mercoledì 30 dicembre 2020

Scommetto mezzo caffé che sulle luci si son dati la zappa sui piedi

consiglio comunale questa sera a Roseto

ROSETO. Funziona a salti il collegamento che dovrebbe assicurare la compresenza in consiglio tra chi è in aula e chi in remoto. Un po' come il black-out che si lamenta causa pioggia in zona "Voltarrosto", la cui soluzione l'assessore Petrini affida al project delle luci.

Il quale project, si deve dire, finora illumina pochissimo, nel senso che i lampioni sono così fiochi che la sera sulla Nazionale si procede a tentoni. E qui sarebbe da capire se il Comune non ha fatto con le luci come alla Villa con i lavori. Alla Villa, infatti, è riuscito a collezionare progetti e varianti ai progetti che lui stesso Ente Comune ha poi ritenuto produttivi solo di sospensioni del cantiere.

Ecco, ci sarebbe allora da vedere nelle carte (i consiglieri possono farlo) se si è almeno riservato la possibilità di pretendere l'uso di lampade di potenza illuminante conformante, oppure (come è probabile) si sia privato anche di questa minima possibilità di controllo. In tal caso, probabilissimo si diceva, per dodici anni portiamoci dietro una pila tascabile, magari a led, quando ci faranno di nuovo uscire di casa la sera, se non vogliamo camminare al buio.

Anche perché, al buio le buche non si vedono, tranne quelle sulla pista ciclabile, che sempre il buon Petrini attribuisce a fortuiti incidenti in via di risoluzione. Intanto il Sindaco annuncia grandi festeggiamenti per i prossimi appuntamenti culturali estivi, quando finalmente si potrà (forse) festeggiare e quando magari ci sarà una nuova amministrazione. Eventualità, quest'ultima, con molti punti interrogativi, visto l'andamento pandemico forse causa di rinvii elettorali.

In ogni caso, la politica locale, da quanto si legge nelle cronache, si sta molto attrezzando per la prossima campagna elettorale. Sarebbero alle viste notevoli candidature, di qua come di là, ove il di qua come di là sta per quel che trenta-quarant'anni or sono identificava “destra” o “sinistra” mentre oggi, non solo a Roseto ovvio, quando va bene ricorda appena la mitica canzone del grande Giorgio Gaber, “Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra, destra... sinistra... destra... sinistra...” e così via ritmando.

lunedì 28 dicembre 2020

"Lo fanno per me..."

La signora, molto anziana, spinge a fatica la bicicletta sulla salita del sottopasso. Mascherina sul volto. Cappuccio in testa. “Signora, posso darle una mano, va pure controvento, piove...” “No, grazie figliu me', so' abituata”. Però si ferma, forse vuole parlare un po'. Chiedo: “Ma perché non sta a casa, è pure zona rossa!”. “E che vado a fa' a casa? I nipoti non possono venire: glielo hanno vietato. Hanno detto che lo fanno per me; ma io... io so' sola, so' vecchia... pe' me, mah...!”

Scusi se insisto, ma non ha la Tv, un telefonino?”. “Si, ma il telefonino è troppo piccolo: me' cieca. La televisione? Me so stufata a guarda' quelli che stanno a' approva' la finanziaria. Che si rinfacciano tra loro la parola mance. Pure l'opposizione, hanno detto, ha partecipato. Gli avrebbero lasciato 2 dei 40 miliardi in ballo. Le solite clientele elettorali...”

Ah, ma lei si interessa di politica?” “No, io cucino, ma pure quelli in Tv stanno sempre a cucinà e a magna', a' magnà e a cucina'. Sembrano peggio della politica...”

Intanto siamo arrivati a capo della salita. La signora risale in bici. “Buon Natale, giovinò!” “Buon natale, signora, auguri!”. Passa una ragazza. Tuta firmata. Andatura da sportiva. Non ci si (…) nemmeno con uno sguardo.

domenica 27 dicembre 2020

Quella voglia matta di carota e bastone

Les gendarmes hanno sentinellato a palmo il territorio per assicurare il Governo che i sudditi eseguivano alla perfezione l'ordine di rinchiudersi in casa. Magari per consumare le circa 200 euro a testa che le statistiche garantiscono sborsate onde tener da parte le cibarie festaiole. Del resto questo Paese ama gli estremi: o non esce nemmeno a far fare pipì al cane oppure esce tutto e si ammucchia manco non ci fosse un domani. Le mezze misure non vanno di moda.

