.: ho dovuto tirar fuori il tesserino, non ci credeva.

domenica 29 novembre 2020

L'anziano con la coppoletta

immagine presa dal web
Cammina con le mani dietro la schiena. Il giubbettino invernale. La coppoletta sui mal pettinati capelli bianchi. Mascherina fin sotto gli occhi. Smarrito. Spaesato. Solo. Su marciapiedi deserti. Di città che non sono più sue. Che non sono di nessuno. Se non di cani, lupi e cinghiali.

È l'anziano. Specie considerata protetta dal governo. Perché fragile. Quindi da rinchiudere. Con la pena accessoria dell'isolamento, anche diurno, come s'addice ai criminali peggiori.

“Si, siamo specie protette” - osserva - “ma poi vai dal medico per il vaccino contro l'influenza e s'incazza perché la Asl non glielo manda. Vai alla Asl e ti avvisa con un cartello fuori la porta che devi andare al medico di base. Le bombole dell'ossigeno non si trovano. I posti letto non ci sono. I tamponi non ne parliamo, ci vogliono settimane! Insomma un casino! Siamo specie protette ma non ti curano. Solo a farci prigionieri in casa sono buoni”!

Questo virus antidemocratico, che sancirà tra l'altro il passaggio dell'egemonia nel mondo dall'orbita statunitense a quella cinese, con tutto quel che ne consegue in termini di privazioni delle libertà, comporta infatti situazioni strane. Dove tutti hanno ragione.

Ora, ha ragione il pro-console-politico romano, benedetto dalla maggioranza degli elettori abruzzesi. Ha ragione l'opposizione, che fino a ieri c'era ed ha chiuso pure l'inverosimile a livello ospedaliero. Ha ragione la Sci-En-Za che... ha sempre ragione per definizione. Hanno ragionissima gli hard-ecologist, che magari da giovani si sdraiavano per strada contro le piante OGM ed oggi benedirebbero pure le persone geneticamente modificate!

Hanno ragione tutti, insomma. Ma porfarbacco, per non dire la parola che ci vorrebbe, le bombole dell'ossigeno son pezzi di ferro! Non è la corazza di un missile! Non ci voleva la NASA per costruirle! I tamponi li fanno i privati a 60 euro, possibile che questa armata governativa-regionale-municipale o vattelappesca non ci sia riuscita? Possibile che solo alle bandierine giallo-rosso-fucsia, eccetera, siano capaci di arrivare?

Ecco, tanto è tutta colpa della gente. Sempre colpa della gente (e degli aperitivi, va dà se). E quindi all'anziano non resta che riavviarsi, mani dietro la schiena, coppoletta sugli occhi, giubettino con il bavero alzato, mascherina su bocca, occhi, orecchie ed anche... qualcosa che non si può scrivere! Senza nemmeno ricorrere al bastone, peraltro.

venerdì 27 novembre 2020

Il caffé da asporto

“Prego, vuole che glielo giri io?”; “Posso darle un dolcetto?”. Il caffé da asporto sta diventando un rito. Un'abitudine della vita da semi-reclusi. Alcune commesse dei bar di Roseto sono gentilissime. Non so come fanno. In qualcuna leggi negli occhi la preoccupazione. Per la salute, ma soprattutto per il futuro.

Secondo il “Sole24Ore”, in Abruzzo, durante il primo lockdown, sono state emesse 51 mila nuove carte di pagamento. Segno che la crescita degli acquisti on-line è vertiginosamente aumentata. Per “Save the Children”, sempre in abruzzo, due giovani su dieci non vanno a scuola, né frequentano corsi formativi, né lavorano. Sono i cosiddetti “NEET” (Not in employment, education, training). Il dato è in linea con quello nazionale del 22.2 per cento

Una condizione che la dice lunga sul funzionamento del mercato del lavoro e del sistema della formazione abruzzese. La pandemia non può che peggiorare tutto questo. Soprattutto per le donne, la cui condizione socio-economica è tornata indietro non si sa di quanti anni.

Circa la metà dei giovani tra i 25 ed i 34 anni, vive in casa con i genitori. È il triplo di Francia, Germania e Gran Bretagna, ove la percentuale è del 15-16 per cento. Non parliamo di Svezia e paesi del nord europa, che hanno percentuali di giovani che non riescono a lasciare la famiglia d'origine tra il 3 ed il 6 per cento.

