lunedì 27 luglio 2020

Sorpresa, i conti del Comune sono immuni al virus!

ROSETO. Al contrario di quanto ci si poteva aspettare, finora, il covid non avuto impatti molto negativi sulle casse del Comune di Roseto. Anzi, per certi versi, è successo persino il contrario. I numeri della quarta variazione del bilancio, approvata nell'ultima seduta del consiglio, restituiscono infatti si un calo del gettito tributario per circa 200 mila euro, ampiamente compensato, però, da quasi 210 mila euro arrivati dallo Stato o da altri enti. Sommato ai circa 296 mila euro che il Comune risparmia dal blocco delle rate dei mutui con la Cassa depositi e prestiti (che poi è sempre lo Stato), permette all'Ente di avere 306 mila euro in più con cui far fronte agevolmente ai 318 mila euro di spese correnti (personale e servizi vari) imprevisti in fase di elaborazione del bilancio.

Discorso a parte merita l'anticipo di circa 480 mila euro ottenuto dalla vendita del terreno di via Marina. Quello, infatti, dovrebbe essere destinato all'acquisto dell'Arena Quattro Palme. Quel che conta, in ogni caso, è che fino ad oggi le minori entrate delle tasse sono complessivamente compensate dalle maggiori risorse trasferite dallo Stato sia direttamente che sotto forma di stop delle rate dei prestiti. Sui quali prestiti, ovviamente, continuano a correre gli interessi, come pure maggiori interessi bancari si avranno a causa della proroga della scadenze della tassa sui rifiuti. In tal caso, infatti, il corrispettivo alla ditta che ha in appalto il servizio viene saldato dal Comune con soldi anticipati dalla banca.

E per paradosso, ora parte del "Saffo" al Pia Marta potrebbe andarci, ma in affitto. Ecco, comunque, la situazione scuole...

Luciana Di Bartolomeo
ROSETO. Ben sette aule del liceo “Saffo” potrebbero finire proprio al Pia Marta. Ma non perché la Provincia acquisti l'immobile (quella trattativa sembra ormai saltata), bensì in affitto, a causa dell'emergenza covid. È quanto si rileva dalla risposta fornita dall'assessora comunale alle scuole, Luciana Di Bartolomeo, ad una interrogazione del consigliere Mario Nugnes circa la situazione scolastica (tra l'altro Nugnes si è detto pienamente soddisfatto della risposta stessa).

Risposta comunque articolata, che merita qualche cenno.

Per quanto riguarda le scuole dell'infanzia, infatti, non dovrebbero esserci problemi di spazi, se non per la “Schiazza” di via Veronese, una cui sezione verrà trasferita a Cologna. Due sezioni dell'asilo di Voltarrosto andranno invece all'asilo di Montepagano. Niente riapertura, però, delle scuole di Montepagano e Cologna Paese.

Per le elementari, allo scopo di creare nuovi spazi, sarà demolito un tramezzo alla scuola di Cologna Spiaggia, ricavate due aule con pareti mobili nella palestrina della “Schiazza”, istallati alcuni divisori nell'atrio della scuola di via D'Annunzio. Pochissimi i lavori necessari a S.Lucia, nulla a S.Petronilla, scuole, queste, con spazi già sufficienti. La scuola “Celommi” di via Piemonte, invece, necessita di numerosi interventi, compresa forse, la riacquisizione a scuola delle aule attualmente concessse alle “Guardie Ambientali”.

Per le “medie”, sarà adibita ad aula l'ex-mensa di via D'Annunzio, introdotta una quarta sezione per le prime, utilizzato il primo piano di via Milli e fatti alcuni lavori di adeguamento.

Sugli scuolabus, inoltre, sarà necessaria mascherina e sanificazione giornaliera dei mezzi. I pasti, invece, saranno consumati in aula solo nelle scuole che non hanno spazi mensa. Le palestre saranno fatte salve, tranne qualche eccezione.

L'assessora Di Bartolomeo, comunque, sta facendo il possibile per una buona ripartenza delle scuole. Anche se si trova costretta ad agire in tempi ristrettissimi e con fondi governativi assai condizionati. Si possono spendere, infatti, solo per limitati interventi ed esclusivamente su spazi già adibiti a scuola. Insomma, non è una causa facile, questa della scuola oggi, per la giovane avvocata Luciana Di Bartolomeo.

sabato 25 luglio 2020

Attenzione ai bau bau!

ROSETO. Torna sul tappeto il problema del randagismo. L'Associazione “Qua la Zampa”, che si occupa come può anche delle adozioni, propone un incontro. Tema non nuovo, questo dell'abbandono o dei maltrattamenti di cani e gatti. Già l'amministrazione del sindaco Pavone adottò un regolamento ad oc, peraltro preceduto da alcune ordinanze per l'accesso alle spiagge. In concreto, però, poco è mutato. Soprattutto sul versante del canile e delle zone verdi dedicate.

Qualcosa – oltre a minacciare giuste multe per le deiezioni – han fatto anche l'assessore Petrini ed il sindaco Di Girolamo. Ad esempio le 30 cassette dispensatrici di sacchetti, se non fossero però presto rimaste desolatamente vuote di ricambi.