Al di là del terribile virus e delle relative necessarie chiusure, tuttavia, è stupefacente la voglia del Paese di essere messo sotto controllo. Non solo per la pandemia. C'è proprio una frenesia di venir custoditi. Vale anche per le telecamere in ogni dove, compreso i semafori. La gente le vuole. Ambisce ad avere un militare (fisico o elettronico) ad ogni angolo. C'è proprio una voglia di autoritarismo espressa.

Il bello è che tutto questo annulla totalmente i propri freni inibtori. Non è che uno non si assembra per paura di ammalarsi e far ammalare, cioè per autonoma scelta, ma perché glielo impone il Governo. Difatti, quando il governo dice di uscire, si esce. È proprio il desiderio della “regola”, a prescindere se sia giusta o sbagliata: l'importante è che ci sia una regola da osservare. Una voglia matta di carota e bastone.

Spaventoso, si direbbe.

venerdì 25 dicembre 2020

Quell'amore e quell'affetto che non c'è

E così venne Natale. Che poi era un venerdì. Ed ancor non si conosceva s'era crisi vera od inventata. Una organizzazione diceva che in Abruzzo la cassa della integrazione era esplosiva. E temeva per i licenziamenti appena sarebbero stati possibili. Un'altra organizzazione diceva che sì, però, tutto sommato l'alimentare andava, avendo bruciato per le Feste 287 milioni verso i 322 dell'anno precedente. Calo limitato, quindi.

Intanto il giorno prima un “importante” (come si diceva una volta) giornale nazionale aveva scritto che l'affetto cura anche questo stramaledetto morbo. Ma no?!? Chi l'avrebbe mai sospettato! L'amore, l'affetto, l'umanità guarisce!? Suvvia, non diciamolo!

Di certo non l'avevano detto, né letto si presume, quegli emeriti cattedratici, ex-sessantottini, apparsi come al solito in Tv qualche sera prima. A loro l'affetto dev'esser deficitato fin da piccini, forse. Dei rivoluzionari che s'intestavano d'esser stati a vent'anni, gli è rimasto intorno ai settanta (di anni) solo il ghigno dell'arroganza. Si vede da come “arrotano” il sillabario nell'ingiungere clausure e restrizioni natalizie. Quasi ne godessero. Quasi s'atteggiassero a sommi sacerdoti del Verbo che impartiscono penitenze urbi et orbi ai comuni peccatori rei dei mali del mondo. Quasi parlassero degli “italiani” come se essi invece verbeggiassero in... giapponese!

Ghigno, protervia, burbanza, ecco i tratti di questi Soggetti di Potere e del Potere. Eppure la cura è amore, affetto, umanità. Non né usciremo senza. Ma scarseggia in certi troni. Manca dal trono dei regnati-governanti. Non si trova più nella Politica, che pur un tempo fu umanistica. È sconosciuto per lo più dai cattedratici. Non l'hanno i curatori, o molti di loro. Non né provano gli scribbacchini delle leggi e non solo delle leggi. Non lo frequentano molti berretti stemmati. Ed anche agli scrittori delle cronache fa spesso difetto.

Ma tant'è. Dicon che a Natale si è tutti più buoni. Buoni un corno, mi consenta!

giovedì 24 dicembre 2020

Perché il presepe di Castelli fa parlare

Il presepe castellano esposto a piazza S.Pietro ha suscitato una certa eco di stampa. Non si capisce la questione, a mio avviso, se non si inquadra nel suo tempo. Quel presepe nasce all'inizio degli anni '70, anni di contestazione giovanile. In quel periodo, di straordinaria libertà mai più recuperata, si tendeva a demolire il passato; tutto il passato, compreso i suoi simboli, perché lo si considerava autoritario e repressivo.

Allora, per scampare al tabula rasa, molti simboli venivano riadattati, rimodernati, pensando così di esprimere la “rivoluzione”, come un camaleonte che cambia pelle per essere accettato. Naturalmente la rivoluzione non fu tale; fu solo un momento di scapigliatura. I simboli, infatti, riadattandosi, sopravvivevano a sé stessi, a volte in termini involontariamente contro-rivoluzionari. Tanto è vero che l'esito di quella stagione, a partire dagli anni '80 del 900, ed in modo sfacciato oggi, è stata la reazione e la restaurazione più bieca.

