giovedì 5 gennaio 2023

Quando la politica è compiacimento

ROSETO. La particolarità del fare politica in provincia, nelle piccole realtà, è che sono tutti amici o parenti. È difficile pure scriverne. In una grande città la mattina non incontri il politico di cui hai parlato, qui è capace trovartelo davanti mentre prendi un caffé. Se non lui, un suo parente, un suo amico, un suo fans. Allora, se non hai proprio un obbligo professionale, chi te lo fa fare a dire? Tenendo anche conto che il dire, lo scrivere, il post(are), non cambia niente ed è praticamente inutile se non quale sciocca soddisfazione personale.

E' un fatto, ad esempio, che persone che sostengono l'attuale amministrazione civica, che magari si sono anche candidate nelle sue liste elettorali oppure ricoprono incarichi politici su sua designazione, sono o sono state protagoniste di realtà associative o organizzazioni civili che beneficiano di contributi o sovvenzioni decise dalla medesima amministrazione.

E' un bene o un male? Non lo so. È un fatto, semplicemente oggettivo. Ed è una conseguenza di quanto si diceva all'inizio: l'essere tutti più o meno amici o parenti.

Ora, quando queste persone esprimono opinioni, o peggio dovessero pontificare, magari sui social, bisognerebbe tener conto che quelle opinione risentono, come è naturale che sia, dell'amicizia, delle aspettative e degli interessi personali ancorché legittimi. Occorrerebbe tenerlo bene a mente, in nome della realtà vera dei fatti. Ma è difficile.

Sovveniva questa peculiarità della provincia italica, leggendo delle polemiche sulla commissione per la concessione dei contributi municipali qui a Roseto. Al di là del merito, v'è un presupposto: le commissioni, i consigli, i comitati istituzionali, gli onnipresenti “Tavoli” eccetera; ovvero gli organismi più o meno formali della cosiddetta “democrazia”, risentono gioco forza della piccola realtà di cui si cennava avanti. Formalmente stanno in piedi, ma di fatto, nella sostanza materiale della politica, non hanno alcun significato, né potrebbero averlo. Oltrettutto, alla gente comune non importa un accidente di queste commissioni, comitati o come si chiamano e nemmeno dei contributi, i quali semmai possono suscitare l'attenzione solo degli interessati, come è normale tra l'altro.

Sarebbe tutto più chiaro allora se non esistessero proprio tali commissioni o al limite fossero composte solo dalle maggioranze di turno. L'opposizione, se proprio dev'esserci (ma nessuno dice che dev'esserci per forza) dovrebbe svolgersi fuori di loro. Meglio ancora non vi fosse per niente una opposizione. Tu eleggi un sindaco? Lui fa quello che vuole per cinque, dieci anni e poi fa quello che vuole colui che viene appresso e quello che verrà ancora dopo. Sarebbe tutto enormemente più chiaro.

Perché tu, in fondo in fondo, eleggi un sindaco, un consigliere, un deputato o quel che vuoi sì per amministrare un ente pubblico, ma soprattutto affinché sia soddisfatto lui, sia contento lui del raggiunto status. Lo eleggi perché lui (o lei fa lo stesso) possano ritenersi appagati nelle loro aspirazioni o ambizioni; possano somministrare sermoni; possano “comunicare” (come amano dire) e ricevere applausi. Insomma, possano sentirsi un gradino sopra gli altri.

Suvvia, ammettiamolo: la missione della politica, soprattutto alle scale locali, è il compiacimento verso sé stessi di coloro che ne sono parte. Tutto il resto è solo un modo di dire.

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