A Roseto gli animali d'affezione, sopratttutto cani e gatti, non mancano. Abbiamo anche negozi specializzati, ambulatori veterinari e persino un lido. Anche se – lamentano gli affezionati – non “si capisce se i cani possono fare il bagno o debbano solo... prendere il sole!”

Si pone quindi il problema del canile, attualmente fuori comune, con le relative spese, esse sì a carico del Comune. Un ricovero in loco – dicono sempre gli appassionati dei bau bau – garantirebbe migliori condizioni agli animali, più prevenzione degli abbandoni e forse un po' di lavoro ai volontari che si prodigano per le cure.

Insomma, anche in tempi sfortunatamente pandemici, questi problemi non spariscono. Con tutte le necessità, anche economiche, cui fan fronte con difficoltà le associazioni di volontariato. Senza dimenticare – si potrebbe osservare con qualche malizia – che anche i proprietari dei cani votano. Ed a Roseto sono tanti coloro che hanno a cuore gli animali: basta dare un occhiata in giro!

P.s.: ah, dimenticavo: pare che a Pineto il problema sia stato affrontato meglio. Ad maiora, allora.

giovedì 23 luglio 2020

Pensate alla città, non alle elezioni

ROSETO. Ottanta mila euro per le manifestazioni. Altrettanti per lo sport. E già altri 80 mila circa spesi per i sistemi informatici dell'Ente. Senza contare i quasi 5 mila per le strisce alla rotonda sud ed 20 mila per lavori aggiuntivi in via Thaulero. Una strada, quest'ultima, lunga appena 50 metri, per la cui ripavimentazione se ne sono andati 168 mila euro, come dire 3 mila euro al metro lineare! E non finisce qui, perché se tutto va bene, potrebbe arrivare il botto finale, ovvero l'acquisto dell'Arena Quattro Palme, che le Ferrovie cederebbero intorno ai 450 mila euro (nemmeno tanto, per la verità).

Insomma, sotto il clima da new-deal post-pandemico, dell'euforia per l'accordo sui miliardi europei del governo Conte e della grande irrigazione di soldi pubblici che dovrebbe allagare tutti gli apparati dello Stato italiano, pare sgretolarsi anche il grande baluardo dell'amministrazione Di Girolamo, lo storico “Non ci sono soldi”, opposto a qualsiasi richiesta o lamentela negli ultimi quattro anni. Cade per casualità il bastione a pochi mesi dalle elezioni, in concomitanza con un risanamento del bilancio fatto già in proprio con vendita del terreno in via Marina.

Ma questo delle elezioni, come dire, è un altro discorso. Comunque la si pensa, infatti, è un bene che ora i soldi abbondino. Perché, oltretutto, toglie ogni alibi all'amministrazione. Adesso può finalmente spendere. Speriamo lo faccia pensando alla città e non alle elezioni.

lunedì 20 luglio 2020

Mezze idee ne vediamo?


“Ci hanno tagliato altre due corse del bus....”
“Qui c'erano una decina di famiglie, dopo il sisma non sono tornate....”
“Le zone interne si stanno spopolando, abbiamo perso 9 mila abitanti in cinque anni...”

Basta fare un giro per l'entroterra abruzzese, fermarsi a prendere un caffé, per sentirsi raccontare i segni di un declino in atto. “Rimarremo dimenticati anche nel dopo covid”, è la frase più ascoltata. Con una preoccupazione in più per le scuole: “E' passato il messaggio devastante che andare a scuola fa ammalare, contagia i ragazzi che, tornando a casa, finiscono per stendere i nonni”.

D'altra parte c'è chi vede il bicchiere mezzo pieno: “Se lavoriamo da casa ed andiamo a scuola senza andarci, allora anche abitare in montagna può starci. Se non dobbiamo scendere in città, forse qui ci guadagnamo”.

La politica del governo sembra riuscita a far passare l'idea che pioveranno un sacco di soldi da Roma e da Bruxelles. Una specie di assistenzialismo di ritorno, da distribuire a pioggia come ai tempi di “Mamma Dc”. Qualche dubbio, però, c'è: "Intanto dobbiamo pagare le tasse, poi ci promettono il credito d'imposta. Ma ai tempi non è che ti facevano lo sconto sulle tasse, allora ti davano i contributi a fondo perduto ed al massimo ti venivano a chiedere il voto alle elezioni. Adesso ti vengono solo a chiedere i voti..."!

