venerdì 4 giugno 2021

Senologia di Ortona, ovvero quando devi lottare contro la malattia e contro le decisioni assurde

PESCARA. Mi domando perché. Perché donne che devono affrontare fasi della vita durissime, come il tumore al seno, devono poi anche lottare per salvare la struttura sanitaria che le ha operate, nel caso l'ospedale di Ortona. Perché in Italia, in specie in Abruzzo, non basta lottare contro la malattia, contro il dolore, contro la sofferenza beffarda: devi anche fare le lotte civili. Perché il reparto d'eccellenza dove ti sei operata e curata è sempre sull'orlo del depotenziamento, di fatto quando non di diritto. Perché il tuo percorso di cura (che io chiamo via crucis) è sempre legato ad un chirurgo che va via, ad un pensionamento, ad una decisione politica. Per cui non sai se inizi e, in mezzo all'opera, magari devi fare la valigetta della speranza verso il nord.

Mi chiedo se coloro che poggiano la parte posteriore del corpo sulle comode poltrone in pelle del potere – chiunque siano e di qualsiasi parte – conoscano che significa avere degli “espansori” infilati dentro i muscoli del petto. Oppure se gliene freghi più di tanto.

Mi chiedo se costoro, dalle cui decisioni dipende la salute di tutti noi, sappiano che significa affrontare uno, due, tre, quattro, enne interventi chirurgici in pochi anni per cercare di ricostruire ciò che la malattia ha tolto. Oppure se gliene freghi qualcosa.

Mi chiedo se abbiano mai visto una donna soffrire come nessuno, se non come una donna e poi riprendersi, tornare a sorridere alla vita, all'amore in certi casi; cioè nei casi in cui mariti o compagni non definibili non le abbiano mollate dopo la malattia, perché anche questo capita, purtroppo. Oppure se gliene freghi qualcosa.

Questo mi chiedevo (ed anche altro che non posso scrivere senza conseguenze) questa mattina a Pescara davanti al lido Plinius, quando la signora Patrizia Cicconetti ed altre donne (foto), hanno annunciato l'ennesima battaglia per difendere la senologia dell'ospedale di Ortona.

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