Già prima della pandemia, i lavori per i ragazzi erano soprattutto precari e malpagati. Ora, dovranno accontentarsi di quel che trovano: o lavori per quattro denari o stai a casa, sarà quello che si sentiranno dire.

Quante donne erano piccole commercianti, bariste, titolari di imprese di ristorazione? Quante erano (sono) artiste, insegnanti di danza, estetiste, piccole artigiane? Ce la faranno? Dovranno mettersi tutte a consegnare pacchi di roba comprata on-line? Vivranno di sussidi? E ci saranno sempre i sussidi?

In quel caffé da asporto c'è un velo di tristezza compreso nel prezzo. In quel tovagliolo piegato in quattro e sbriciolato sul sedile della macchina, c'è lo smarrimento. In quel bicchierino di plastica bianca, ci sono impressi gli occhi che spuntano sopra una mascherina. Occhi che ti guardano. Forse ti interrogano. Magari si aspettano una risposta. Che tu non hai. Che tu, non sai.

giovedì 26 novembre 2020

Il mondo delle fiere e delle belve che verrà

dalla foto di Enzo Santarelli
ROSETO. E adesso vediamo se avete il coraggio di andare a fare la corsetta serale sul lungomare sfidando possibili incontri ravvicinati dell'ennesimo tipo con qualche cinghialetto hard-ecology-(s)correct. Vedete che i “segnali” cosmici esistono? Che dovete stare chiusi “a-la-casa”, altrimenti le sfere hard-ecologick spediscono dei potenti unicorno più convincenti di qualsiasi bloc-notes multalogico?

E questo nel giorno ove la scomparsa del Dieguito mundialito rattrista il popolo e sottrae la prima-serata alla pandemia, che poi è questo il vero miracolo del Dio Palla. Il toglier per un attimo il pensiero anche dal quel vaccino prossimo venturo per il quale voce dal sen sfuggita dalla Sci-En-Za insinua che, ahi visto mai? finisca per puro caso di protegger tutti oppure, gli Dei non vogliano, render immuni ma... contagiosi alcuni? Ed in tal guisa, che si fa? quelli immunizzati ma in ipotesi virali, li si mura vivi in qualche hotel?

Ecco, segnali dal mondo di belve e fiere che verrà; dell'uomo giocoso e lieve come una palla gonfia d'aria che purtroppo se ne va; della Sci-En-Za che diventa sempre più arrogante quanto più è impotente a difenderci da una peste-punto-zero abbattuta come un flagello mediovale su una società che voleva scivolare sulla neve ed invece è costretta a scrutare le bestie feroci all'ombra dello schermo d'un computer!

mercoledì 25 novembre 2020

Se avessi una figlia gli direi...

Se avessi una figlia gli direi: non ti fidare dei monumenti illuminati di colore il 25 di novembre. Quelle sono scenografie, che risolvono ai sindaci la prima pagina della giornata, ma non ti cambiano niente.

Se avessi una figlia gli direi che una donna è libera se ha l'indipendenza economica. Se ha un lavoro sicuro su cui contare. Se ha una casa sua ove riparare in caso di necessità. Se ha un carattere che gli fa mandare a quel paese chiunque in qualunque momento.

Se avessi una figlia gli direi: se non hai la tua indipendenza non solo morale, intellettuale, ma materiale, lascia perdere. Perché qualsiasi uomo può essere il più giusto ed il più sbagliato ad un tempo. Perché l'amore è bello se si ama incondizionatamente la libertà dell'altra/altro. In qualsiasi momento il rapporto non è paritario può essere un rischio. E cento volte meglio essere soli che essere infelici.

Se avessi una figlia questo gli direi, lasciati sempre una “uscita di sicurezza”. La libertà è infatti la possibilità di sbagliare, di cercare, di sperimentare e di dire NO a chiunque, in qualsiasi momento. E per poterlo fare senza rimanere come un coniglio bagnato in mezzo alla strada in una serata di pioggia occorre l'indipendenza.

venerdì 20 novembre 2020

Siamo degli sciamannati

E così ci siamo. Siamo ufficialmente in zona “rossa”. Così ha deciso il signor Speranza, ministro del governo. Così aveva già deciso il signor Marsilio, governatore della Regione. Tra l'altro guadagnandosi la ribalta nazionale della cronaca proprio per questo.