Insomma, è come un orologio sospeso sulle contrade abruzzesi. Nessuno saprebbe dire cosa succederà in autunno. Si va avanti giorno per giorno. Comunque nella politica c'è massima sfiducia, tranne per il fatto dei soldi, nei quali si spera. Sarà forse proprio un'eventuale delusione su questo, che potrebbe fare la differenza. Nel frattempo, chi non ha avuto tagli nel reddito durante la quarantena ha portato qualche soldo in banca non sapendo dove spenderli essendo tutto chiuso. Ma attenzione, sono i più anziani che lasciano le monete sui conti correnti. Ed è un segno di sfiducia. Di sfiducia assoluta nel futuro.

venerdì 17 luglio 2020

Sulla Villa i conti non tornano


ROSETO. Dunque la Villa è rimasta come è rimasta (cioè ingabbiata da impalcature infinite) perché non si prestava a diventare un “edificio strategico antisismico”. O, almeno, perché il progetto a ciò intestato era sottodimensionato finanziariamente. Questo, in sostanza, ha detto il sindaco, Sabatino Di Girolamo, nell'ultima seduta del consiglio comunale. “Occorrevano minimo 2 milioni di euro e non 1,1 milioni come previsto”, ha aggiunto.

D'accordo, progetto ritenuto sbagliato allora? E adesso che si fa? Mettiamo in fila qualche dato. I lavori di ristrutturazione della Villa furono consegnati nel momento di passaggio tra la vecchia e la nuova amministrazione. Il sindaco Di Girolamo può avere qualche ragione, dunque. Il suo problema – che poi è il nostro – è non aver individuato subito la carenza di fondo che oggi denuncia.

Il sindaco si è avvalso anche di consulenze esterne. Che cosa hanno detto i suoi consulenti? Perché non vengono rese note le eventuali relazioni? Si doveva e si poteva intervenire per tempo. Ridimensionare i lavori in base all'importo disponibile, se questo importo non era sufficiente per tutto. Elaborare cioè delle varianti funzionali. Bloccare tutto, come tutto si è bloccato, non è la soluzione.

Ripeto, il sindaco non è un tecnico, quindi capisco che possa essersi trovato in difficoltà. Ma neanche l'ex-sindaco Enio Pavone era un tecnico e quindi anche lui potrebbe avere la stessa scusante. Il punto è che, quando i lavori si sono fermati, la via tecnica alla soluzione doveva essere pretesa all'istante. E questo lo doveva fare il sindaco in carica, chiunque fosse. Perché la carenza di fondo esposta nell'ultimo consiglio comunale non può essere saltata fuori all'improvviso. E, se fosse venuta a galla solo ora, non si capisce chi ne ha la responsabilità.

In generale un progetto sbagliato – se sbagliato era – si corregge per tempo. Se nessuno se ne è accorto finora è grave. Se qualcuno se ne era accorto prima e non ha fatto nulla è gravissimo. Non tutto si può risolvere nella polemica politica. Ad un certo punto bisogna decidere. Altrimenti hanno sempre tutti ragione e tutto finisce sempre a tarallucci e vino.

giovedì 16 luglio 2020

Il "pianificar facendo" di Sabatino Di Girolamo

ROSETO. Ci ispiriamo al “pianificar facendo”. Quasi di sfuggita, in un passaggio nell'ultimo consiglio comunale, il sindaco, Sabatino Di Girolamo, cita il pianificar facendo come fondamento della sua politica urbanistica. Voleva forse dire che, mentre si stanno elaborando nuovi piani, intanto si va avanti tenendoli a mente.

Il “pianificar facendo”, però, non è una citazione di secondo piano. Tanto per capire, essa è argomento anche di un libro del 2016 scritto dall'urbanista Vezio De Lucia e dal giornalista Francesco Erbani (ed.Castelvecchi). Un libro dedicato al disfacimento della Capitale d'Italia, Roma.

Il pianificar facendo, infatti, rimanda ad una precisa fase dell'urbanistica romana: quella Veltroniana. Dice De Lucia: “L'urbanistica di Walter Veltroni e del suo predecessore Francesco Rutelli si è sviluppata sulla base di accordi tra l'amministrazione pubblica ed i privati possessori di aree. Lo hanno definito il pianificar facendo”.

Che cos'è, dunque, per De Lucia, il pianificar facendo? Sono gli accordi di programma, le contrattazioni tra la politica e l'imprenditoria. Quella tecnica urbanistica, cioè, che ha negato in sé stessa la pianificazione riformista degli anni '60-'70 del Novecento e che, nella sostanza, ha portato ad un consumo di suolo eccezionale. Insomma, il trionfo del cemento.

Il pianificar facendo, in altre parole, è un po' l'urbanistica dei metri-cubi. Secondo Francesco Urbani, è “Il piano che non pianifica, ma ratifica”. Un piano che, aggiunge Erbani, “Prende atto degli accordi tra pubblico e privato e gli fornisce un involucro capiente”. Un piano, ancora, “che non è generale, ma assembla tanti piani particolari”. E che, in sintesi, “Proclama buone intenzioni, ma non le progetta”.

Ora, qual è il problema, se problema si può chiamare? Forse è questo: la citazione di Di Girolamo, credo, sia un puro derivato. Il “pianificar facendo”, che poi è il non pianificare, c'è sempre stato. Ed è trasversale. C'è chi l'accentua un po' di più chi un po' meno, ma tutti i sindaci – di centro destra come centro sinistra – lo fanno. Ed è proprio in questo indistinto “fare” che la politica appare tutta uguale. L'attuale amministrazione, come anche la precedente e quasi certamente la successiva, non pianificherà un bel nulla. Al massimo si lascerà... pianificare dagli accadimenti! Con buona pace delle ottime intenzioni del sindaco Di Girolamo, diciamo così va'.

