sabato 29 febbraio 2020

Mi sono rotto le palle a sentir parlare del virus. Sono andato a Martinsicuro: al convegno sulle bici. Per umanitas bisogno


MARTINSICURO. Questa mattina sono andato a Martinsicuro. C'era un convegno sul cicloturismo, organizzato dalla Fiab (associazione di ciclisti), dal WWF, dal comune di Martinsicuro e dall'Ordine degli architetti di Teramo. Incontro animato, soprattutto, da Raffaele Di Marcello, presidente degli architetti teramani, appassionato di cicloturismo ed esperto del settore da tempi non sospetti.

Sono andato, anche, perché volevo ascoltare qualcosa di diverso. Che non fosse questa nauseante caccia alle streghe di questi giorni “virali”; questo maccartismo di ritorno; questo stranamore da pieni poteri sanitari; questa voglia di “arresti domiciliari” che non è, come dicono, frutto di ignoranza (viene per lo più da gente normalmente istruita), ma di comprensibilissima paura; di umana fifa blu di ammalarsi. Ed attenzione, non è che chi scrive sia coraggioso: tutt'altro. Semplicemente è che il sottoscritto – per scelta – non ha nessuno e non permette a nessuno, men che meno alla vita, di ricattare la sua libertà, che per me vale più della vita medesima.

Ed allora torniamo a Martinsicuro. A questo convegno ottimista sul futuro. Dove ambientalisti (ad esempio Dante Caserta, esponente del WWF), amministratori locali (ad esempio i sindaci di Pineto, Tortoreto e Martinsicuro); albergatori e rappresentanti di categoria, politici e tecnici (è venuto a salutare anche l'assessore regionale Mauro Febbo), si sono confrontati sui turisti in bici. Turisti per lo più benestanti, cui piace mangiar bene, che spendono belle cifrette.

Turisti, si è detto, che potrebbero contribuire a non far morire il commercio urbano e le vie delle città, ammesso che nel frattempo (questo lo aggiungo io) non ci sia riuscito il virus ed i provvedimenti conseguenti spesso assurdi. A patto, però, che gli amministratori pubblici non facciano le piste ciclabili e poi le abbandonino. A patto che inaugurazione faccia rima con manutenzione e non viceversa. A patto che non le facciano tanto per spendere soldi che si ritrovano ad esse destinati. Che non le facciano per moda o per slogan, oppure dove il territorio è proprio brutto e non ci va nessuno.

Le facciano insomma, come dice l'architetto Di Marcello, senza improvvisarsi “tutti esperti” ora che è facile. Le facciano con sale in zucca, tanto per usare un detto che si capisce. Magari utilizzando le strade secondarie poco frequentate che si prestano di per se, con l'aggiunta di una buona segnaletica ad oc. Le facciano “per le bici”, non come a Montesilvano – dice sempre Di Marcello – ove il nuovo ponte sul Saline è puramente veicolare con una stricetta ciclabile più stretta del normale. Tenendo presente che i 130 chilometri della “coast-to-coast” abruzzese, pensata ai tempi del governatore regionale Gianni Chiodi tra l'altro, un ciclista ben dotato la percorre in un giorno, due al massimo, quindi...

Le facciano, allora, queste benedette vie per bici, pensando un attimo alla bellezza. Prevedendole nei piani urbanistici, in modo che non si accavallino o si interrompano bruscamente. Le facciano bene, insomma. Come dire una speranza. Ma anche un sollievo. In questi giorni da fine del mondo; da notte della ragione; da atteggiamenti come se non vi sia un domani, sentir parlare di cicloturismo; esser insieme ad altri umani in una sala; è di per se una Terapia. L'uomo, malgrado certi atti di sindaci, governatori, premier vari, è un essere sociale: isolarlo vuol dir ammazzarlo, più e peggio di qualsiasi virus.

mercoledì 26 febbraio 2020

Sulla questione virus

A bocce di nuove ferme, la questione del coronavirus ci dovrà fa riflettere (ma non succederà, nessuno ci rifletterà) su quanto è facile perdere il diritto alla libertà. Non serve un colpo di stato: basta un virus un po' nuovo. E il governo ti può chiudere in casa con il consenso popolare. Non solo perdi la libertà. Ma vieni isolato socialmente. Quello che fino allora ti avevano indicato come un valore, cioè il rapporto socale, la vicinanza con l'altro, la vita di relazione, diventa indice di “vita insana”. Il modello che ti propongono è l'isolamento, la paura, la distanza con l'altro. Vieni limitato nel contatto fisico. Ed anche questo con il plauso del popolo. Ed attenzione, se ti dicono che “vita sana” vuol dire essere isolato, allora vale sempre, anche dopo, purtroppo.

