domenica 31 maggio 2020

Sul sociale, Roseto arrivò per prima

ROSETO. L'Unione dei Comuni ha stilato il rendiconto delle spese sostenute nel 2019 per i servizi sociali. Cos'è l'Unione dei Comuni? È un Ente nato pochi anni fa per volontà della Giunta regionale guidata da D'Alfonso. La quale volle che i Comuni, per gestire i servizi sociali, dovevano costituire un altro ente, “l'Unione” appunto, al quale delegare cose quali l'assistenza scolastica ai portatori di disabilità, le colonie estive per bambini e anziani, l'assistenza domiciliare ai malati gravi, eccetera.

Se vogliamo è stato un gradino di burocrazia in più. Che per Roseto si è rivelato traumatico. La Città delle Rose, infatti, ha di fatto perso la sua tradizione nel settore, che durava da almeno un quarto di secolo. Una tradizione fatta di saperi, cooperative sociali, servizi all'avanguardia gestiti molto bene ed anche equilibri politici locali che vedevano soprattutto in Teresa Ginoble, l'assessore che per tanti anni ha avuto quella delega, un punto di stabilità particolare.

Il passaggio all'Unione, in sostanza ha spostato la bilancia su Giulianova. Ed è nata una disarmonia a tratti accesa, nella quale è difficile capire dove sono i torti e dove le ragioni. Il rendiconto appena deliberato dall'Unione, però, permette di stabilire un punto: Roseto deliberò prima degli altri, il 21 dicembre 2018, la devoluzione delle somme: 947 mila euro. Giulianova lo fece ad ottobre 2019, così come Mosciano e Bellante. Siccome molte delle discussioni politiche si sono sviluppate sulla tempestività dei trasferimenti dai Comuni all'Unione, la cosa pare significativa.

Per la cronaca, comunque, queste sono le cifre di cui si parla: Giulianova, 847 mila euro; Roseto, 947 mila; Mosciano, 567 mila; Bellante, 154 mila; Morro d'Oro, 152 mila. Il Comune di Notaresco, invece, “non ha trasmesso alcuna deliberazione” di trasferimento delle somme. Un totale, dunque, di circa 2,7 milioni che va in rapporto, ovviamente, agli abitanti dei Comuni associati.

mercoledì 27 maggio 2020

L'apporto del capitale privato è davvero minimale


ROSETO. Torna ai nastri di partenza il famoso “progetto di finanza” per l'illuminazione pubblica, di cui ormai si parla da circa cinque anni. Il Comune, infatti, è stato costretto a togliere il mandato di preparare la gara alla società privata di cui si serve come stazione appaltante.

Su ricorso dell'opposizione, curato in particolare dall'avvocato Alessandro Recchiuti, l'Autorità nazionale anticorruzione ha rilevato che non può ammettersi un “Obbligo di pagare un corrispettivo” alla società che indice la gara. Il Comune si è perciò visto costretto a revocare l'incarico e ad indire la gara direttamente, attraverso i propri uffici. Senza dimenticare, che il Comune stesso aveva già escluso la Provincia di Teramo dalla possibilità di indire la gara proprio accampando ritardi da parte dell'Ente di via Milli.

Se il Comune si è quindi ripreso la procedura d'appalto, resta uno sbilanciamento enorme di questo progetto nei numeri economici. A fronte di un valore lordo di gara di 4,5 milioni del progetto proposto dal privato, l'Ente, di fatto, in 12 anni, “gira” l'intera sua bolletta elettrica, stimabile in circa 8,5 milioni di euro. Dedotto il legittimo margine d'impresa, rispetto ad un totale di circa 13 milioni, la parte privata non supererebbe i 4 milioni, appena il 30 per cento. In soldoni, par di capire che il valore del contributo pubblico è di circa 9 milioni mentre quello privato non supererebbe i 4 milioni. Essendo un impegno che dura per 12 anni, di fatto, l'apporto del capitale privato si aggira sui 300 mila euro l'anno contro i 750 mila euro annui del pubblico.

Al di là delle lungaggini burocratiche, dunque, questo progetto si conferma assai poco conveniente per il Comune sotto l'aspetto dei numeri.

lunedì 25 maggio 2020

Ecco a voi il PAN Borsacchio

l'assessore Orazio Vannucci
ROSETO. Dovrebbe essere una sorta di “piano regolatore” della Riserva. Una serie di tavole disegnate che dicono cosa è permesso e cosa no nel “Borsacchio”, questa benedetta riserva rosetana che tiene banco da un quindicennio nella politica locale. Intorno a tal serie di carte variopinte se ne sono viste, in questo quindicennio, di tutti i colori: piani fatti e mai approvati; incarichi professionali conseguenti; spese ingentissime e di fatto inutili; tagli e controtagli al perimetro della Riserva. Insomma, un fallimento su tutta la linea.