Contro la didattica a distanza

Questo pomeriggio, una trasmissione di carattere culturale di Radio3Rai ha intervistato un maestro di scuola: Giuseppe Caliceti. L'ho ascoltata in macchina, mentre tornavo a Roseto. Il maestro insegna da molti anni in una scuola elementare emiliana. Scrive libri, pubblica un blog e cura una rubrica su un quotidiano. Il tema del suo ultimo libro “Diario di un maestro a distanza” (Manni editore) tratta un tema attualissimo: la didattica a distanza, appunto.

Caliceti parte dalle voci dei bambini. La sua tesi, in sintesi, è: il covid ha solo accelerato la tendenza della scuola italiana a derivare verso il modello americano, ovvero di classe, vale a dire a spese dei genitori. La didattica a distanza si presta a meraviglia allo scopo. Ma questo – sostiene l'autore – stravolge l'idea di scuola pubblica, sociale, popolare, di tutti, che è nella nostra Costituzione.

Qual è il risultato di questa operazione? Per Caliceti il rischio è quello di formare individui senza emozioni, senza passioni, pure macchine contenenti – quando va bene – solo competenze. Lo Stato – dice il maestro – si va via via disinteressando della scuola: la regionalizza, l'affida a cooperative ed enti privatistici. Così, però, tradisce lo spirito della Carta Costituzionale. In tal senso, la didattica a distanza diventerà una modalità parallela – o addirittura dominante – anche dopo la pandemia.

Insegnare attraverso uno schermo, tra l'altro, pone delicati problemi di privacy rispetto a dati che di fatto si consegnano a piattaforme private. Insomma, un libro che non va nella direzione corrente. Anzi, che contesta apertamente l'assioma per il quale la didattica a distanza è la modernità. Per Caliceti è invece vero il suo opposto, ovvero il ritorno “...ad una scuola di classe che non si vedeva dal 1963”, se non, addirittura, dall'Ottocento. Non a caso si cita l'articolo 34 della Costituzione: “La scuola è aperta a tutti....”, anche se non si ha un computer dedicato a casa, una linea telefonica con la fibra e genitori in grado di sostenere, anche economicamente, i costi.

giovedì 9 luglio 2020

Il Paese che voleva... correre!

Volete un'idea di quanto l'Italia sia strana? C'è l'imbarazzo della scelta, ovvio. Eppure un caso, andato a finire persino davanti alla Corte Costituzionale, calza davvero a pennello.

Dunque, avete presente i cartelloni pubblicitarie lungo le strade? Che c'entra, direte voi. C'entra, c'entra. Perché i cartelloni sono regolati dal Codice della Strada. Che prevede una multa fino a 1.700 euro circa se vengono piazzati senza autorizzazione. E fin qui, tutto bene. Ora, che è capitato? È successo che nel 2011, credo durante la reggenza Monti, il governo ha pensato bene di aumentare le multe fino a 14 mila euro. Soltanto che la max-multa scatta soltanto se il tabellone è messo in difformità dell'autorizzazione.

Cioè, avete capito? Se piazzate un cartellone senza nessuna autorizzazione vi beccate fino a 1.700 euro di multa; se invece siete stati autorizzati a metterlo, ma lo posizionate in modo sbagliato, rischiate fino a 14 mila euro di multa. Un assurdo, si è detto un tribunale cui aveva fatto appello una società multata, sollevando così il caso davanti all'Alta Corte. La quale ha sentenziato che non puoi multare otto volte di più uno che l'autorizzazione l'ha avuta, ma ha messo male il cartellone, rispetto ad uno che lo ha messo senza autorizzazione e punto!

Il problema è che per un assurdo del genere, si ricorsi fino alla Corte Costituzionale! Tanto per dire cos'è il Paese che vuole... correre!

mercoledì 8 luglio 2020

Lo sport dei disabili rischia di chiudere

GIULIANOVA. Malgrado la notorietà del caso Alex Zanardi, la realtà concreta delle società che si occupano di sport parolimpici è ben diversa. Si prenda la “Santa Lucia Roma”, che ha addirittura chiuso. Eppure si tratta di una società romana che pratica basket in carrozzina ai massimi livelli, con riconoscimenti sportivi di primissimo piano. Basta dire che ha vinto 21 scudetti. Per di più una società non certo di provincia, ma addirittura operante nella Capitale.

La cosa è stata fatta notare, con un comunicato stampa, dalla Polisportiva “Amicacci” di Giulianova, che pratica sempre il basket in carrozzina. Scrive tra l'altro la “Amicacci”: “La verità è che lo sport nella disabilità interessa pochi intimi. Quando chiedi una sponsorizzazione cosa offri in cambio? Quanta visibilità offri ad una azienda? La risposta è scontata: poca o nulla”.

Un grido di dolore, quello dell'Amicacci di Giulianova, che conclude così: “Oggi esce di scena il Santa Lucia, domani chissà che a lasciare il palco non sia l'Amicacci!”. Ecco, quando si dice il Paese migliore.

martedì 7 luglio 2020

Ma poi il bilancio, è davvero tutto d'oro? Le carte raccontano un altra verità...