Quando si parla di Costituzione, di Valori, di Antifascimo e amenità del genere, ricordatevi che valgono solo in tempi di pace; solo per chi sta bene in salute; solo se non ci sono virus anomali. L'unico antitodo, blando ma il solo, è l'economia; i soldi: se perdi soldi perdendo la libertà, forse un po' di giri di corda al guinzaglio te li allentano.

lunedì 24 febbraio 2020

Roseto politicamente conta zero. E la chiusura del casello lo dimostra

ROSETO. Vabbé che con il futuro che ci aspetta, magari le autostrade non ci servono. Se il governo ci dovesse ordinare di auto-imprigionarci tutti in casa – speriamo mai avvenga – a causa virologica, del casello autostradale non sapremo che farcene. Ma se la grazia del Cielo, prima di quella di qualche governante, dovesse lasciarci il guinzaglio un po' più lungo, allora un casello potrebbe tornare utile.

Ed a Roseto, dal 7 dicembre scorso, un casello intero non lo abbiamo. Così il consiglio comunale, su proposta dell'opposizione e soprattutto dell'ex-sindaco Enio Pavone, si è riunito in seduta-aperta per parlarne. E sembrerebbe che qualche buona notizia sia arrivata, tipo l'approvazione ministeriale del progetto per sostituire 80 (o forse 20) metri di guardrail, che poi è l'incredibile problema della storia. Approvazione che sarebbe guarda caso stata comunicata 1 ora e 40 minuti prima dell'inizio della seduta consiliare.

Fatto si è che in questa faccenda Roseto è tre volte sfortunato. Sfortunato perché ha un sindaco, Sabatino Di Girolamo del Pd, che non è culturalmente e politicamente attrezzato per una battaglia dura nei confronti del concessionario autostradale. Tant'è che in tutti gli incontri che ci sono stati è apparso sempre troppo assertivo e remissivo. Ma è il suo stile e non si ci può far nulla.

Sfortunata poi, Roseto, perché in questo momento non ha rappresentanti capaci di farsi davvero sentire né a livello regionale né parlamentare. Sfortunata infine perché la società autostrade è un colosso che non sta certo ad ascoltare un Comune medio-piccolo.

Se la cosa si risolve, dunque, sarà sempre una soluzione che ha impiegato troppo tempo ad arrivare. Ed ha evidenziato proprio questa debolezza di fondo della politica rosetana in questo momento. Politica divisa al suo interno e debole all'esterno. Priva di figure di spicco di qua come di là. Con solubili agganci regionali e nazionali. E quindi in balia delle onde; esposta come vele al vento. Affidiamoci alla benevolenza delle stelle, dunque. Sia in campo virale – la sorte ce ne preservi – sia in quello autostradale.

sabato 22 febbraio 2020

Dorina Di Marco porta in scena Fellini. Anteprima al Palazzo del Mare

 

ROSETO. E' stata soltanto l'anteprima. Un assaggio. Di uno spettacolo previsto per giugno. Dedicato a Fellini, nel centenario della nascita. Uno spettacolo raffinato, elegante, professionale. Come nello stile di Dorina Di Marco, danzatrice, attrice, coreografa e, soprattutto, anima della sua scuola d'arte con bambini dai tre anni in su.

Diceva Oscar Wilde: “Si può esistere senza Arte, ma senza Arte non si può vivere”. Una frase che Dorina Di Marco cita nel programma de “Le maschere di Fellini”, che è appunto il titolo di questo suo ultimo spettacolo, per la verità un po' erede di quello da lei proposto nel 2010 sempre a Roseto. Uno spettacolo con le sue piccole “farfalle” e “bambole”. Con le sue attrici (i nomi sono nell'immagine qui riprodotta). Con la poesia di Giovanna Ferri e le musiche di Livio Libbi.

Alla vigilia di Carnevale, nella sera rosetana del Palazzo del Mare, per l'occasione “arredato” da Dorina, un “amarcord” felliniano in piena regola. Con quell'atmosfera “adriatica” che in fondo altro non è che il retroterra della Roma felliniana, perfettamente parafrasata nei costumi e nei volti delle attrici. Un filo sottile tra sogno ed ironia. In sintesi una prova d'amore “...per chi come me vive nel mondo della danza e della musica...”. Parola di Dorina Di Marco, “per continuare a vivere e per condurre un esistenza appagante”.