Ci siamo perché abbiamo uno degli indici di contagio peggiori d'Italia. E ciò, chissà come, malgrado vantiamo la sanità tra le più organizzate del Globo, come autoproclamano gli stessi protagonisti. Nonostante godiamo il privilegio della classe politica regionale tra le migliori del Paese, come si riconoscono loro stessi. Ancorché, meglio ancora, abbiamo sempre avuto la migliore leadership politica regionale, come anche quella del passato ci tiene a sottolineare spesso a proprio autocompiaciuto merito.

Ed allora c'è una sola ragione per cui abbiamo le corsie ospedaliere che scoppiano: è perché noi, noi abruzzesi, siamo degli sciamannati. Come dicono tutti, come la gente stessa dice di sé medesima, questo maledetto virus si diffonde “per colpa nostra”. Non è colpa di chi governa a Roma, perché lì ci sono i migliori del mondo. Non è responsabilità di chi amministra la Regione, perché sono i secondi o forse i primi migliori della sfera terracquea. Non è colpa della classe medica, perché sono naturalmente il non plus ultra della scienza sanitaria.

È colpa nostra. Siamo solo sciamannati che meritano di essere detenuti in casa. Forse per più tempo degli altri. Forse senza nemmeno lo sconto di pena dei quattro giorni di “carcerazione" sanitaria preventiva decisi autonomamente. Siamo degli sciamannati. Cospargiamoci il capo di cenere e chiudiamoci in cella (domestica). Facciamo come Fantozzi sulla poltrona sgonfiabile. E ringraziamo il cielo di avere governanti così magnanimi. Altrimenti chissà cosa ci poteva capitare!

La politica della zucca

Uno (dei commissari in Calabria) lo aveva nominato Conte quando era “giallo-verde”. L'altro l'aveva nominato Speranza (menzionato ministro), quando Conte era diventato giallo-rosso. Un altro ancora lo ha scelto Conte stesso nella sua attuale veste rosso-giallo. Nel frattempo si sta andando (fuori)Strada ed un Alto Esponente Istituzionale insulta pure la memoria di chi non c'è più.

Intanto, mentre la radio annuncia tali allegre notizie, una ragazza sul monopattino “governativo” sorpassa a destra in curva sul filo dei 40 orari. Senza dubbio: viviamo tempi... da abbrivio!

mercoledì 18 novembre 2020

La vacca è un animale libero


L'AQUILA. Veglia su una piazza desolata e vuota. Davanti ad un teatro che non c'è più. Dietro una scuola crepata dal sisma. Lo sguardo un pò icona un pò installazione di Gigi Proietti si proietta (Proietti – proietta, voluto) su quelli che sono stati i simboli della ex-civiltà dell'uomo: il teatro – la scuola – la piazza. Simboli distrutti e portati via dalla natura prima, poi definitivamente da un patogeno misterioso.

L'uomo ridotto a zompi, a fantasma di sé stesso, ad assassino inconsapevole dei suoi simili, non si vede su questa ex-piazza dell'ex-teatro dell'ex-scuola. Solo una vacca alle pendici della montagna può dirsi oggi un essere libero. E si nota, dal portamento fiero e prepotente.

Questa natura ridivenuta padrona; queste relique di quella che un tempo chiamavano pomposamente “cultura”; questo silenzio desertico in cui gli unici colori sono l'arancio che muta in rosso su un pezzo di cartina; queste decadenti vestigia sono l'esempio vivente di una società scientifica, che mette volontariamente la faccia sotto i piedi del sapere, ma non sa leggere più nemmeno la matematica. Una società in cui un Presidente può leggere i dati “rossi” ed un ministro vederli ancora “arancioni”, pur essendo i dati gli stessi, oggettivi (sic!) e pretendendo entrambi di aver ragione. Evidentemente i numeri dipendono dagli occhiali che si portano, non ultimi gli occhiali dell'ideologia che si indossa.

Gigi Proetti è l'esempio di un mondo che è stato scansonato e non sapeva d'esserlo. Che è stato un attimo felice e se lo è fatto scappare. Che ha vissuto un momento di "umanità" a sua insaputa. Di un mondo finito, estinto, cassato. Che può esistere soltanto in effige, rigorosamente guardata in remoto, da lontano, protetti da uno schermo, da un velo, da un bavaglio. Un mondo che ha finalmente capito che la migliore censura è quella della parola che si censura da sola. E qui è meglio fermarsi prima che la penna, pardon la tastiera, esca dai fogli; pardon ancora: dallo schermo del computer.

martedì 17 novembre 2020

Ma a ristori come siamo messi?