Questa mattina, però, si è annunciata una ennesima puntata. L'ultima versione del “PAN” (così si chiama in sigla il piano) è pronta. Ma dovrà aspettare una doppia lettura, in consiglio comunale ed in consiglio regionale. Come dire buonanotte. Un iter lunghissimo dall'approdo incerto. Questo genere di piani, infatti, si sa come entrano in consiglio, ma non come escono.

Perché il punto attorno a cui tutto ruota è incoffessabile: i metri cubi. Quanti metri cubi di cemento dentro la Riserva? Quante attività? Quanta e quale economia dentro la Riserva? Quali interessi, sopra e sotto il pelo del filo di grano? Tutto si giocherà lì. Al di là delle cortine fumogene sull'incomprensibile concetto dello “sviluppo sostenibile” e delle belle parole buone da lasciare sull'inchiostro delle costruttive dichiarazioni.

Insomma, fiducia zero da parte di queste righe. Nessuno dei protagonisti politici e ambientalisti si salva. Forse eccetto la giovanile buona aspettativa dell'assessore Orazio Vannucci e magari il principio di tutela da sempre contenuto nel progetto dell'architetto Fabrizio De Gregoriis. Un principio, è bene ricordarlo, che questa ipotesi progettuale faceva proprio già nel 2016, quando ne era stata redatta una bozza pronta per essere approvata in virtù dell'incarico all'architetto conferito dal sindaco Enio Pavone e confermato dal sindaco Sabatino Di Girolamo. Questo piano, cioè, si poteva approvare già nel 2016 e chissà perché si sono persi altri quattro anni.

Ma è bene ripetere, si tratta solo di principi, previsioni urbanistiche, poco più che parole: sviluppo, agricoltura di qualità; turismo all'aria aperta; verde; ambiente; territorio, eccetera, eccetera. Quanto di esse resterà al vaglio del tritacarne della politica e dell'ambientalismo militante, non solo locale? Cosa resterà al fondo del setaccio degli interessi che la politica esprime e rappresenta?

La partita è solo all'inizio. Il PAN Borsacchio può aspettare.

martedì 19 maggio 2020

Spiagge libere bye bye anche al Borsacchio?

Quest'anno spiagge libere bye-bye, pare. Non si sa se anche le spiagge della Riserva Borsacchio, essendo libere, saranno off-limits esse stesse, tranne per il Fratino ovviamente.

Del resto, alcune misure governative post-virus paiono un po' snob. Non gli piace il “popolo”, che poi era il frequentatore per eccellenza delle spiagge libere. Chi può pagare, infatti, non ha problemi.

L'ecologia – opina qualcuno – è un lusso per benestanti. Anche il “bonus” bici, infatti, non pare proprio popolarissimo. A parte che è riservato alle città grandi o capoluogo di provincia, ma, di fatto, sembra coprire solo il 60 per cento del prezzo della bici. Il 40 per cento ce lo metti tu. La quale bici tra l'altro, dovendo essere elettrica, presuppone un bel garage o un cortile riservato munito di presa per la ricarica.

Insomma, sembra fatto apposta per chi vive e lavora in centro, dove gli basta qualche chilometri per raggiungere i servizi. Se abiti in un alveare di periferia la vedo dura farti qualche ventina di chilometri in bici la mattina presto e la sera al buio per andare a lavorare. Ma quello, ancora una volta, è il “popolo”, che ci vuol fare.

Tornando alle spiagge, quindi: le si potrà almeno attaversare gratuitamente per farsi una passeggiata lungo la battigia, magari la mattina presto o la sera tardi quando non c'è nessuno?

lunedì 18 maggio 2020

Rischiano la chiusura le scuole paritarie?

ROSETO. È in corso in tutt'Italia la protesta delle scuole private paritarie. Si sentono abbandonate dal governo. Proprio ora che l'emergenza pone problemi con le rette, gli spazi, le sanificazioni. Questa mattina, nella trasmissione “Uno, nessuno 100Milian” di Radio24, è stata intervistata suor Monia Alfieri, tre lauree, docente di economia all'università Cattolica di Milano. Ha fornito alcuni dati. Lo Stato – ha detto – investe mediamente dagli 8 a 10 mila euro per ogni studente della scuola pubblica, mentre fornisce un contributo di circa 500 euro ad alunno alle scuole paritarie.

