venerdì 8 dicembre 2023

Come non cambia un Paese

Osservo Giorgia Meloni in Tv. A suo agio nei salotti diplomatici. E mi chiedo se non sia veramente il capo di governo ideale di un Paese conformista e mezzo bigotto come il nostro. Di un Paese che non cambia mai né vuole cambiare. Che si adatta ai mutamenti subendoli. Di un Paese dove un underdog, appena può, diventa subito un overstatement (cioè esagerato).

Fa sorridere Carlo Calenda, leader di un partitino minuscolo di nome “Azione”, quando critica “Giorgia”. Lui che voleva il Draghi-bis attacca un governo che pare un Renzi-bis, o piuttosto un Draghi-quater. Né potrebbe essere diverso. Perché così sarebbe anche un governo alla Elly Schlein o – gli dei ce ne preservino – un Conte-uno-due o vatteloapesca il numero.

Perché noi siamo il Paese dove i reggitori di pubblici-poteri elettivi, o aspiranti tali, si presentano nelle fiere culinarie e si fanno fotografare con il cibo tra le mani senza timore di dare una cattiva impressione, anzi pensando al contrario di acchiappare consensi.

Siamo il Paese dove nelle periferie delle orbite spazio-virtuali della politica, basta un vice-qualcosa o un vice-qualcuno, che magari passa il tempo ad auto-video-clip-parsi con questi congegni hi-teck, cercando di trasformare in evento anche una spalata di torba cavata da un tombino o l'inaugurazione di quattro panchine messe alla rinfusa, in questo secondo caso bendicente naturalmente anche la local-Chiesa.

Siamo il Paese dove alla tutela della vista mare basta la rimozione di qualche chiosco-semi-mobile (per carità, ben venga) a fronte di migliaia di metri-cubi di edifici in muratura o di cemento armato piantati nella sabbia con tanto di bollo di legittimità in onore a sedicenti piani d'arenile.

Questo siamo e questo saremo. Per la fortuna delle Giorgie romane e dei più o meno Ànghelos novus (nel senso greco) della politica alle più basse latitudini.

Buon week-end!

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