PESCARA. L'Abruzzo è l'unica regione italiana che si è chiusa da sola. Nemmeno De Luca ci è arrivato. Lo ha detto, ma poi ha aspettato che la Campania la chiudesse il governo, ed ha pure protestato perché l'aveva chiusa. Noi siamo i più bravi, grazie al nostro mister president Meloniano local-romano. Il governo ci aveva lasciato semi-chiusi e noi ci siamo chiusi del tutto. Ok, va benissimo. Principio di prudenza. Ottimo, massima tutela della salute.

Ma come funziona, però, sul piano dei cosiddetti “ristori”? Sentite cosa dice su “Abruzzoweb” Lorenzo Sospiri, presidente del consiglio regionale di stessa area politica del Governatore, a proposito dei commercianti costretti a chiudere: “Da domani si troveranno di nuovo a piedi, negozi chiusi e zero incassi, ma con le bollette, i fitti ed il personale da pagare....”. Ecco, il massimo rappresentante del “parlamentino” abruzzese, teme che i commercianti rimangano a bocca asciutta. Lo teme lui, non il primo che passa per la strada. Lo teme lui che ha appoggiato ed appoggia politicamente Marsilio.

Ed allora andiamo a vedere che dice Marsilio stesso. Dichiara a “Cityrumors” di aver “sollecitato il Governo ad estendere i ristori alle attività colpite dalle restrizioni delle ordinanze regionali”. Cioé, come sollecitato? Perché prima di chiudere non aveva avuto l'ok del governo ai ristori? Ha chiuso senza nemmeno ottenere questo minimo riscontro governativo?

Ma sentite ancora Marsilio. Dice che venerdì o sabato, cioè tra due giorni, il ministro Speranza gli ratificherà il “rosso” ed allora scatteranno i ristori. Quindi lui non poteva aspettare due giorni. Non poteva attendere le decisioni di Speranza. Lo ha anticipato, togliendogli il disturbo. E questo nonostante – è sempre il collega di schieramento Sospiri a dirlo – intere aree dell'Abruzzo “Hanno ancora un indice di contagio ben al di sotto del limite nazionale”.

C'è un indice tranquillizzante in molte aree, eppure si ha la certezza che Speranza dichiarerà il “rosso”. Non si capisce, stride come una lima, ma va bene. Tanta precipitazione per salvare la salute degli abruzzesi. Va benissimo. La certezza matematica è che Speranza avrebbe azionato il semaforo rosso. Va benissimo ancora. Ma saprebbe dire allora il governatore perché il suo presidente del Consiglio nutre tutti questi dubbi se tutto fila così liscio come dice lui?

Non si capisce, ma va bene. Si fa per dire, beninteso!

lunedì 16 novembre 2020

Salvini e Meloni tacciono sull'Abruzzo: il lookdown spiegato politicamente

Al di là delle questioni sanitarie, sulle quali queste righe non si esprimono per mancanza di dati e conoscenze, c'è una percezione diversa del lockdown visto da destra o da sinistra. E la spiegazione è molto semplice.

La sinistra – o quel che passa oggi sotto il suo nome – rappresenta per lo più elettori con un reddito garantito. Questi elettori non ricevono danni economici diretti dalla reclusione sanitaria. Perciò la sinistra in genere cresce il suo consenso durante i lockdown. La destra, invece, è votata soprattutto da operai, commercianti e lavoratori autonomi, cioè le categorie che risentono di più delle chiusure. Ecco perché la destra tende ad apparire più aperturista, mentre la sinistra ideologizza la cancellazione delle libertà personali per fini sanitari.

Se questo è vero in generale, in Abruzzo la situazione si capovolge. Mentre il Gran Capo Leghista twitta che “farebbe di tutto per evitare il lockdown”, il suo vicepresidente abruzzese fa di tutto per averlo un lockdown. Mentre la leader nazionale di Fratelli d'Italia va a “Quarta repubblica” (Rete4) a lamentarsi che l'Italia sta diventando tutta rossa, il suo fedelissimo presidente abruzzese, Marsilio, impone ai ceti che lo hanno votato in Regione un lockdown più duro di quello cui lo stesso ministro Speranza aveva pensato per l'abruzzo.

E di fronte a questa palese contraddizione politica, i leader Salvini e Meloni che fanno? Tacciono e acconsentono. E naturalmente anche i loro presunti oppositori regionali di centro-sinistra si limitano a non calcare troppo la mano, essendo loro stessi stra-sostenitori del “rosso”!