Ho pensato a Roseto. Noi abbiamo almeno un paio di scuole dell'infanzia paritarie, credo qualcuna gestita dalle suore ed altre con la collaborazione di valide realtà locali. Tra l'altro, mi si dice che siano gestite molto bene. Non conosco i numeri esatti, ma almeno 50-60 bambini, se non di più, frequentano le scuole paritarie rosetane.

Ora, facciamo un discorso pragmatico, non ideologico. Se queste realtà chiudono, è difficile che il Comune possa trovare delle alternative in termini di spazi, personale e quant'altro. Ma, ammesso, che il pubblico supplisca, stante le cifre elencate da Suor Monia, allo Stato sistemare 60 bambini nelle strutture pubbliche costerebbe circa 500 mila euro l'anno, contro meno di 50 mila che è il contributo alle paritarie. Allo Stato, cioè, conviene avere le paritarie.

Senza considerare i costi sociali sulle mamme, cioè sulle donne, le quali, non potendo più contare su queste scuole dovrebbero rimanere a casa e perdere di fatto trent'anni di conquiste sociali. Non stiamo parlando di famiglie ricche, che possono permettersi la baby-sitter, ma di donne normali che si troverebbero di fronte alla cruda prospettiva di perdere il lavoro.

Ecco, mentre da un lato la politica si nasconde dietro tecnocrazie e task-force, dall'altro ricaccia decisioni tutte ideologiche e prive di senso concreto. Ed i cittadini, purtroppo, ne pagano tutte le conseguenze.

Secondo me, a Roseto ci abbiamo rimesso 12 milioncini

ROSETO. Ieri pomeriggio, mentre aspettavo di ritirare un gelato da asporto, ho sentito una intervista radiofonica ad una signora che credo rappresentasse le agenzie matrimoniali. Parlava di perdite per 26 miliardi, dato che quasi tutti i matrimoni sono stati rimandati all'anno prossimo. Un giro d'affari enorme, raccontava la signora. Che riguarda agenzie, ristoranti, fotografi, fiorai, abiti da sposa e ovviamente fabbriche che lavorano per produrli.

Per ingannare l'attesa, mi sono messo a fantasticare sui numeri. Ho detto tra me e me: 26 miliardi ripartiti su 60 milioni di italiani, sommano un “Pil” di circa 430 euro a testa. Se la proporzione si mantenesse “chimicamente” perfetta, noi a Roseto, essendo 26 mila persone, avremmo perso a causa “matrimoniale”, quasi 12 milioni di “Pil” locale.

È chiara l'approsimazione del calcolo. Comunque il movimento generato dai matrimoni è davvero notevole. Se ci mettiamo anche cresime e comunioni, magari arriviamo ad una ventina di milioni in loco andati a carte quarantotto.

Personalmente non ho mai capito cosa ci sia da festeggiare per un matrimonio, visto che comunque lo considero una perdità di libertà, tuttavia devo ammettere che la gente ci tiene a spendere per “legarsi” in amore. Ovviamente, fossi un ristoratore non ragionerei così. Ma siccome resto un vecchio single mi consenta... avrebbe detto il Cavalier!

giovedì 14 maggio 2020

Il centro del riuso: una questione democratica

ROSETO. Terzo giovedì consecutivo di consiglio comunale. Questa volta, però, non in modalità mista, un po' collegati da casa ed un po' in Aula, ma con tutti i consiglieri in presenza fisica, seppur sparpagliati negli spazi ove un tempo sedeva il pubblico, per via della nota emergenza naturalmente.

Per discutere cosa? Anzitutto di alcuni punti rinviati due settimane fa: il centro di riuso dei rifiuti in zona “Fonte dell'Olmo” e il regolamento per la gestione della tassa di soggiorno. Due punti, tra l'altro, che se non si fossero discussi per nulla sarebbe stato meglio. Il centro dei rifiuti, infatti, è quanto di più sbagliato possa capitare nella zona dove vogliono piazzarlo. La tassa di soggiorno, quest'anno di fatto non vi sarà e quindi transeat.

