Di diverso c'è la colpevolizzazione. Incessante. Proposta soprattutto dai social: colpa nostra... siamo stati noi. Di fronte alla furia aliena e feroce di una natura imbizzarrita, la colpa è nostra. Anche se noi personalmente non abbiamo magari costruito nemmeno un metro quadrato. Anche se molti di noi, puta caso, si sono fidati di chi diceva di governare (specie in quelle aree) in nome di principi di alta sostenibilità, profondo rispetto, sentito ambientalismo. Tra parentesi: o non era vero, oppure quei principi non funzionano, quantomeno non bastano.
Dunque colpa nostra. Di noi che guardiamo sgomenti le immagini TV. Siamo messi sul banco degli imputati con alcuna responsabilità personale. Ma siccome, nella realtà vera, non possiamo far nulla, anche vi fosse un pentimento collettivo, cosa cambierebbe? Se ormai la natura è compromessa, cosa facciamo? Demoliamo mezze città? Radiamo al suolo intere aree industriali? Spegniamo tutti i motori ed andiamo sempre e solo i bici? Blocchiamo anche camion, treni veloci e tutto il resto?
È più probabile organizzeremo tosto grandi celebrazioni di ricorrenza. Metteremo in scena grandiosi spettacoli. Daremo vita a rappresentazioni idilliache e letterarie. Con la “cultura” noi siam forti: si sa. Intanto ricostruiremo case e fabbriche “dov'erano e com'erano”, anzi più grosse. Tra un'alluvione e l'altra, una celebrazione e la successiva, dovrebbero tener sù.
E poi diremo: colpa nostra. Sempre. Ma nostra di chi, se è lecito domandar?
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