I nipotini del '68, ed i superstiti (politicamente) dell'epoca stessa, sono oggi infatti quelli che esprimono la politica più autoritaria che mai sia stata data. E lo fanno, in massima parte, da sinistra. Sembrerebbe che il desiderio più grande per le Feste di quell'area politica sia infatti quello di essere controllati militarmente. Ed attenzione, non è una novità: perché già alla fine degli anni '70, sotto altro attacco – all'epoca terroristico – fu sempre da quel lato che si invocarono ed ottennero leggi eccezionali. Per fortuna nostra (e loro) oggi ancora non vi riescono del tutto: ma non per merito (politico) loro, ma perché ciò che loro stessi definiscono come la destra è fortunatamente assai più libertaria di quanto ai loro occhi medesimi appaia.

Ecco, il presepe di Castelli è simbolo di un momento in cui si credeva di cambiare il mondo. Il mondo, invece, è sempre lo stesso. E, in qualche frangente, è un mondo da schifo autentico.

domenica 20 dicembre 2020

Tempi bestiali, regole demenziali

Di solito, nel periodo natalizio, andavo a trovare un congiunto; anzi, un parente stretto. Andavo da solo, incontrando quasi mai nessuno. Perché questo congiunto “abita” in un luogo deserto; in un luogo di morti. Difatti, il congiunto in questione non c'è più da un po' di anni. Portavo semplicemente un fiore sul pezzo di marmo che lo ricorda.

Quest'anno pare (non so con certezza) non si possa fare. Il luogo di morti in questione, infatti, si trova fuori dal mio Comune. Quindi, secondo le “regole” (cosiddette) dettate dal Potere-Politico-In-Carica, uno che viaggia da solo, dentro una macchina da solo, scende da solo per mettere un fiore su una tomba nel deserto di un camposanto, è praticamente considerato un untore; cioè un potenziale assassino; di conseguenza un criminale.

Bene, nulla da eccepire. Se deciderò di compiere questo gesto criminale di omaggiare con un fiore un genitore che non c'è più, affronterò le conseguenze. Ammetto che la lotta al virus passa per “regole” folli. Puoi andare a trovare un parente vivo, ma non morto. Puoi cenare in casa di un congiunto, ma solo se questo è ancora in esistenza. Solo in quel caso, infatti, non corri il rischio di contagiarlo; se invece non c'è più è vietato. Naturalmente, il fatto che uno che va da solo dentro una macchina a portare un fiore in un camposanto non possa contagiare nemmeno una mosca non conta niente. Anzi, è un aggravante.

Del resto non serviva questo virus per ricordarci che la lotta per la vita è bestiale: è sufficiente la storia. Se vuoi vivere, devi comportati come una bestia feroce. Che giustamente viene chiusa in gabbia. È colpa del virus, certo. Ma anche dell'uomo. Perché l'uomo è cosi: l'uomo è la peggiore bestia della specie. L'arte, la cultura, i libri, sono tutti “gingilli” per tempi di pace. L'uomo combatte contro il proprio simile quando deve sopravvivvere. E questo è il tempo dei peggiori istinti. Solo i peggiori istinti possono salvarti non l'anima, ma la pellaccia, che è l'unica che conta, perché è l'unica che tangibilmente abbiamo.

Francamente, se vado a lasciare un fiore a Natale sulla tomba di un padre, non mi sento di mancare di rispetto a chi soffre in un letto d'ospedale.

venerdì 18 dicembre 2020

Il complicato rapporto tra Roseto e Cologna

Come spesso accade alle Frazioni (non solo a Roseto), Cologna Spiaggia si sente poco considerata dal Comune. Nonostante vanti il vicesindaco e assessore ai lavori pubblici in carica, il colognese Simone Tacchetti. E malgrado sia la più popolosa frazione rosetana.

In questi giorni, tale scarsa attenzione si è manifestata in più occasioni. Ad esempio, per quanto riguarda la cura del lungomare, sul litorale tra l'altro bersagliato dalle mareggiate, oppure per i semafori spenti proprio al centro, a due passi dalla piazza. Ma c'è stata tempo fa anche la questione della palestra della scuola, l'arredo urbano e quant'altro.

Ora, questo delle Frazioni è un problema annoso. Anche se, come detto, nel caso di Cologna, il “peso” politico non sia irrilevante. Una volta, quando andavano di moda le analisi urbane, si diceva che bisognava valorizzare le peculiarità di ogni singolo territorio in un quadro unitario. Cologna, da questo punto di vista, è un po' complicata. Ha senz'altro una caratteristica residenziale e balneare, ma ha anche zone agricole di qualità e diverse attività economiche. 