ROSETO. Nei giorni scorsi si è parlato abbastanza del bilancio comunale. Dalle parti del Palazzo di Città, si è sostenuto che i conti godessero di ottima salute. Il che, come è ovvio, fa piacere. Scorrendo però le decine di tabelle allegate al conto consuntivo 2019, qualche curiosità viene.

Anzitutto appare un avanzo di amministrazione monstre, circa 11 milioni di euro. Che cos'è l'avanzo di amministrazione? Semplice, è la differenza tra quanto devi ancora incassare (“residui attivi”) e quanto devi ancora pagare (“residui passivi”) più gli eventuali soldi che hai in cassa (“fondo di cassa”). È come una famiglia che, a fine anno, fa il conto delle rate della macchina, della lavatrice, eccetera dell'anno precedente che devono ancora arrivare e degli stipendi arretrati che deve ancora prendere. Se la somma delle rate da pagare e minore degli stipendi da prendere, allora, sei in “avanzo di amministrazione”.

Bene, direte voi: siamo in avanzo. Il Comune, infatti, dice che al 31 dicembre del 2019 gli dovevano ancora arrivare circa 25 milioni di euro, mentre lui ne doveva ai creditori appena 12 milioni. Gli “avanzavano” cioè, 11 milioni 779 mila euro. Siamo ricchi, allora? Calma, non proprio. Perché questi soldi vengono tutti messi da parte (“accantonamenti”, si chiamano) in quanto il Comune stesso ha dei dubbi sul credito. Teme, in parole povere, che non arrivino; che potrebbe non incassarli proprio. Anzi, il Comune mette da parte, accantona appunto, il doppio dell'avanzo, quasi 22 milioni. Quindi in realtà, va sotto, in negativo, per 10 milioni. Insomma, ha l'avanzo, ma i soldi non li può toccare. È come se io – rimanendo al paragone di prima – sono sicuro che mi arrivano le rate della macchina dell'anno scorso, ma non sono certo che mi tocchi lo stipendio arretrato.

Questa situazione, diciamo un po' meno rosea di come la narrazione tende a raffigurarla, è confermata anche dal cosiddetto “conto economico”, vale a dire dalla semplice differenza tra entrate e uscite. Ebbene il “risultato dell'esercizio” dopo le imposte è negativo per circa 147 mila euro. Insomma, quello che ti è rimasto in tasca al 31 dicembre del 2019 dopo aver incassato e speso tutto quello che dovevi, è un rosso di circa 150 mila euro. Non ti è rimasto, cioè, nulla in tasca.

Ora, che significa tutto questo? Che il bilancio va male? No, ma nemmeno che è tutto questo oro che luccica. E poi quest'anno, con il covid, purtroppo, è un'altra storia per tutti gli enti locali italiani. Dove le famose politiche finanziarie o di bilancio andranno, finalmente, a carte quarantotto.

Approderà... l'approdo?


ROSETO. Sarà la volta buona per il pontile? È l'autunno l'approdo dei lavori? Dunque ricapitoliamo.

Nel febbraio del 2018, due anni e mezzo fa, l'allora presidente della Regione, Luciano D'Alfonso, in visita straordinaria a Roseto, assicura un finanziamento per restaurare il malridotto pontile. A dir il vero, pochi giorni dopo, lo stesso D'Alfonso chiede effettivamente al governo di allora di erogare un contributo da 1 milione di euro. Particolare curioso, l'opera viene considerata un “approdo turistico” nell'ambito di quelle destinate ai trasporti. Anzi, un opera strategica proprio nel settore trasporti. Il finanziamento, comunque, viene deliberato dal governo, tramite il “Cipe” (Comitato programmazione) a strettissimo giro, cioè nel febbraio stesso del 2018.

A quel punto, però, passano sei mesi affinché la Regione Abruzzo ne dia comunicazione ufficiale al Comune, chiedendo tutta la documentazione per procedere. Documentazione (in breve una stima dei lavori) che il Comune invia ad ottobre del 2018.

Siamo così nel 2019 e un altro passo è compiuto: viene siglata la convenzione tra il Comune e la Regione. Inizia così il vero iter progettuale. A maggio del 2019, infatti, il Comune incarica un geologo, Roberto D'Ambrosio, di Martinsicuro, per stilare una relazione geologica. Sempre nel maggio 2019 si affida all'ingegner Serafino Di Mattia, dell'Aquila, il compito di elaborare il progetto dei lavori. Lavori che consistono, essenzialmente, nel consolidamento dei pali di sostegno, nel rifacimento della pavimentazione e nella sostituzione dei parapetti e dei lampioni.

Questo progetto viene approvato a novembre del 2019. Ma non basta, perché bisogna fare il progetto esecutivo. Allo scopo viene dato mandato ad un altro ingegnere, Maurilio Santoprete, di Rieti. Arriviamo così al marzo di quest'anno, quando vengono interpellati i vari Enti interessati per poterne acquisire il dovuto parere. Parere che finalmente, a giugno, arriva sul tavolo della Giunta comunale, che può quindi mettere il sigillo definitivo alla pratica.