E Dio solo sa, di questi tempi da vampiri, di quanto ce ne sia bisogno.

lunedì 17 febbraio 2020

L'Abruzzo: baronia con uso di cinghiali

Un anno dopo le elezioni regionali, colui che doveva essere il redentore del centro-sinistra abruzzese, il suo resuscitante, quel Giovanni Legnini venuto dalla Roma dei Palazzi, va via dalla Regione accompagnato dal bagaglio di un vistoso incarico governativo. E quelli che lo batterono, non per virtù politica propria, ma per selfie-salviniano ricevuto, vagano alla ricerca per i frammisti gruppi a caccia di nuovi equilibri di potere. Nel frattempo l'Abruzzo è sempre colonia, a volte con uso di cinghiali fin sulle spiagge.

In crisi le fabbriche di quello che fu un tentativo di industrializzazione statalizzata. In disfacimento le autostrade costruite a suon di investimenti pubblici. Una sudditanza sociale e culturale che porta i sindaci-Re delle monarchie assolute che sono i nostri Comuni medio-piccoli ad omaggiare come Dei caduti dall'olimpo mediocri governanti romani in visite fugaci. Un paesaggio politico decadente al pari di quello fisico, che ormai deifica solo inutili e costose piste cosiddette ciclabili.

L'Abruzzo è asservito a logiche di mercato che lo escludono ed a disegni politici romani che non lo considerano. C'è un mito soffocante e ossessivo del “merito”, che dovrebbe premiare ed invece allontana le giovani generazioni, sfruttate e mal pagate, che vivono solo grazie ai lasciti di un ieri che fu momentano affrancamento dalla povertà. Di ciò son tutti pienamente consci e tutti allo stesso modo inconsapevoli.

Resistono i piccoli feudi politici personali, le minute clientele locali, seppur sempre più scollati dal resto della società. Una macchina sterile che gira su se stessa senza produttività reale. L'Abruzzo è una cavia di laboratorio costretta a mordersi la coda in una collettivtà sempre più incattivita. Eravamo una baronia a viso aperto. Siamo diventati una baronia mascherata. Come si addice a questo tempo di carnevale. In cui tutti parlano così tanto pur non avendo nulla da dire.

venerdì 14 febbraio 2020

Ponte ciclabile sul Tordino: 14 mesi per trovare un tecnico per un semplice piano sicurezza!


GIULIANOVA. La cosa bella della richiesta di nuove piste e ponti ciclabili è che prescinde totalmente dalla constatazione dell'incapacità a mantenere pure quelli che ci sono. Si prenda il ponte in legno sul Tordino. Si sta rovinando tutto e quanto prima le cartoffie sulla sua manutenzione saranno più alte delle colonne che lo sostengono. È successo infatti che nel dicembre del 2018 si stabilì che, prima di fare i lavori di sistemazione, si sarebbe dovuto affidare una consulenza sulla sicurezza degli stessi. L'incarico, si disse, doveva esser dato al prezzo più economico per l'ente pubblico.

Senonché, nel frattempo, come sempre in Italia, la legge è cambiata. Ora basta chiedere tre preventivi e affidare la consulenza a quello più conveniente. Il Comune di Giulianova, responsabile della questione, ha allora invitato tre professionisti cui dovrà essere conferito questo benedetto.. Solo due hanno risposto, ed uno era sprovvisto di tutti i requisiti. Il Comune ha quindi scelto l'unico rimasto, che aveva offerto una riduzione di circa il 20 per cento. Si tratta, in ogni caso, di una prestazione professionale di circa 10 mila euro.

Dopo circa 14 mesi dal primo tentativo, dunque, si è trovato chi dovrebbe redigere questo piano per la sicurezza di lavori che sono tuttora al di là da venire. Ecco, continuiamo a chiedere nuove opere e poi ci mettiamo 14 mesi per scegliere qualcuno che dovrà progettare appena un minimo dettaglio burocratico e nemmeno i lavori? Ecco, fatevi la domanda e datevi una risposta, se potete.

mercoledì 12 febbraio 2020

"Pino io ti segherò... sei troppo bello per vivere"!