Se guardiamo Cologna dal punto di vista dei collegamenti, ad esempio, essa è molto vicina al nodo autostradale di Mosciano-Giulianova, e quindi alla Teramo-Mare; molto più di quanto non lo sia Roseto, che invece innesta sulla vallata del Vomano. Ciò tanto più in vista dell'eventuale sbocco sulla costa della Teramo-Mare stessa. Lo schema viario, quindi, è molto importante nel rapporto Cologna-Roseto, ed è in sostanza irrisolto specie in relazione agli insedimenti produttivi della valle del Tordino.

Nella strategia territoriale, questo fattore di posizione, chiamamolo così, rende Cologna una “polarità” diversa da Roseto. Sarebbe interessante capire, ad esempio, come la pianificazione urbanistica che pare in itinere, affronti il problema, che è tipicamente di lungo periodo. E che riguarda anche un discorso di area provinciale, perché investe direttamente il dualismo con Giulianova, storicamente rilevante per la Frazione rosetana.

Ecco allora che la questione dei collegamenti e delle infrastrutture diviene importante. Come dire, in vista delle elezioni, un discorso Politico (nel senso un po' più ampio del termine) su questi argomenti, non sarebbe da scartare.

martedì 15 dicembre 2020

Notizie di cui s'ha notizia (IMU a parte)

Ora, mi domando e dico, se tu caro sindaco di Pietracamela, fai sapere a mezzo stampa che, ammesso e assai poco concesso il 7 gennaio si possa tornare a sciare, a Prati di Tivo è facile che gli impianti restino serrati per le diatribe sociali tra i gestori, ovvio ti ringraziamo della comunicazione, ma che ci possiamo fare noi? Se lo fai sapere ai cittadini, che possono farci? Vorresti dire, caro sindaco, che non puoi far niente nemmeno tu? Bhé, meglio mi sento, verrebbe da rispondere. Naturalmente rivolgendo auguri che l'appello porti i frutti sperati.

Come assai poco possono i cittadini, se non farsi una certa idea della politica, sulla lite pubblica tra il presidente “Tua” e leader leghista abruzzese, Gianfranco Giuliante, e gli amministratori in carica e non in carica del comune di Atri circa la gestione dellla “Asp2”, che poi dovrebbe essere un azienda che si occupa dei servizi sociali “alla persona”. Alla persona, appunto, non alla persona politica, ma evidentemente la differenza non è chiara.

Del resto anche in quel di Giulianova, a destra, sono sciabolate (verbali), condite da inviti “a tornare studiare”. Il tutto tra esponenti politici locali che dovrebbero convidere gli stessi ideali(?) politici appunto. Gli piace battibeccare, sempre a mezzo stampa, compiacendosi di farlo sapere. Lavano i panni sporchi in pubblico, come si dice. Gli piace così.

A Roseto, invece, il in questi giorni loquacissimo assessore Nicola Petrini ci tiene a fa sapere di aver rinnovato la certificazione ambientale dell'Ente, in essere dal 2005. Se non lo avesse detto, infatti, nessuno si sarebbe accorto dell'altissimo senso ambientale delle politiche nostrane.

Ah, volevo aggiungere: domani l'altro scade l'IMU, la tassa sulla casa. E siccome sembra che con la pandemia siamo diventati tutti più ricchi, ci sarà gran folla alle casse. Ma non vi preoccupate, gli eventuali assembramenti per pagare le tasse sono consentiti, anzi, direi ben accetti! Comunque, penso che vi ricorderanno anche questa scadenza. È nel loro strettissimo interesse. Senza soldi, infatti, è difficile pure baruffare 

lunedì 14 dicembre 2020

Appalto dei rifiuti, prima o dopo il voto?

ROSETO. Cinque anni dovevano essere il limite massimo per l'appalto dei rifiuti. Dopo, si sarebbe dovuta rifare la gara. Ma siccome siamo in Italia, nessuna data è mai certa. Perché nel frattempo sono cambiate le norme. In Italia, infatti, le norme cambiano sempre. E così non si capisce se debba riappaltare il Comune, la Regione o addirittura una agenzia di nuovo conio nel frattempo partorita dalla Regione medesima.