Ad oggi, dunque, manca ancora l'appalto dei lavori per il loro effettivo inzio. Si confida che ciò possa avvenire già durante l'estate per poter metter mano al cantiere in autunno. Nel frattempo, tutta questa progettazione tecnica è costata (come da quadro di spesa deliberato) circa 90 mila euro. Alla fine, infatti, il lavoro vero e proprio, quello in cantiere, dovrebbe costare 800 mila euro, sui quali tra l'altro  applicare lo sconto (“ribasso”) che l'impresa eventualmente proporrà in gara. Tutti gli oneri burocratici e di progettazione, vale a dire, assorbono circa 200 mila euro, cioè ben il 20 per cento del costo totale.

P.s.: ah! per inciso, quando l'Italia correva, vale a dire negli anni '60 del Novecento, le spese generali non superavano mai 10-15 per cento. Ora siamo arrivati, se va bene, al 20-25 per cento. Ecco, come dire la semplificazione!

Se non hai perso reddito, ti è andata quasi bene...

Fa sapere il governo che nei primi cinque mesi dell'anno lo Stato ha incassato circa 150 miliardi di euro. E si lamenta, perché lo scorso anno, nello stesso periodo, ne aveva ricevuti 165 di miliardi. Dunque, diviso per 60 milioni di abitanti, è come se ognuno di noi avesse dato allo Stato in “tasse” varie 2.500 euro, appena 250 euro in meno di quanto tirammo fuori dalle tasche mediamente lo scorso anno.

Vogliamo divertirci (si fa per dire) con la matematica? Qui a Roseto, essendo noi in 26 mila abitanti, nei primi cinque mesi del 2019 avremmo “finanziato” l'erario con 65 milioni di euro. Quest'anno, invece, dato la nota emergenza sanitaria, il nostro versamento sarebbe di “soli” 58 milioni 500 mila euro.

Naturalmente si sta ragionando in termini di pura aritmetica. La famosa media del pollo: se tu ne mangi due ed io nessuno, la media dice che ne abbiamo mangiato uno ciascuno. Lo Stato, comunque, pollo o non pollo, ci costa 500 euro al mese a testa, mediamente appunto. Ora, la domanda è: se uno - per sua fortuna - non ha perso nulla in questi mesi, ha "risparmiato" 50 euro al mese di "tasse" virtuali; se uno invece è in cassintegrazione forse le 50 euro ce le ha rimesse in un solo mese. Ecco, si diceva del pollo, infatti...!

lunedì 6 luglio 2020

Ma chieder conto mai, eh!

TERAMO. Si ha notizia che numerose associazioni di categoria hanno scritto alla ministra dei trasporti, Paola De Micheli, circa la disastrosa condizione dell'autostrada adriatica. Non sono riuscito a trovare il testo della missiva. Mi veniva di sapere se vi fossero accennate le promesse che solo cinque mesi or sono la rappresentante del Governo Conte elargì nella sua visita a Pineto. Il 17 febbraio dell'anno corrente, infatti, la ministra De Micheli è stata accolta in grande stile a Pineto. Di fronte a politici locali e regionali dichiarò che aveva pronti investimenti per 60 milioni per sistemare l'autostrada, nonché di essersi interessata del caro-pedaggi. Ecco, se non lo avessero fatto, ogni tanto, oltre inviar dispacci, sarebbe utile chieder conto del già detto. Del qual già promesso, come è logico, potrebbero pretedere riscontro anche i molti sindaci presenti a quell'incontro di appena febbraio scorso. Altrimenti, restano solo le riverenze di prammatica e gli eventuali pasticcini di benvenuto. Il che avrebbe anche un sapore di un certo provincialismo, sia detto tra parentesi chiaramente.

domenica 5 luglio 2020

Torna l'Italia normale (e magari pure il derby Pavone / Di-Girolamo)

ROSETO. Pian pianino torna l'Italia normale. Quel Paese cioè, dove un ospedale già di prima linea contro il covid, ad Atri, ora scarseggerebbe di anestesisti (alias Luciano Monticelli, su Fb). Un Paese vale a dire, ove in generale, prenotare una mammografia, significa aspettare tredici mesi (alias Carlo Calenda, in Tv). E nel quale, magari, richiedere una visita dermatologica può voler sentirsi dire: ripassi nel 2022 se le va bene!

Ecco, torna quel Paese reale che solo un paio di mesi fa, quando temevamo di morire tutti da un minuto all'altro, avremmo pagato per riavere. Per riassaporare le code in autostrada di due ore per fare trenta chilometri pagando all'uscita un “dovuto” mega-pedaggio. Con l'aggiunta, se volete, dato lo sfavillante smart-working nostrano, ovvero il “lavoro intelligente”, che se hai bisogno di un ufficio pubblico non trovi ovviamente l'impiegato perché lavora da casa, ma nemmeno ti rispondono al telefono perché non sia mai dato, in Italia, che un ufficio risponda pure al... telefono!

