Innanzitutto, dice il Tar, l'ampliamento deve essere l'eccezione e non la regola. Deve riguardare aree degradate e non – come nel nostro caso – un pregiato lungomare. E non può essere lasciata alla mera discrezionalità degli uffici comunali.
Sembrano considerazioni di buon senso, che tuttavia gli amministratori locali tranquillamente ignorano. Con la conseguenza di cambiare anche la socialità della città. Essendo infatti l'edilizia che va a sostituire l'esistente generalmente destinata ad una clientela facoltosa (visti i prezzi al metro quadrato), essa di fatto svuota il centro cittadino non solo dei ceti popolari, ma anche della cosiddetta classe media, costretta a spostarsi in periferia se vuole trovare case a prezzi un po' più accessibili.
La conseguenza è
che, specie in comuni balneari, le nuove case di lusso verranno
abitate solo in estate, essendo i proprietari spesso forestieri
benestanti. In inverno cosa succederà? Le piccole attività di
vicinato saranno soltanto estive? Chi frequenterà quei luoghi nelle
sere autunnali ed invernali? Facile la risposta, purtroppo.
“Ecco come muore una città”, titolava Italia Nostra in un bollettino di una decina d'anni fa dedicato ad altre situazioni. Aggiungerei, con il consenso degli amministratori ed il consenso degli elettori agli amministratori stessi, che per queste belle colate di cemento riceveranno senz'altro più voti. Cemento e asfalto, infatti, insieme ad una politica che nella esemplare vicenda storica italica passa sotto il nome di “clientelismo”, costituiscono una granitica garanzia di rielezione.
Nessun commento:
Posta un commento