Nell'intanto il Comune, si era portato un po' avanti con i lavori (avanti si fa per dire, visto che stiamo parlando comunque di un servizio che dovrebbe scadere quest'anno). In ogni caso, per tempo, il Comune ha incaricato una società di Roma, la “E & G”, di studiare il problema. Studio arrivato il 1 ottobre del 2019, cioè da oltre un anno. E costato 7.612 euro. Esattamente dodici mesi dopo, ad ottobre 2020, il Sindaco ha recepito ed inviato queste “linee guida” (così sono definite) alla Regione. La quale ha però osservato che, in attesa dell'operatività della nuova agenzia, chiamata AGIR, il Comune può tranquillamente procedere da solo. E questo è altro prodotto tipico italiano: io scrivo a te e tu scrivi a me perché le norme non si capiscono.

A quel punto, il Comune ha chiamato di nuovo la società “E & G” e si è fatto elaborare il progetto, che oggi è approdato in Giunta, come annunciato con una nota firmata dall'assessore al ramo, Nicola Petrini. Si dovrebbe quindi mandare avanti l'appalto. Con i tempi, indefiniti, che la burocrazia richiede.

La domanda, giornalistica, a questo punto è: si farà prima o dopo l'elezioni comunali l'appalto? Questo l'assessore Petrini non lo dirà mai. Ed il sindaco men che mai. Tant'è che il comunicato stampa non lo ha fatto nemmeno lui, ma Nicola Petrini.

sabato 12 dicembre 2020

Abruzzo "rosso", ma non di vergogna

Sono riusciti a trasformare una tragedia in una barzelletta; in una questione di puntiglio; in una guerra di carte bollate. La gente si ammala e viene abbandonata a se stessa. C'è chi arriva tardi e male in ospedale e crepa da solo come a nessun cane oggi è riservato. Si annunciano già altre ondate e nessuno sa cosa stiano facendo per fronteggiarle. E questi che fanno? Si fanno le cause come se dovessero difendere un confine di proprietà!

Abbiamo una classe politica e dirigente a tutti i livelli che dovrebbe semplicemente scomparire dall'orizzonte, ed invece si permette di giocare a quelli che insegnano l'educazione. Perché la caratteristica solo italiana è quella non di eleggere sindaci, presidenti, parlamentari e quant'altro per amministrare i soldi nostri con i quali viene pagato loro lo stipendio. No, questi pretendono di insegnarti l'educazione. Come gli istitutori di un collegio che hanno sotto di loro scolaretti indisciplinati verso i quali scaricare le proprie frustrazioni.

Se gli italiani si stanno salvando come possono da questa stramaledetta peste, è perché si chiudono in casa come possono; si disumanizzano più che possono; rinunciano volentieri a qualsiasi cosa. Abbiamo nei cromosomi una schiavitù genetica, che nasce da secoli di dominazioni barbariche. E chi ci amministra ne approfitta. Benché agli italiani piaccia essere sottomessi, però, siccome non possono stare sempre in “galera”, appena il bastone si allenta tendono ad ammucchiarsi. Per cui questa continua litania dell'educazione repressiva esercitata dall'alto, finisce pure per lasciare il tempo che trova.

Non c'è niente da fare, la situazione è tragica, ma non è seria, per dirla con il grande Ennio Flaiano.

venerdì 11 dicembre 2020

Cinquant'anni fa, l'autostrada

Un anno prima c'era stata la strage di Piazza Fontana: una bomba alla banca dell'agricoltura di Milano aveva inaugurato a suon di gente ammazzata la strategia degli opposti estremismi. Poche notti prima si era avuto il tentativo di golpe Borghese, oscura pagina di una repubblica sempre in bilico sull'abisso autoritario. Era stata da poco approvata, però, la legge sul divorzio. Imperversava l'influenza asiatica, un morbo che fece migliaia di morti e nessuno se ne accorse. In provincia tutto ciò arrivava attutito. E, soprattutto, non fermava l'impetuoso avanzare del progresso.

Così, in un sereno pomeriggio del 11 dicembre 1970, ecco i miei nonni materni arrivare per il caffé. Mio padre usciva dall'ufficio alle 14.00. Divorava alla velocità del suono le prelibatezza che la mamma metteva in tavola. Appena pranzato eccolo rivolgersi a mio nonno: “Dài, andiamo a vedere l'autostrada...” Quell'undici dicembre di cinquat'anni oggi, infatti, apriva l'ultimo tratto dell'Aquila-Roma, l'autostrada A24 che, si diceva allora, avrebbe rotto l'isolamento atavico dell'Abruzzo.