Ecco, torna l'Italia che ci piace. Che rimpiangeremo con il fazzolettino di carta ecologica e ricicabile in mano quando tra qualche mese (o solo qualche settimana) ci rinchiuderanno di nuovo tutti in casa. Ed in questa Italia che torna finalmente a piacerci, qui nel nostro piccolo rosetano, ahi visto mai che nella primavera 2021 potremmo rivivere l'ebrezza tutta nostra del match di ritorno del derby elettorale Pavone-Di-Girolamo / Di-Girolamo-Pavone per la conquista della “coppa del nonno” politica, pardon si voleva dire della Poltrona di Primo Cittadino della Città delle Rose? Ammettiamolo, non sarebbe una sfida fantastica?

venerdì 3 luglio 2020

Vi bastano dieci mesi di campagna elettorale?

Il sindaco Sabatino Di Girolamo
ROSETO. Come non bastassero i problemi reali, Roseto sembra entrata in una sorta di pre-campagna-elettorale. Il sindaco, Sabatino Di Girolamo (Pd), propaganda risultati – secondo lui – raggiunti e si prepara ad aprire qualche cantiere dell'ultim'ora. Preannunciando così di fatto una sua probabile ricandidatura. Nel suo campo – il centro sinistra – almeno un altro paio di competitor già sembrano scaldare i muscoli per strappargli la Poltrona del Palazzo di piazza della Repubblica. Dall'altro lato della barricata (politica) si animano “tavoli unitari”, per la verità non innovando nemmeno nel linguaggio: la parola “tavolo”, infatti, è quanto di più logoro possa esserci.

Nel frattempo, la città assiste a titoli sportivi che passano di mano con legittime operazioni di mercato; istituti religiosi che pensano ad operazioni immobiliari anch'esse legittimamente di mercato; qualche taglio di rami ed erbacce (8 mila euro per potare gli alberi di viale Makarska, altri 8 mila per le palme, quasi 8 mila per i segnali stradali, 20 mila euro per le telecamere, eccetera).

Insomma, di tutto c'è bisogno meno che di una campagna elettorale lunga dieci mesi. Ed invece, purtroppo, è l'unica certezza che abbiamo. Avremo una campagna elettorale lunga dieci mesi, che potrebbe essere, tra l'altro, altamente inutile.

Per fortuna non si fanno più figli

L'Istat stima diecimila nuovi nati in meno dopo il lockdown. Del resto la generazione che dovrebbe far nascere bambini è quella più colpita dalla crisi. Chi ha intorno ai 35 anni, in questo Paese, ha beccato solo crisi. Diciamo che sui 25 anni, quando si è affacciata al mondo del lavoro, quella generazione si è presa la mazzata sui denti della recessione del 2008-2012. Non bastava, in alcune aree del Paese – tra cui l'Abruzzo – si è beccata anche un paio di terremoti. Adesso, quando forse poteva pensare ad una famiglia, è arrivato il virus a far rimandare ogni progetto di vita e di lavoro.

Tra l'altro, pensare di mettere al mondo dei figli in questo manicomio di mondo è da.... matti, appunto. Specie in un Paese che fa solo ideologia. Dove se si rompe una strada invece di aggiustarla la chiudono. Dove per fare 30 chilometri su autostrade a zig-zag, se va bene, impieghi due ore. Dove se la scuola non dovesse funzionare, semplicemente la chiuderanno. Dove il lavoro da casa non è una scelta ragionata, ma un rimedio alla buona per evitare grattacapi organizzativi. Dove la giustizia non c'è, se non dopo anni. Dove, in sostanza, lo Stato esiste solo nelle forme inutilmente muscolari. Dove di conseguenza ognuno appena può, dietro i grandi principi di solidarietà ed efficienza, cerca di scampare responsabilità personali, amministrative se va bene, anche penali se va male.

In un Paese, al dunque, dove la politica – tutta – è solo una corsa ad avere un titolo di giornale al giorno; un like sui social al minuto; un passaggio in Tv ogni sera. E questo a tutti i livelli: dal nazionale al locale e viceversa. La politica non serve a fare cose; serve ad autopromuoversi; a conquistare e quindi conservare la poltrona. Con una sola domanda: ma quando potrà reggere un Paese così?

A proposito del "Pia Marta".... Ma non è meglio se compra la Provincia?

Alessandro Recchiuti, vicepresidente Provincia
ROSETO. Lo avete letto il post precedente sul centro “Pia Marta”? Beh, l'argomento è sentito. Ne ho riscontro. Allora che ho fatto? Ho telefonato ad Alessandro Recchiuti, vicepresidente della Provincia di Teramo. Nel post, infatti, non parlavo della Provincia, che è uno dei protagonisti della vicenda in quanto unico Ente che ha formulato una proposta di acquisto.

Allora, la metto giù così, alla mia maniera. Faccio una domanda stupida: ma se i religiosi proprietari del bene vendono – e probabilmente vendono – non è meglio se compra la Provincia piuttosto che qualche privato? No, perché guardate, se compra la Provincia lì ci rimane una scuola e quindi dei ragazzi. Se legittimamente acquista un altro proprietario privato, come legittimamente privati sono i religiosi proprietari del bene, non è che si preserva la funzione originaria del bene stesso. Anzi, forse proprio così si stravolge tutto!

