venerdì 30 aprile 2021

La riserva o è cemento o non è



ROSETO. Mettiamola giù piatta: se dopo 16 anni la Riserva del Borsacchio non ha ancora un piano d'assetto, è perché non si è mai voluto affrontare il nodo “cemento”, cioè quello dei metri cubi, ovvero del mattone. Perché una Riserva così vicina al mare ed ai centri urbani, altro non è se non una... riserva appunto, di terreni edificabili a futura speranza. Che poi gli emendamenti in tal senso arrivino da un partito cosiddetto di sinistra (il Pd) e da un suo capogruppo (Salvatore Celestino) che cominciò a far politica nei Verdi, è semplicemente un dettaglio irrilevante.

La Riserva, quando ha dato ombra al cemento, si è sempre dovuta fare da parte. Al di là delle buone intenzioni di Marco Borgatti, che ne propugna da anni una gestione ambientalistica, peraltro pubblicamente appellandosi un giorno si e l'altro pure, affinché gliela concedano, a quelle forze politiche della sinistra alle quali lo stesso Borgatti storicamente fa riferimento. È facile tuttavia pronosticare che, qualora non si dovesse raggiungere l'intesa politica, anche questa volta si userà l'italianissimo metodo del rinvio. E naturalmente si cercherà di mascherarlo dietro un mare di chiacchiere, tutte fintamente ispirate ai massimi sistemi ai quali non crede nessuno.

La realtà è un'altra. Se ci fai un piano urbanistico significa che vuoi costruirci dentro, altrimenti la lasci così come sta. Perché il piano della Riserva, se non hai intenzione di metter mano alla cazzuola, non ti serve proprio. Un piano tra l'altro, che da solo va alle calende greche. Visto che, ove mai il consiglio comunale lo adottasse, dovrebbe poi passare al vaglio delle osservazioni e quindi al Consiglio regionale, cui spetta di approvarlo se del caso. Come dire, campa cavallo. E camperebbe pure la Riserva, se si evitasse di rompere continuamente le uova nel... nido! 

Nel nido del Fratino, beninteso!

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