Detto fatto. La potente Alfa Romeo Giulia TI 1600, grigio metallizzato, mangiava la strada. Il tachimetro a nastro-rosso sempre inchiodato sui 150 orari. Non c'erano autovelox, né stupide rotonde. Quando l'auto rallentava, l'indicatore della velocità rimaneva incollato, perché scendeva più lentamente dei giri del motore.

L'autostrada allora si fermava al raccordo anulare. Poi la Tiburtina, Portonaccio. Viale Regina Elena. Si costeggiava la stazione Termini ed ecco piazza della “esedra”. Un rapido caffé sotto i portici, bar “Piccarozzi”. E via, riuscendo per la Nomentana. Di nuovo l'autostrada: liscia come olio: piena di viadotti e gallerie: orgoglio dell'ingegneria moderna. I sei fari (compresi gli antinebbia) della Giulia mordevano l'asfalto nella nebbia. Il mondo sembrava sorridere malgrado le avversità. La certezza che i bambini di allora avrebbero avuto un futuro più lieve.

Illusioni. Tutte illusioni. Il breve bagliore di una curva della storia. Comunque ricordi. Infanzia. Un padre a suo modo anticonformista. La mitica Giulia TI. E va a pensare che il mondo sarebbe rimbicillito al punto di non riconoscersi.

domenica 6 dicembre 2020

A mosca cieca per la Nazionale

ROSETO. Da qualche sera, sulla Nazionale, i lampioni proiettano una strana, pallida, fioca luce bianca. In pratica, se incontri una persona vestita di un colore non dissimile dall'asfalto, fai fatica a distinguerla. Non parliamo dei marciapiedi, di fatto al buio. Se non fossero le vetrine dei negozi, tra l'altro rade in tempi di coprifuoco, potresti non riconoscere nemmeno un parente da lontano.

Certo, la cosa ha i suoi vantaggi. Non sia mai capitasse di incappare in un rapinatore incappucciato e questi dovesse puntarti un arma, non ci sarebbe il pericolo dello spavento in quanto con il buio pesto che c'è la pistola non sarebbe veduta.

Verrebbe da dare un suggerimento al Comune, che caso mai potrebbe essere girato alla ditta interessata. Questo: allo scopo di incentivare il risparmio energetico, fate montare lampade di ancor più modesta potenza, con i watt che si contano sulle dita di una mano insomma. Meglio, basterebbero lampadinine che illuminino solo il palo dei lampioni. Sarebbe una bellissima strada al lume di candela. Peccato che le leggi attuali vietano pure di pomiciare, altrimenti... sai che meraviglia!

Ah, i bei i lumi a petrolio dé na' vodda!

sabato 5 dicembre 2020

La commedia degli equivoci

Questa storia dell'Abruzzo restata l'unica regione “rossa” d'Italia rasenta la commedia degli equivoci (politici).

Prendiamola dall'inizio. L'Abruzzo è stata la sola regione italiana ad auto-rinchiudersi in zona rossa lo scorso 18 novembre. Nessun'altra lo ha fatto. Nessun'altro governatore è arrivato a tanto. Soltanto Marco Marsilio, governatore di estrazione romana, fedelissimo di Giorgia Meloni, è riuscito ad auto-assegnarsi il peggior risultato in fatto pandemico.

Ciò detto, però, quattro giorni dopo, il 22 novembre, è il ministro Speranza, di opposta sponda politica, che a sua volta decreta il "rosso". Lo fa per adeguarsi a ciò che ha detto Marsilio o sulla base, come si ha motivo di ritenere, dei famosi 21 parametri che sfido chiunque a conoscere tutti? Io non li conosco, tanto per dire. Perché se il governatore aveva sbagliato, il ministro non doveva ratificare. Se di converso è ora il ministro ad errare, il Governatore avrebbe l'obbligo non solo di contestare, ma di ricorrere per le vie legali consentite.

Bene, anzi male, malissimo. Perché invece che succede? Capita che i tifosi di Marsilio dicano che noi non siamo più “rossi”, che abbiamo parametri più che buoni; mentre il ministro pare mantenga la sua decisione per diversi altri giorni.