Orbene, cosa si captava dalla discussione fino alle cinque del pomeriggio? Si percepiva che di questo centro del riuso tutti o quasi lodano l'idea, ma l'opposizione, in particolare Rosaria Ciancaione che in sostanza ha sollevato il problema, contesta la localizzazione. Ma, soprattutto, quello che si rimprovera all'amministrazione (i consiglieri Pavone e Recchiuti lo hanno fortemente sostenuto) è la mancanza di confronto con i residenti. La critica, vale a dire, instà su una questione democratica.

Che vuol dire questo? Significa che l'opposizione, più o meno riconducibile alla “destra” - eccetto Rosaria Ciancaione, che sta a sinistra-sinistra – accusa la maggioranza, più o meno riconducibile alla “sinistra”, di non ascoltare i cittadini; di non coinvolgerli; di non confrontarsi con loro; di non considerare le loro preoccupazioni e le loro esigenze.

Ecco, una accusa tipicamente di sinistra – se vogliamo divertirci a ragionare con le vecchie categorie – portata da destra. Del resto Pavone ha proprio detto di “essere di destra tra virgolette”, aggiungendo “io non mi sento di destra”. Ragioniamo un momento in astratto. Cosa coglie, forse senza volerlo, l'opposizione di un consiglio comunale di una città medio-piccola? Coglie un punto della politica di oggi, a tutti i livelli, dal nazionale al locale: l'essere paternalista; il considerare i cittadini degli scolaretti da indottrinare; il decidere per loro qual è il loro presunto bene.

Lo vediamo benissimo a scala romana proprio nella gestione della tragica emergenza che si sta vivendo. Lo vediamo ai livelli regionali. La politica cerca l'immagine, la propaganda, rincorre consenso. Il merito delle cose viene dopo. L'efficacia dei provvedimenti è del tutto secondaria. La loro reale applicazione, pura casualità.

Questo è lo stato della nostra politica oggi. Ma non è solo il sindaco e gli assessori di Roseto a volerlo. Lo fanno tutti. Anche se, bisogna dire, la prepotenza politica – ed a livello nazionale è chiarissimo – può essere esercitata meglio da governi che si definiscono di “sinistra”. Quando analogo comportamento viene da esponenti della destra, infatti, passa molto meno liscio. Il discorso, tuttavia, resta generale.

Così, cari cittadini che, giustamente, vi opponete al centro del riuso, a meno di intoppi e cavilli non politici che possono sempre capitare, è probabile che vi becchiate questo progetto senza se e senza ma. Perché lo vuole il buon assessore Nicola Petrini. Perché lo vuole l'amministrazione e la maggioranza. Perché così si è deciso. Perché non si torna indietro da decisioni sbagliate.

Appunto, è una questione democratica. Ma di una democrazia che non c'è più da un pezzo. La lamentela, anche a Roseto stasera, è venuta da “destra”. È proprio vero: “lu munne s'ar proprio votecato”, come si suol dir!

lunedì 11 maggio 2020

Il Camoscio di Aprati, l'ottimismo della volontà



Secondo me sono l'emblema della forza gentile. La forza delle donne. La forza delle donne delle aree interne. Delle zone montuose dell'Abruzzo. Lo “storico” distributore di carburanti (con prezzi concorrenzialissimi) ed annesso locale-bar-piccolo-commercio, “Il Camoscio” di Aprati di Crognaleto, ha riaperto i battenti. Seppur con le limitazioni dovute e la possibilità del solo asporto al momento.

Sono molto legato a questo piccolo esercizio commerciale di montagna, sulla vecchia statale 80 che conduce da L'Aquila a Teramo attraverso il passo delle “Capannelle”. Conosco Francesca Ceci e la sua famiglia, che lo gestiscono da sempre. Ho dei ricordi da bambino, negli anni '70, quando quella strada era la sola tra L'Aquila e Teramo prima del traforo del Gran Sasso. L'ho percorsa non so quante volte, con la neve e con il sole. Ed a primavera è stupenda.

Le sorelle Ceci e la loro famiglia hanno tenuto aperto anche subito dopo il sisma dell'Aquila del 2009, che ad Aprati si è sentito forte. Hanno alzato la saricinesca anche dopo il sisma di Amatrice del 2016, che ad Aprati si è sentito ancora più forte. Hanno superato l'isolamento del gennaio 2017 con la nevicata alta due metri, senza gas ed energia elettrica. Loro conoscono bene cosa significa “isolamento”. Ed oggi, eccole di nuovo dietro al bancone, con il sorriso e la gentilezza che sempre mi hanno colpito. Con la loro pacata, ma ferrea volontà di non abbandonare quei luoghi.

