Mentre gli elettori erano quindi distratti dalle mille parole (inutili) della campagna elettorale, in realtà la politica che conta si dedicava alla concretezza della materia che tratta fin dalla notte dei tempi: il Potere allo stato puro.
Ora, come spiegare la parola Potere ad un lettore comune? Si potrebbe ricorrere, in termini giornalistici, a paragoni storici, che prescindono dal caso di specie. La storia politica italiana soprattutto, dice che occuparsi di enti che amministrano molto denaro pubblico, decidono contributi, affidano incarichi, danno lavoro e così via; quella storia appunto conferma che i gruppi che controllano in senso politico tali contesti in genere godono di maggiore consenso tra la gente. Acchiappano, insomma, più voti.
E ancora vero? In parte si. Ma non come nel passato. Perché? Per una semplice legge del mercato (politico): l'offerta a disposizione dei “clienti” (elettori) è infatti ormai inferiore alla domanda. Alla domanda cioè di lavoro, aiuti, sovvenzioni, eccetera. Non solo, ma la quantità di sprechi che una politica siffatta comporta, non compensa più la richiesta. Di qui bilanci da risanare e quant'altro.
Sapete allora qual è il bello? È che quei bilanci, adesso, dovranno essere votati proprio dai giovani di belle speranze che si sono presentati agli elettori con parole al miele. Perché certo sapranno, i solerti civici entrati in municipio con tanto di scoppiettar di petardi – tra l'altro pare esplosi a loro insaputa – che la Ruzzo è una partecipata del Comune. Avete idea cosa voglia dire? Significa che il bilancio del Comune in qualche modo contiene anche parte di quello del Ruzzo. Bilancio che tali giovani – ci si potrà scommettere – voteranno felici e contenti. Si spera questa volta non a loro insaputa come per i petardi artificiali di cui innanzi.
Com'è che recitava il detto? Il bello deve ancora venire, par facesse!
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