ROSETO. Ad una settimana dal vento che l'ha sottratta alla spiaggia (tra l'altro per colpa dello sconsiderato abbattimento del muretto a mare onde far largo alla pista ciclabile) la sabbia era ancora sulla strada. Non era più in esistenza, invece, l'ennesimo pino abbattuo a forza di “Ordinanze”. In circa tre anni, sono circa una dozzina (malcontati) i pini travolti dalla mannaia inesorabile della sega. Due caddero in via Colombo con atto n.222 del 2016; tre furono abbattuti sul lungomare Trento nel 2017 (ordinanza 371); uno in via Marina nel 2018; quattro tra Cologna e viale Roma nel 2019 ed uno con ordinanza di ieri in via Filippone. Nel frattempo, nessun di questi è stato sostituito da qualche nuovo albero. Una vecchia canzone, credo di Alberto Fortis, faceva così “Milano non trattarmi così... sei troppo fragile per vivere...”. Si potrebbe parafrasare: “Pino io ti segherò... sei troppo bello per vivere...”!

sabato 8 febbraio 2020

Nasce a Roseto un innovativo sistema di assistenza domiciliare per i malati oncologici

 

ROSETO. Parliamoci chiaro: un servizio così è da città medio-grande; da centro-nord del Paese. A Roseto – e con una piccola associazione – lo fai solo se 25 anni fa circa hai gettato un seme. Se per un quarto di secolo hai arato un campo. Se hai passione e competenza. Ed un certo modo di pensare alla vita, ai problemi sociali ed anche alla politica, se posso permettermi. Nasce da lì, da quel seme, da quel campo arato, “Rosa per la Vita”, una associazione che vuole occuparsi dell'assistenza domiciliare dei malati oncologici.

Ma attenzione: il modo di lavorare scelto dalle socie (tutte al femminile) di “Rosa per la Vita” è particolare. Loro operano in convenzione con la ASL di Teramo. E vanno a coprire, seppur sperimentalmente per sei mesi, una fase dell'assistenza che è fuori dagli usuali interventi della ASL. O perché si tratta di malati che sono seguiti da altre strutture o perché sono in uno stadio della malattia né troppo precoce né troppo avanzato. Per questo hanno voluto un oncologo, tra l'altro molto giovane, il dottor Davide Brocco ed una infermiera, Paola Di Gialleonardo.

Ora, detto così significa ancora poco. Per capire, fate mente locale ad una cosa. Pensate a coloro che sono colpiti dalla malattia. Molti di noi ne hanno o ne hanno avuto purtroppo esperienza. Chi scrive ne ha avuto prova. Ebbene, si è fragili. La sofferenza rende esposti. La sofferenza, per me, dovrebbe essere cancellata dalla faccia della terra. La trovo criminogena. E se si è soli è peggio. Ecco allora che una mano, un aiuto, un appoggio, qualcuno su cui contare può tornare utile. Specie se è un aiuto qualificato; un aiuto medico; un aiuto infermieristico; un aiuto sensibile sul piano umano. Qui c'è il ruolo di “Rosa per la Vita”, al punto.

Lo affermo perché ho la fortuna di conoscere personalmente alcune delle protagoniste di questa associazione (sono tutte nella foto). Protagoniste al femminile dicevo, perché anche questa storia rosetana è donna. Di loro, di qualcuna di loro in particolare, mi sento tra l'altro molto amico. So come la pensa su questi argomenti. Conosco la sua filosofia operativa. E di lei – di loro - mi fido. È la mia opionione, naturalmente.

Perché qui la fiducia gioca un ruolo importante. L'associazione, infatti, parte da una donazione, da un lascito, come si dice. E raccoglie fondi assolutamente volontari in città. Fondi che poi vengono “girati” alla ASL per remunerare l'equipe medica. L'obiettivo, infatti, è non fermarsi a sei mesi, ma rendere stabile il servizio e magari espanderlo al territorio. Perché questa, come ha detto il dottor Giandomenico Pinto, dirigente del distretto sanitario rosetano, è davvero “medicina del territorio”. Ed è anche “medicina integrativa”, che non collide, come detto, con il servizio pubblico ma lo espande a settori da esso non raggiunti.

Ecco allora i nomi di “Rosa per la vita” presenti questa mattina in conferenza stampa: Raffaella Marini (presidente), Raffaella D'Elpidio, Maria Cristina Marini, Emma Furia e Teresa Ginoble (presidente consiglio comunale di Roseto). E qui so di attirarmi delle antipatie politiche, ma non me ne importa un accidente: Teresa Ginoble è una che ha saputo tradurre il sociale nella politica di un ente locale. Ed ha saputo coinvolgere. Nel bene e nel male, naturalmente: questo sta alle opinioni. Dietro alcuni di questi nomi, chi è di Roseto, legge una storia. Ed una storia che parla del carattere di una comunità, o almeno di una parte non lieve di essa.

sabato 1 febbraio 2020

Roseto. Bologna. Sport per la vita. E uno splendido asilo nido

 

ROSETO. Quest'anno il Galà di pattinaggio “Sport per la Vita” (in programma alle 20.30 di questa sera al Palasport) ha avuto un prologo pomeridiano. Un prologo speciale. Che ha visto per teatro l'asilo nido comunale “Mariele Ventre”.