Allora, questi parametri, sono “politici” o sono oggettivi? Perché non può essere che ognuno li tiri dalla sua parte. Qui ci vorrebbe un po' di chiarezza. Anche perché è difficile credere che l'Abruzzo sia la regione più appestata d'Italia, che superi in diffusione del virus persino metropoli che hanno una densità di popolazione imparagonabile con quella di un territorio quasi tutto di montagna e pressocché spopolato in larghe fasce.

Se noi siamo infatti i più appestati d'Italia, ne dobbiamo dedurre che abbiamo la sanità più scassata del Paese ed i cittadini più sciamannati che esistano? Su questa seconda ipotesi è difficile convenire. Gli abruzzesi, infatti, in genere sono militarmente obbedienti alle regole; chini a qualunque ordine governativo qualsiasi sia il governo ed un tempo, proprio dalle parti romane (chissà se Marsilio ha l'età per ricordarlo) quando si voleva dileggiare la mitezza abruzzese, la si appellava con una parola attinente ad un animale iper-mansueto: il pecorone. Stiamo parlando di qualche decennio or sono, beninteso.

Torna la voglia del grande cemento


ROSETO. Sembra tornare la voglia delle grandi lottizzazioni quasi sulle spiagge. Quaranta ettari a Pineto; novanta ettari a Giulianova; non si sa quante decine di ettari a Roseto, per vincoli urbanistici scaduti. Insomma, gli anni Settanta impallidiscono al confronto. Ora, tutto ok. Significa che prevedono masse di acquirenti che comprano case al mare come noccioline, beati loro.

C'è però un problema. Oddio, problema? Diciamo osservazione. Alcuni ritengono che tutte queste case portino una certa devastazione ambientale. Di certo nascondono il mare alle viste. Potrebbero inquinare anche un po' il suolo, eccetera. Insomma, pregiudicano – dicono sempre alcuni, pochi per il vero – quello che si chiama “interesse generale” ad avere un ambiente salubre ed un paesaggio godibile.

Guarda la coincidenza, questo “interesse generale”, in altri settori, come quelli sanitari ad esempio, è proprio il concetto in nome del quale si accetta qualsiasi caudillo al Potere. È strano insomma, tal “interesse generale”, per il cemento si può calpestare, per altri versi è intoccabile. Per quello che in genere si chiama emisfero ambientalista, poi, le case sul mare sono abbastanza orribili, ma le reclusioni dentro casa paiono loro adorabili. C'è una invece coerenza di fondo tra le due cose: se debbo campà n'à vita intera recluso dentro quattro mura, me la volete dà non dico una "rotonda sul mare", come si cantava un tempo, ma almeno una terrazza sulla spiaggia?

venerdì 4 dicembre 2020

Italia Viva scende in campo

Cenni di cronaca rosetana di un tranquillo giorno di fine settimana e d'inzio inverno.

Italia Viva”, che poi nel gergo popolare è il “partito di Renzi” (e qui in particolare di Ginoble), scende con tutto il suo peso politico a difesa della filiale di Campo a Mare della ex-Tercas, minacciata di chiusura dal piano di ristrutturazione dell'istituto di credito Barese, malgrado gli utili che macina. Lo fa con una nota ed una interrogazione dell'onorevole Camillo d'Alessandro, sollecitato all'uopo dall'ex-deputato Tommaso Ginoble. Entrambe le missive vengono accluse alla stampa con un comunicato inviato dal consigliere comunale dello stesso gruppo, Marco Angelini.

Si è poi riunito in modalità remota, in una delle sue prime assise, il “Tavolo del Turismo”, che al dunque dovrebbe decidere su come spendere il 25 per cento della tassa di soggiorno. Per l'intanto, secondo il relativo comunicato, il “Tavolo” ha criticato la gestione del sito internet “VisitRoseto”, che per la verità costa anche un po' di soldini pubblici. I partecipanti al “Tavolo”, tuttavia, si sono dichiarati “collaborativi”, del che, tra l'altro, non si dubitava.

Frattanto sono stati resi pubblici dal sito ufficiale dell'Ente, i documenti di bilancio “assestati” nell'ultima seduta consiliare. Pare che la pandemia abbia provocato ai conti municipali un buchetto da 1 milione e 50 mila euro circa in mancate entrate di tasse e così via. Buco, comunque, prontamente ricoperto dallo Stato. Del resto il bilancio, assicura il sindaco, Sabatino di Girolamo, gode di ottima salute grazie – sostiene lui – alla bontà della sua amministrazione. L'opposizione, ovviamente, è di diverso avviso.