Del resto come potrebbero parlare, tanto i primi quanto i secondi? Hanno disastrato la sanità per anni, piegandola alle loro politiche partitocratiche. L'hanno usata come un'appendipanni della politica, intesa nel senso della distribuzione di poltrone e potere. Ed i seguaci dei Salvini e delle Meloni, cosa hanno cambiato negli ultimi mesi? Niente, hanno proseguito sulla medesima scia: uguale uguale, peggiorandola ove se ne presentasse l'occasione. Ed allora cosa c'è di meglio di far passare una cosa in tv e far l'esatto contrario sul territorio?

domenica 15 novembre 2020

Voglio un costume da barboncino

Lasciamo un momento da parte i lutti, i patimenti, le notizie sanitarie, sulle quali peraltro c'è ampia cronaca. E guardiamola dal punto di vista strettamente politico.

Dunque il leader nazionale della Lega, Matteo Salvini, dice che “non si possono chiudere dentro 60 milioni di italiani”; ma il suo vicepresidente abruzzese, Emanuele Imprudente, ritiene che sia possibilissimo schiaffar dentro casa 1 milione e 300 mila abruzzesi. C'è qualche contraddizione.

La leader maxima di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, attacca il ministro Speranza (di estrema sinistra) perché gli pare un po' troppo... arancione! Senonché il suo fedelissimo governatore abruzzese, il romano Marsilio, vuole il “rosso” perché lo speranzoso arancio gli pare troppo poco.

D'altra parte i “rossi”, ovvero la cosiddetta sinistra, invocano da sempre ad alta voce “bandiera rossa”, ovvero zone-rosse-rosse-rosse, ma nel momento in cui si vedono scavalcati dalla destra su un terreno che ritenevano loro esclusivo, sembrano virare un po' sul blu.

Ora, questa è la Politica che dovrebbe combattere la pandemia. E di sicuro questa è la Politica che ha mandato a farsi benedire la sanità, con tutto quel che di tragico ne deriva.

Ebbene, di fronte a questa politica non resta che travestirsi da barboncini. Anche perché, camminando a quattro zampe, è difficile allontanarsi molto da casa. E così si rispettano in automatico le... regole, anche senza droni!

In ricordo di Fabrizio Tragnone

Il 14 novembre di 11 anni fa, a 56 anni, se ne andava Fabrizio Tragnone. Un magistrato che, nella notte del 29 settembre 1992, fece arrestare l'allora Giunta regionale abruzzese. Una vicenda politica e giudiziaria controversa che segnò un pezzo della storia regionale.

Con Tragnone, da giovane, collaborai. Ne divenni consulente tecnico per alcuni scottanti dossier. Nottate memorabili passate a studiare le carte delle inchieste. Con nell'animo la voglia giovanile di cambiare in meglio la società (e la politica). Vista con gli occhi di oggi, quelle nottate mi appaiono irripetibili. Ma la storia va vista nel tempo in cui avviene. Poi il giudizio cambia. Forse non lo rifarei, o forse si: chi può dirlo?

Quella notte di 28 anni fa, si sentiva che la storia stesse per cambiare. Ed in realtà mutò, ma in peggio: solo che allora non si poteva prevedere. Tutto nacque su una graduatoria per l'assegnazione di alcuni fondi europei (si chiamavano “Pop”) che non c'era, ma che in realtà veniva in alcuni atti attestata come esistenti. C'era materia di un fumus giudiziario, come si dice.

Tragnone, allora sostituto procuratore della Repubblica a L'Aquila, lavorava giorno e notte. Nei momenti più caldi dell'inchiesta si fece montare una brandina in ufficio. Beveva quasi solo thé, fatto salire direttamente dal bar del Tribunale. Un uomo integerrimo e fondmentalmente solo. Odiato da molta politica e non troppo amato anche nel suo ambiente. Era, in sostanza, un indipendente, che però credeva nella funzione sociale della legge. Per questo mi piaceva collaborare con lui.

Ricordo come fosse adesso quella stanza austera. La sua pipa immancabile. La certosina capacità di lavoro. “Architetto, qui bisogna studiare il caso”, mi diceva. Era capace di teleforti la notte perché non gli era chiaro qualche passaggio tecnico che avevi descritto. Esaminava gli atti parola per parola. Diventammo – oggi lo posso dire – amici. Passare al "tu", con Tragnone, non era da tutti. Anche dopo la fine del mio incarico – per il quale lavorai praticamente gratis – gli inviavo il giornale che ebbi la malaugurata idea di registrare, “Controaliseo” appunto, a Lanusei (Sardegna) dove nel frattempo era diventato Procuratore capo e poi ad Ancona, ove approdò acome sostituto alla Procura generale.