In quelle poche case sulla vecchia statale. Di fronte a quel ponte ad arco in cemento armato progettato dall'ingegner Stockel nel dopoguerra, simbolo anch'esso di forza e leggerezza, che ha resistito al sisma ed è stato recentemente restaurato dalla Provincia di Teramo. Di quel ponte, di quella storia, di quell'Italia della speranza e del lavoro del dopoguerra, il locale di Francesca Ceci reca le foto storiche. La loro è una restistenza cortese, di un Abruzzo nascosto. Una storia di donne (soprattutto di donne) il cui aspetto così grazioso cela un coraggio che non diresti. Una forza che capisci solo se capti certi segnali, se conosci talune origini, se cogli lo spirito del riscatto sociale.

Ecco, è bello vedere questo rinascere ancora. Con le preoccupazioni. Con quel momento di quasi incredulità che pensi di cogliere in una piega invisibile dello sguardo. È bello vedere il superare anche questa emergenza. Quella speranza nel cuore. Quell'ottimismo della volontà, che è stato il must di quegli anni Ottanta che segnarono un'altra rinascita.

Ho saputo che avevano riaperto. Ed oggi sono voluto andare a vedere. Mi hanno detto: “Ieri abbiamo avuto tanti appassionati della montagna, ciclisti, cercatori di funghi, ora che queste attività sono di nuovo possibili”. Gli ho chiesto: "Ci posso fare un post sul blog?" Un si, il loro, di chi non vuole apparire. Ma so che gli fa piacere leggere il blog di "Controaliseo". Auguri di cuore, “ragazze”. Quel caffè da asporto e quei bocconotti alla marmellata avevano un sapore diverso, sapevano di primavera.

venerdì 8 maggio 2020

Che sia sole o sia tempesta, Nicolino vince sempre!


ROSETO. E così il buon “Nicolino” rosetano (alias il simpaticissimo “socialista” di lungo corso, Nicola Di Marco) vota il bilancio e si riposizione dove di fatto è sempre stato: nella grande area di centro indistinto che da decenni fa e disfa la politica locale.

Del resto il virus ha cambiato tutto. Se fino a qualche mese fa la Giunta Di Girolamo non godeva di grande opinione popolare, adesso è tutto diverso. E non solo a Roseto, ovunque. Chi sta in sella, in fasi d'emergenza, acquista per ciò stesso popolarità. Se non altro perché la gente pensa a problemi ben più assillanti di quanto fossero le buche, la manutenzione, la lampadina e quant'altro in tempi di... pace.

L'opposizione stenta quindi a ritrovare la quadra. Deve riposizionarsi anch'essa e non sa come approcciarsi. Soltanto il tempo e l'andamento di questa maledetta epidemia dirà ove volgeranno le vele. Attualmente nulla è prevedibile. Se non che forse, come sempre (e più di sempre) saranno decisivi in politica gli ultimi mesi prima del voto, che a Roseto, se tutto andrà bene, sarà nella primavera dell'anno prossimo. Tutti gli scenari sono aperti, anche i più impensabili appena qualche settimana or sono.

Nessuno oggi sa di vincere. Ma di certo nemmeno di perdere. Su questo si accettano scommesse: moderate, ben s'intende! la solita tazzina di caffé alla macchinetta, di questi tempi il bene più prezioso che vi sia.

giovedì 7 maggio 2020

Non passa il rinvio del bilancio (però la mascherina al cioccolato può andar)

ROSETO. Si potrebbe pensare di istituzionalizzarlo. Ogni giovedì pomeriggio, ad una data ora, un bel consiglio comunale in teleconferenza. Come un appuntamento per il the, a beneficio di quei cittadini ancora semi-reclusi tra le mura domestiche. All'ora di ritardo prestabilita tutti lì, con gli smartphone sugli occhi, ad interpretare la mimica miniaturizzata dei consiglieri collegati da casa riflessa sul maxi-schermo dell'Aula un dì fisicamente consiliare.

È il secondo giovedì di seguito, difatti, che il consiglio rosetano si riunisce in modalità mista: un po' in sala ed un po' collegati. In Aula c'era anche Alessandro Recchiuti, consigliere di “FuturoIn-IlPunto”. Proprio l'associazione “Il Punto”, infatti, aveva chiesto di rinviare la discussione del bilancio di previsione, in calendario oggi. Cosa vuoi discutere il bilancio – aveva in sostanza osservato l'associazione – se l'emergenza in corso ha travolto tutto? Che volete che entri dalla tassa di soggiorno, ad esempio, se i turisti non verranno? Che senso ha mettere quella posta in bilancio? Prendiamoci una pausa di riflessione e cambiamo il documento economico, era la loro richiesta.