Questa graziosa struttura per bambini è stata infatti intitolata nel 1998 alla celebre direttrice del Piccolo Coro dell'Antoniano di Bologna. Chi di noi ha superato gli “anta” ricorderà benissimo “Lo zecchino d'oro”, una trasmissione Rai che aveva per protagonisti i bambini. La musicista che dirigeva quel Coro era Mariele Ventre: un mito nel mito.

Ebbene, tra Roseto e Bologna; tra Roseto e la famiglia di Mariele Ventre, c'è un antico legame. Un rapporto fatto di visite; scambi culturali; espressioni artistiche comuni grazie anche alle scuole rosetane. In virtù di tanta intesa questa sera “Sport per la Vita” premierà con la “Rosa d'argento” una storia interpretata da Matilda De Angelis e diretta da Ambrogio Lo Giudice: “I ragazzi dello zecchino d'oro”. Di quei ragazzi, infatti, il regista Lo Giudice fece parte nel '67-'68. Quando in ogni canzone c'era un messaggio d'amore e solidarietà. Quando i “44 gatti con il resto di due”, famoso titolo di un brano, non volevano lasciare indietro il “resto di due”: non volevano escludere nessuno. Un messaggio fortissimo e attualissimo, che aveva un retroterra “di senso” anche nella cultura sociale della cristianità emiliana e non solo.

Ed è proprio partendo da quel mondo lì, da quella storia che è anche rosetana per molti versi; dal mondo della scuola primaria, in particolare la “Schiazza” di via Veronese, è nata l'iniziativa di far visitare alla signora Maria Antonietta Ventre, sorella di Mariele, accompagnata da Lidia De Biase, l'asilo di via Manzoni. Iniziativa che ha visto partecipe ed entusiasta l'assessora comunale al sociale, Luciana Di Barolomeo.

Naturalmente le collaboratrici e le educatrici del nido rosetano hanno fatto un figurone. Si sono prese complimenti a raffica dalle ospiti. Per come mantengono questa struttura: una “bomboniera”, se si può dire. Sono intervenute tutte fuori dall'orario di lavoro, ed hanno preparato anche un raffinato buffet a base di dolci fatti in casa. E lì capisci quello che significa non “il” nido, ma il prolungamento della famiglia. Lì ti ritorna la dimensione della piccola città, a misura d'uomo, anzi di bambino. Lì vedi quello che va oltre il mero dovere.

Lì vedi, allora, che non c'è separazione tra l'educatrice, la signora che si occupa della logistica, l'insegnante della “Schiazza” (mia amica che non vuole essere citata) e la stessa assessora comunale Di Bartolomeo. Lì capisci che qui, qui a Roseto, non puoi trattare la “politica” (tra virgolette) secondo i canoni generali. C'è un qualcosa di più: c'è l'amicizia, il voler far bene, la passione se posso dire.

È per me sempre un piacere essere messo a conoscenza di queste iniziative. Perché da lì suppongo (con molta supponenza) di poter leggere un pezzetto di società. Di carpirne un dettaglio curato. Di entrare in empatia con il lato umano. Mi produce sempre tanta curiosità. E mi interroga. Per dieci minuti dopo mi fa sentire appagato: come se avessi scoperto un pezzetto di una realtà in cui mi pare di scorgere una positività di fondo: forse quella positività che fa andare avanti le cose, nonostante tutto.

Così cito davvero volentieri l'unica maestra comunale ancora in servizio, Gabriella Sbrolla e le educatrici Tiziana Valenti, Alessia Rubini e Altea Quatraccioni (spero di aver ricordato bene i nomi, altrimenti mi perdonerete), che credo lavorino con la cooperativa “I Girasoli”. Non cito la mia cara amica, che comunque è nella foto e tutti possono riconoscerla. Davvero complimenti a tutti. Anzi, dovrei dire a tutte, perché molto del vanto rosetano è donna. Ma qui si aprirebbe un altro capitolo della storia.