Quando seppi della sua malattia repentina, rimasi di sasso. Quel pomeriggio del 15 novembre 2009, a Chieti, all'imbocco del corso Marrucino, non eravamo in molti a veder svanire nella foschia “don Fabrizio” e forse definitivamente la speranza di un futuro migliore. La dico, naturalmente, senza alcuna nostalgia. Ogni fase della vita ha il suo tempo. Ed il suo disincanto.

venerdì 13 novembre 2020

Oggi è la giornata della gentilezza. Allora posso mandare a quel paese chi dico io?


Esatto un mese fa passava il Giro d'Italia (foto). Oggi una macchina con dentro un'intera famiglia si è fermata, ha abbassato il finestrino e con tutte le distanze e le cautele del caso, mi ha chiesto indicazioni per “Dove si fanno i tamponi”. Occhi terrorizzati. Tanto pudore.

Si dice: “dipende tutto da noi”, ma purtroppo la vita è una roulette russa. Siamo pedine inconsapevoli di una natura matrigna e feroce. Valiamo meno della biglia di un flipper. L'idea è che tu ti debba preoccupare per la comunità, mentre la comunità può fregarsene di te. Una persona mi ha detto: prendevo 800 euro al mese, con la cassa integrazione, se me la danno, saranno meno di 600 euro. Per fortuna i miei hanno ancora la pensione...

Questa estate, se prendevi un caffé all'aperto, al mare e abbassavi la mascherina solo per bere, ti guardavano come un marziano. Ora, quelli che sghignazzavano, ti guardano come un marziano se vai a prendere, in solitaria, un caffé da asporto.

Pare che oggi sia la giornata della gentilezza. Se fosse la giornata della retorica, del paternalismo, dei sindaci-governatori-governanti declamanti ex-cathedra, pure pure avrebbe un senso. Ma la gentilezza.... ma per cortesia!

mercoledì 11 novembre 2020

Zone interne de-vitalizzate

In principio fu il sisma. Poi venne la grande nevicata. Infine arrivò il virus. Si dice che quando saremo tutti connessi; quando vivremo solo dietro uno schermo; quando saremo diventati quasi dei robot che non dialogano “in presenza”, non escono, non incontrano nessuno, non vanno più a cinema, allo stadio o in piazza; quando questo mondo ideale e meraviglioso, così splendidamente asociale, sarà realtà insomma, le zone interne, marginali, desolate, risorgeranno come Alice nel paese delle meraviglie.

Eppure in attesa di tale palingenesi, le aree interne dell'Abruzzo, per ora, stentano a veder le stelle. Tanto è vero che una banca, la ex-Tercas, ha annunciato che va via con una trentina di filiali. D'accordo, nel mondo asociale non si faranno più le operazioni allo sportello, ma ancora una volta ciò penalizzerà gli anziani, che guarda caso sono gli abitanti maggioritari dei piccoli paesi. Ed ancora una volta, questo mondo connesso, penalizzerà le donne che lavorano fuori casa, che guarda sempre il caso sono la maggior parte delle impiegate dei servizi.

Allora, se i servizi se ne vanno; se soprattutto le donne che vi lavorano perdono l'occupazione; se il turismo sarà impossibilitato dal divieto di uscire di casa; se le piccole attività commerciali sono costrette a chiudere; come cavolo faranno questi piccoli borghi a risorgere? Solo con qualche ex-metropolitano ricco che, in ipotesi, vi si trasferisce per tele-lavorare da una villa con giardino?

Vedremo, dunque, se ciò sia un'altra fola tipo i parchi o lo sviluppo-sostenibile. E soprattutto se ciò sarà possibile avendo una politica che, da una parte rinfaccia all'altra di non aver fatto quello che l'altra rimpalla alla prima e così via dicendo.

venerdì 6 novembre 2020

E' il peso politico che ci manca

ROSETO. Nel corso dell'ultimo consiglio comunale, è saltata fuori, tra le righe, una questione piuttosto importante, anche se poi la si è lasciata cadere solo come un intercalare del dibattito.