In attesa dell'inverno che verrà e con la speranza che il clima (è chiaro non quello meteorico) possa migliorare in controtendenza rispetto alla stagione, per il momento, questo è tutto.

mercoledì 2 dicembre 2020

Quest'anno a Natale niente vacanze. Tranne per i rifiuti...

ROSETO. Mentre nulla affiora sul nuovo appalto per il servizio dei rifiuti, che pur dovrebbe esser in scadenza (e su cui ha chiesto lumi anche il consigliere comunale de “Il Punto”, Alessandro Recchiuti), qualche attento utente fa notare sui social che, calendario alla mano, dal 21 al 28 dicembre non è prevista alcuna raccolta dell'organico.

Ora, incidentalmente, in quella settimana dovrebbe cadere il Natale (anche se il condizionale è d'obbligo visto che quest'anno pare che le ricorrenze religiose le editti il governo). In ogni caso, mettiamo che la Festa ci sia tollerata, passare sei giorni senza avere la raccolta dei rifiuti organici, pare davvero incongruo.

Direte voi: visto che non potete invitare nessuno, tanto vale un bel brodino al dato e non producete alcuno scarto. Anzi, meglio: se vi chiudono dentro del tutto, magari passerà qualche emissario dell'Alto Palazzo Imperiale a paracadutare una pastiglia atomica dalla finestra, ed anche in questo caso siete a postissimo. Però, mettiamo che tal prodigio tecnologico sia ostacolato da intoppi della... burocrazia reclusoria, allora vi troverete 6 giorni (diconsi sei) con i sacchetti dei residui del simil-cenone e mezzo-pandoro sotto il lavello della cucina. Il che, ammettiamolo, non pare troppo igienico.

Ecco, tra un piano e l'altro allora, una piazza ed una via nuove, un lampione alogeno a luce bianca ed una diffusione di buoni spesa; ecco si diceva, qualcuno del Comune potrebbe passare la voce a quelli dei rifiuti perché possano omaggiar noi poveri utenti caramente paganti di una scappata supplementare? Magari poi ci faranno un conticino a parte, però almeno ci risparmiamo che le palle del Natale comincino a fumare onde non scoppiare di puzza.

P.s.: non si confida nel riscontro, ovviamente. Però, annotarlo qui sopra non ci costa.

 

Povero Abruzzo

Comunque vada a finire, questa faccenda delle zone rosse-arancione-gialle o vatteleappesca, è il festival delle contraddizioni politiche. Da sinistra, ancora a metà novembre, si invocavano (anche via social) chiusure-chiusure-chiusure. Ma appena la chiusura è arrivata da destra, per la verità inaspettatamente, sono partiti i distinguo, anche dentro la destra stessa. E, pian piano, si sono ribaltati i piani: chi plaude ai ministri Boccia e Speranza, che vogliono chiudere pure il Natale, qui critica il “rosso” del governatore Marsilio. Ed ancora viceversa a Roma, dove Salvini e la Meloni non paiono così convinti delle clausure nazionali, ma si guardano bene dal dire una parola del caos abruzzese dove governano i loro uomini.

La verità è che l'Abruzzo non conta niente. Lo sapevamo. Ne abbiamo avuto conferma. Il suo contributo al Pil italiano è trascurabile. Non importano a nessuno le conseguenze sociali della pandemia (qualche Comune ha persino attivato servizi di assistenza psicologica) né quelle economiche. Ci sono i buoni pasto, in casi estremi. Se noi restiamo chiusi o aperti a Natale non interessa un fico secco (a Natale ci sta) a chicchessia.

L'Abruzzo è oggi visto come una delle regioni più appestate d'Italia. Con una sanità davvero mal messa. Il che investe in pieno la responsabilità politica della Regione e non da ora.

Un fallimento politico e sanitario su tutta la linea, dunque. Che colpisce economicamente i ceti che più avevano sostenuto il governatore fedelissimo di Giorgia Meloni, ovvero proprio i settori popolari, del commercio e della piccola imprenditoria abruzzese e sanitariamente anzitutto gli anziani, falcidiati in modo indescrivibile dall'epidemia. D'altra parte l'opposizione di centro-sinistra non può cantare troppo vittoria. I mali della sanità regionale vengono in gran parte da lontano. Si può solo dire che Marsilio non vi ha posto alcun rimedio. E, si ha motivo di ritenere, che non vi saranno né le capacità né la volonta politica di cambiare le cose. 

Poveri abruzzesi. Anzi, poveri noi.