mercoledì 12 luglio 2023

"Vedo simboli ovunque nei vuoti diffusi di significato"

ROSETO. Dunque, l'ultima versione – desumibile dalla lettura del pezzo del bravo Enrico Cipolletti su “Il Centro” di oggi – parrebbe attribuire definitivamente il merito del reperimento del piazzale polveroso (fangoso in caso di pioggia, si teme) all'ex-fornace “Catarra” all'assessore Gianni Mazzocchetti. Il sindaco quindi lo aveva solo videato in condominio per così dire con l'ideatore della soluzione, ovvero lo stesso assessore, ed il pro-sindaco addirittura rivendicato in ritardo con proprio video postato circa 36 ore dopo.

Vabbé, son dettagli. Importanti però, perché se uno deve tributare applausi, like e scappellamenti vari, che i video-social sembrano sollecitare altrimenti non si spiegherebbe il loro eccessivo uso, deve pur sapere dove indirizzarli senza sbagliare soggetto. Un dettaglio è anche che il suddetto piazzale sia stato prestato solo per l'estate, mentre lì, con una scuola ed un distretto medico vicino, forse avrebbe avuto più senso averlo tutto l'anno, naturalmente non con quel fondo in terra battuta.

Lasciate da parte queste minute circostanze, tuttavia, possiamo provare ad allargare un po' il discorso alla situazione di Roseto centro. Non sono considerazioni mie. Sono il frutto di quello che ascolto parlando con qualche persona che vive da quelle parti da sempre. Ed ha il problema di capire – come me del resto – cosa si vuol fare di questo pezzo di città.

E perché non si capisce? Perché ad esempio, se si sapesse cosa farne, quelle piante in piazza della Libertà non sarebbero messe così come son messe. Perché sono il sintomo che della stazione non si ha una visione. Perché se tu vuoi che la gente abbandoni le auto, non fai delle regole capestro che applichi in modo oppressivo, ma punti proprio sul parcheggio della stazione, lasci quello sì libero da balzelli e cerchi lì un punto di scambio.

Ancor più, se tu vuoi bene a Roseto, non mi apri un lembo di suolo grezzo a casaccio, ma ritrovi un posto per gli eventi culturali come è il Kursal a Giulanova o Villa Filiani a Pineto e com'era qui la Villa Comunale prima della sua sconsiderata chiusura. Perché guardate, il Premio Letterario e quello Cinematografico, il cui ruolo si è perso completamente, erano legati al centro di Roseto, se non proprio alla Villa. L'identità urbana era quella.

Prendo a prestito le parole di una carissima amica. Le faccio mie perché le sento davvero come una carezza: “...Ho tanta voglia di godermi serenamente quel che rimane della mia Roseto che fu, i suoi vecchietti e quella pace interiore che sapeva trasmettere a chi sapeva cercarla nelle vie del centro e sulle panchine che furono. A stento oggi i vecchietti rimasti trovano l'ombra. Hanno tagliato pure gli alberi della Villa. Vedo simboli ovunque nei vuoti diffusi di significati”.

Non credo vi sia bisogno di aggiungere altro. Se non una domanda: ma quelle istallazioni più o meno sintetiche che lo scorso anno poggiarono alla Villa al posto degli alberi e che reclamizzarono da par loro, dove sono finite?

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