In breve, il punto è così riassumibile. Avremmo bisogno di un distretto sanitario di base, ma da anni non riusciamo a realizzarlo. Avremmo necessità di recuperare un ruolo nell'ente sovracomunale dei servizi sociali, ma non riusciamo a farlo. Avremmo urgenza di contare qualcosa nelle scelte che portano ad esempio alla chiusura di una filiale della ex-Tercas e non ce la facciamo.

Il problema è che per tutto questo ci vuole un “peso” politico che la città non ha. Non abbiamo più nessuno che conta a Roma ed alcuno in Regione. C'è un vuoto politico, che è difficile da colmare solo a livello comunale.

Un argomento decisivo, che investe in pieno la scarsa capacità di Lega e Cinque Stelle, vincitori politici di quelle tornate elettorali, a “fare cose” – come si dice – per Roseto. Perché la sensazione è che non solo non facciano qualcosa in più di quanto è stato fatto in precedenza, ma se possibile qualcosa in meno, per non dire nulla, nella sostanza politica.

mercoledì 4 novembre 2020

Ma sull'appalto dei rifiuti, come la pensate?

ROSETO. Non se ne parla molto, ma presto bisognerà rinnovare l'appalto per la gestione dei rifiuti. Un servizio che interessa in pratica tutta la città e che impegna le finanze del Comune, quindi dei cittadini, per qualche milione di euro.

Questo servizio ha una particolarità: malgrado l'alto livello di raccolta differenziata, i costi non diminuiscono. La smentita evidente di tutte quelle tesi “ambientaliste” che raccontavano la differenziata come la panacea di tutti i mali. Non è vero. Qui non è accaduto.

Ed uno dei motivi per cui non è accaduto, sta nelle vicende del “Cirsu”, ovvero il consorzio pubblico di Grasciano di Notaresco che, di fatto, è miseramente fallito nelle intenzioni, pur apprezzabili, per le quali nacque.

Ciò nonostante sarebbe importante, nel predisporre il nuovo bando di gara, che il Comune valuti una riduzione dei costi. Solo così, infatti, potremo sperare in un piccolo risparmio sulla bolletta dei rifiuti. Ma su questo, purtroppo, non si sa nulla.

Oltretutto c'è un altro rischio alle viste. È probabile che si insinui nel dibattito un'altra fola di stampo ecologistico: quella dei “rifiuti zero” e della “economia circolare” dei rifiuti. È come quel tale al quale, per avere un minimo premio di consolazione, si proponevano sempre obiettivi nuovi, che ovviamente non poteva mai raggiungere e quindi continuava a pagare.

Si sta parlando, infatti, di importi per circa 5 milioni l'anno, al 60 per cento dovuti proprio al “porta a porta”. Ecco, su questo forse, qualche opinione di chi amministra il Comune o di chi vorrebbe amministrare, sarebbe bene conoscere.

martedì 3 novembre 2020

Peccato non avere più un auto diesel!

Mah dài! per una volta ammettiamolo: dove lo trovi quel fortunato governo che ti regala un bonus per farti... pedalare? Certo, per conquistarlo, devi avere.... fede! Trovare vale a dire l'applicazione o sito web che sia libero. Ma questo è argomento secondario, tanto il governo ha detto che devi star dentro, quindi tempo ne hai per cliccar di gusto!

Che poi, ammettiamolo, questo del click-bici è anche un diversivo simpatico. Vuoi mettere stare tutto il giorno davanti alla Tv a sentir parlare gli esperti della “peste”, che nemmeno sanguinosi attentati a Nizza prima a Vienna dopo riescono a spodestare dallo schermo? Per non dire di una rapina con presa d'ostaggi stamattina a Milano e qualche medico errante che, oltre la peste, prova a dire che ogni giorno in Italia muoiono anche 600 persone di attacchi di cuore e 500 di cancro senza far rumore perché non contagiosi. Metteteci poi che oggi si vota negli Stati Uniti, ma di questo ci sarà modo di riparlarne.

Ben vengano allora i click-bici. E guai a chi non capisce l'importanza della mobilità elettrica, quella da ultimo miglio, da 4-6 chilometri in centro-città. Forma ecologicamente-corretta del vivere conforme. Perché il nuovo conformismo instà nel vedere il mondo popolato di orsi, lupi e cinghiali e magari anche qualche pecora purché non sia l'uomo: inquilino inquinante che è giusto che paghi per i suoi misfatti ambientali. E chissà poi quelli del Seicento che peccati ambientali avevano compiuto, visto che la peste decimava anche allora.

