domenica 3 luglio 2022

Sua maestà la Palazzina

ROSETO. Sembra la palazzina ad appartamenti fronte mare o giù di lì, la punta di diamante della politica urbanistica rosetana del XXI° secolo. Un po' come nel XX° di secolo, salvo che quello aveva lasciato qualche albergo in centro ed un po' di vuoti qua e là, mentre questo non ci pensa nemmeno. Anzi, ha già occupato con una linea continua di costruito, per comodità chiamato chalet-balneari, tutta la striscia di spiaggia ben oltre ciò che un tempo era il lungomare.

Così, presto altri due ex-alberghi del tratto principale della paasseggiata a mare cadranno a vantaggio di mastodontiche palazzine residenziali. E non è questione dell'ultima amministrazione comunale, ma di un filo rosso (rosso-mattone) che viene da lontano e va lontanissimo nel tempo. Semmai v'è solo continuità assoluta degli attuali reggitori del potere civico con i loro predecessori, chi più chi meno tutti propesi verso il medesimo modello.

Si diceva allora dei vuoti lasciati dal Novecento. È prossima la cancellazione, pare, di uno di questi residuato sul lato nord della riviera rosetana, sì che il “muro” di edilizia ininterrotta dovrebbe congiungersi a chiusura massiccia della vista. Vista peraltro già tranquillamente alterata nella prospettiva fin sul vialetto di accesso alla Villa comunale, che pur dovrebbe esser indirettamente tutelato dai vincoli paesistici.

Bisognerebbe raccontarla dall'inizio, la storia della Villa comunale di Roseto. Da quel 1974, quando una politica leggermente più lungimirante, per 200 milioni di lire di allora (circa 1,5 milioni di euro di oggi) volle riscattarla all'uso pubblico. Un'operazione “democratica” come usava all'epoca, quando una dimora privata, di stile aristocratico, veniva convertita all'uso pubblico. Da allora le alterne vicende di quell'edificio essenzialmente neo-classico, hanno visto l'apice nelle serate dedicate al 150° compleanno di Roseto, nel 2010. Il giardino toccò allora la sua massima magnificenza.

Senonché, nel 2016, un discutibile tentativo di restauro di fatto trasformava la Villa in un cantiere perenne per sei anni. Chiusa al pubblico. Il giardino devastato. Non è dunque per demerito del sindaco attuale, Mario Nugnes, che il vialetto d'ingresso ha perso la “quinta” alberata laterale, soprattutto lato nord. E ne ha snaturato la prospettiva. Toccherebbe invece a Nugnes far ripiantare quegli alberi, che tra l'altro si contano sulle dita di una mano, ma sono importantissimi sul piano culturale.

Come si accennava in altro post di questo blog, è essenziale ripristinare il rapporto consolidato tra la Nazionale e la facciata della Villa. Soprattutto se si vuole “segnare” visivamente, oltreché in senso paesistico ed architettonico, un legame con la dirimpettaia Arena Quattro Palme e poi tra questa, attraverso le aree dismesse della ferrovia, con la pinetina Celommi e quindi il mare. Ritessere quel rapporto darebbe un nuovo articolato affaccio al mare a tutta la città.

Ecco, l'affaccio al mare. Di una cittadina di mare che di fatto, con file successive di palazzine e chalet-balneari, lo sposta sempre più in là quell'affaccio, fin quasi sul confine dell'acqua. Per un domani magari superarlo ancora a mezzo di palafitte. Come nel neolitico insomma, quando ci si rifugiava sul mare per tener lontane le fiere. Ora si tien lontana un'altra cosa: la possibilità di beneficiare della vista del mare oltre la “prima fila”. Come dire, una cultura un po' gerarchica e diversamente classista, tipica peraltro dei correnti tempi che viviamo.

Come dir allora: buona domenica, va!

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