Bene, la proposta è stata messa ai voti ad inizio seduta. E non è passata. La maggioranza, infatti, ha fatto muro: il bilancio va approvato subito e poi lo cambiamo, hanno obiettato. Ma lo hanno detto con un breve dibattito che merita qualche cenno. È intervenuto per primo l'ex-sindaco Enio Pavone (“Roseto al centro”), al quale i capelli lunghi da quarantena, devo dire, donano un che di anglosassone. Ha parlato in favore della mozione di Recchiuti, temendo però che la maggioranza si sarebbe chiusa nel respingerla. Facile profeta, Simone Aloisi (Pd), seppur con toni ecumenici, ha chiuso. Il bilancio è un fatto tecnico – ha sostenuto Aloisi – se non l'approviamo abbiamo difficoltà nei pagamenti correnti e creiamo difficoltà ai fornitori dell'Ente. Quindi – ha insistito – ci conviene votarlo e poi cambiarlo appena sarà più chiaro il quadro normativo nazionale.

Sulla scia si sono inseriti Adriano De Luca (Civico di maggioranza), che ha addiritura paragonato la situazione odierna al Titanic e Salvatore Celestino, che essendo il capogruppo del Pd non si capisce perché sia dovuto intervenire per dichiarare in sostanza lo stesso orientamento esposto da Aloisi, che del Pd è tra l'altro il segretario cittadino. Insomma una dichiarazione di voto, quella di Salvatore, incomprensibile se non per dire che il capogruppo del Pd la pensa esattamente come il segretario del Pd però lo deve dire! Vabbé, valla a capire certa politica.

A favore della proposta di Recchiuti si è invece dichiarato Angelo Marcone (“Grande Roseto”). Alla fine però sono stati solo quattro i favorevoli al rinvio della discussione del bilancio contro dieci di maggioranza ed un astenuto (Mario Nugnes di “Casa Civica”). Nonostante poco prima lo stesso Recchiuti avesse avvertito: se non vi fosse la previsione di nuovi mutui si potrebbe anche approvare e poi variare il documento di bilancio, ma se facciamo un mutuo con che lo copriamo visto che le entrate sono di fatto solo teoriche?

In ogni modo, come detto, niente rinvio del bilancio. La maggioranza vota e procede. E mentre procede chi scrive spegne il computer, prende la bicicletta e va a comperare un gelato da asporto sul lungomare. Dopo una fila delirante, cerca di mangiarlo con la mascherina innestata in quarta, in omaggio alle ferree “regole” governative. Senonché, il bavaglio si trasforma tosto in “bavaglino” macchiandosi ben bene di cioccolato. Poco male: devo convenire che la mascherina al gelato di cioccolato si ciuca che è un piacere. Ehm, si può dire ciuca? Ma si dài, cosa vuoi che sia?

Gli artigiani vedono nero

La CNA (Confederazione nazionale artigiani) ha fatto un sondaggio. Ha preso 14 mila aziende italiane (di cui circa 150 abruzzesi) ed ha chiesto cosa prevedono. La maggior parte pensa di dimezzare gli incassi. Le imprese turistiche, non stimano di andare oltre un terzo di quello che guadagnavano prima. Male anche abbigliamento e commercio.

Si dirà: che volete, di fronte ad una tragedia come questa pensate ai soldi? Vero, ma c'è un ma. Quello che il sondaggio rivela non è una contestazione delle chiusure, quanto una critica all'operato del governo circa i provvedimenti economici. Finora si è vista una fantasmagorica politica degli annunci e assai pochi fatti.

La cassintegrazione è un calvario per i lavoratori. Le famore 600 euro per gli autonomi sono ferme a marzo. La cosiddetta liquidità si è impantanata nelle pastoie bancarie. La burocrazia, lungi dal ridursi, imperversa. Insomma, il pessimismo dilaga. Ed in una categoria, quella imprenditoriale, che di solito non manca di ottimismo. Di solito.

Caro Marsilio, la sanità non va per altri motivi

Ha ragione il governatore Marsilio quando dice che le forme della protesta contro le tasse-sanitarie viste in opera al consiglio regionale d...