Ebbene oggi, in personale dispetto a tal mondo eco-conformista, sono andato, rigorosamente in auto (purtroppo a gpl, essendo il mio più grande rimpianto non avere più un diesel) a comperar piatti e bicchieri di pura plastica. Li ho scelti accuratamente del genere meno eco-compatibile reperibile ancora sugli scaffali dei più consumistici discount. Ma non lo facciamo sapere agli eco-conformisti: tendono facilmente al dux, in senso tecnico beninteso.

lunedì 2 novembre 2020

Le piccole associazioni sono state dimenticate

PESCARA. Qualche giorno fa, anche a Pescara hanno manifestato i lavoratori dello spettacolo. Lamentano di esser stati chiusi e dimenticati dal governo. Un mondo, quello dell'arte, della cultura, della musica, delle piccole scuole di ballo o di canto, che spesso funziona attraverso minime associazioni. A volte sono talmente minime da non aver bisogno nemmeno della partita IVA, bastando alle scarne entrate il codice fiscale.

Ebbene, queste piccole associazioni senza scopo di lucro, più che altro frutto di tanta passione, forniscono comunque un pò di lavoro, talvolta solo una semplice integrazione al reddito della famiglia. Alcune sono alla canna del gas. Non hanno avuto nemmeno le famose “600 euro” del precedente lockdown appunto per la mancanza della partita IVA. Eppure, se hanno una stanza, una sede per lavorare, devono pagare il fitto e/o l'IMU, salata anche nei loro confronti, versare la tassa sui rifiuti, le bollette elettriche che non aspettano, eccetera.

Ed a fronte di tutto questo, non hanno visto praticamente niente. Non credo che tutto ciò spenga la loro passione artistica, ma certo svuota il loro portafoglio già non florido. E con la passione, senza riconoscimenti concreti, purtroppo non si mangia.

domenica 1 novembre 2020

L'imbattibile Nicola (Petrini)

ROSETO. Nicola, assessore Petrini (foto), è un mito. Rischia di passare alla piccola storia locale come l'assessore del paletto in mezzo alla rotonda sud, nonché del centro rifiuti a margine della zona sportiva. Ma lui va avanti, a testa bassa. Difende allo stremo delle cause sbagliate manco se fossero giuste.

Lasciando da parte il merito delle due questioni, su cui a quest'ora l'opinione pubblica si sarà già fatta un idea, è bene riflettere su un punto un po' più “politico” (politico tra virgolette). 

Perché Nicola Petrini non teme le critiche? È semplice: perché i suoi voti non dipendono dall'opinione larga della città.

Il buon Petrini, sulla carta sarebbe del Partito Democratico. E questo già gli dà una certa garanzia in termini politici, perché è sempre una discreta blindatura. Ma, in ogni caso, lui ha un consenso personale che potrebbe – come si dice tra quelli che masticano di queste cose – trasportare dove vuole. Un pacchetto di voti “petriniani” che è ambito da chiunque costruisca liste. E che quindi gli lascia un certo margine di contrattazione politica, che lui tra l'altro fa pesare abilmente.

Per come è fatto il sistema elettorale dei municipi, soltanto il sindaco deve avere anche qualche voto d'opinione. Ai singoli consiglieri o aspiranti non è richiesto: a loro basta saper coltivare il proprio orticello elettorale. Il consigliere o aspirante tale non deve avere il consenso “della città”: è sufficiente un gruzzoletto di 2-300 voti, da accarezzare con dedizione per anni. È quello che serve per “entrare”, come si dice, nel gioco politico. Anche se mezza città, o quasi tutta, criticasse qualche sua scelta, non conta nulla, perché basta l'1 o il 2 per cento tra coloro che vanno a votare che esprimano silenziosamente una certa preferenza e 'sta apposto.

Ecco perché il voto non sarà mai uno spauracchio per abili raccoglitori di consenso particolare come il simpatico assessore Petrini. Può porsi qualche dubbio in più per il sindaco, ma in questo caso, con il curiale alternarsi dei silenzi, l'astuto non prendere mai le distanze senza mantenere nemmeno le vicinanze, anche il sindaco può sfangarla. Tanto più che, diciamolo, l'opposizione interna ed esterna a Petrini non è che sfavilli di idee.

Lunga vita al paletto, allora. E prendete bene la mira quando svoltate.