Ecco, questo volevo dire ed ho detto. Poi, l'opinione che ognuno può formarsi su un bene ricevuto in donazione nel 1954 e tranquillamente magari venduto dopo 66 anni... Beh, su questo non mi addentro. Tale opinione, infatti, apparterrebbe a quella filosofia materialista delle cose, quella logica di puro mercato del tutto legittima, ma che personalmente non mi è mai piacuta.

Del resto, anche il concetto di “oratorio” è molto variato nel tempo e la religione, per certi versi, sa essere una filosofia decisamente concreta. Ecco, anche questo volevo dire, ed ho detto.

Il bene venne donato nel 1954. Ora l'istituto religioso che ne è proprietario sembra lo voglia vendere. Molti cittadini si oppongono. Per cercare di salvare un simbolo della città

ROSETO. Una raccolta firme per scongiurare la vendita degli immobili del “Campo dei preti”. Allo scopo è sorto un comitato di cittadini, dal nome significativo: “Sacro Cuore”. E sì, perché quella del “Sacro cuore” è un'area simbolo della città; un tratto della sua identità storica.

Lo sa bene William Di Marco, docente di storia e operatore culturale da sempre a Roseto. William Di Marco è legato a doppio filo con la storia di quel quartiere. Ne ha parlato lui stesso in una intervista con il giornalista Lino Nazionale.

Basta vedere alcune foto “storiche” che ritraggono i giovani degli anni Sessanta, il teatro, la tribuna costruita nel 1987 con il contributo di quella associazione culturale “Cerchi Concentrici” nata nel 1985 e di cui William è presidente.

Lì, in quella area “Pia Marta”, in quel “campo dei preti”, c'è la “Roseto nuova” del dopoguerra. Ci sono le serate degli anni Settanta del Novecento; c'è il torneo di calcio degli anni '80 con migliaia di spettatori. “Questa è un area troppo importante per Roseto – dice William Di Marco. Un oratorio – aggiunge – di tipo moderno, con al centro la famiglia, la scuola, la formazione civile”. Si, perché nella vicenda di questo luogo c'è un'idea di un cattolicesimo-laico che tanto ha voluto dire un po' in tutta l'Italia del Novecento.

Difatti, tutto parte nel 1954, grazie ad un lascito di un benefattore rosetano. Così nel 1955 arriva la scuola professionale, cui seguono nei decenni successivi il Circolo Acli, l'Azione cattolica, la “Cittadella”, il teatro, il cinema, lo sport. Gli enti pubblici contribuiscono con specifici finanziamenti allo sviluppo delle attività, vale a dire alla realizzazione delle recinzioni, dei campi da gioco, delle infrastrutture di servizio e quant'altro. Quindi la comunità rosetana si è sempre fatta parte attiva, con finanziamenti concreti. Fino all'ultimo, ovvero fino alla realizzazione della nuova sala auditorium, voluta dal popolarissimo Don Antonio Ghidoni, parroco andato via di recente.

Ed ora tutto questo rischia di essere venduto. Come già successe diversi anni fa all'edificio sulla Nazionale divenuto una palazzina ad appartamenti e locali commerciali. Magari per costruire qualcos'altro accanto alla chiesa, in un area oggi a verde. Ecco, William non è d'accordo. Un pezzo importante della città – osserva – non è d'accordo. E chiede alla politica di dire la sua. Anzi, la politica non può non dire la sua, vista l'importanza, anche simbolica, della faccenda.

giovedì 2 luglio 2020

"Un regalo di Natale fatto a Ferragosto"

Vanessa Quaranta, presidente de "Il Punto"
ROSETO. Il metodo Conte (inteso come premier) deve aver fatto scuola a Roseto. L'ottima tecnica del rimandare e sopire fa breccia infatti nella città delle rose. La cosa, però, non è sfuggita a Vanessa Quaranta, presidente dell'associazione “Il Punto”. In un suo comunicato a proposto del rinvio a settembre della questione del Comitato per il turismo, si legge tra l'altro: “Sembra un regalo di Natale fatto a Ferragosto”.

Questo comitato dal parto travagliatissimo dovrebbe infatti occuparsi anche della famosa gestione di un quarto delle entrate della tassa di soggiorno. Se ne parla ormai dallo scorso anno senza venirne a capo. Una sorta di immobilismo – osserva “Il Punto” – che cozza anche con la proclamata volontà di stilare un piano turistico per l'estate 2021, quando però il mandato elettorale dell'attuale amministrazione sarebbe oramai terminato. 

Una azione – la definisca Vanessa Quaranta – “approssimata e superficiale”. Valutazione, codesta, cui le righe che state leggendo si permettono di aggiungere una nota. Di solito, infatti, si rinvia quando nella maggioranza non c'è unità. E sia sul turismo che sull'urbanistica pare proprio che, in questo momento, nella maggioranza che sostiene il sindaco Sabatino Di Girolamo, di unità se ne veda poca.