Vedete, a qualche centinaio di metri da spiagge piene come un uovo per ferragosto, c'è una fabbrica che vuol chiudere i battenti: la Betafence di Tortoreto. Età media degli operari, sui 48 anni. Alcuni con oltre vent'anni di servizio. Scarsissime possibilità di ritrovare un lavoro qualificato in caso di chiusura. Fabbrica non in crisi, ma che delocalizza per convenienza, hanno ripetuto gli operai di fronte alle telecamere di “L'Aria che tira”, trasmissione de La7 che è venuta ad intervistarli.
Ecco, succede in un Paese che forse verrà richiuso dentro casa quanto prima per colpa di questo maledetto virus. Magari con militari armati di mitra agli angoli delle strade a perquisire le borse della spesa per vedere se hai comprato da mangiare per almeno una settimana. E certissimo dovendo sopportare sindaci protagonisti affacciarsi su Facebook ogni giorno con occhi fuori dalle orbite che strillano: tutti a casa.
Quegli operai a casa rischiano di rimanerci davvero, ma non per il virus, piuttosto per crudeli politiche aziendali. Loro non possono nemmeno godersi questa strana estate, sospesa come gentile permesso tra un lockdown scontato ed un altro probabile. Tra tanti turisti prepotenti che imperversano “smascherati” e studenti e professori che attendono (ma l'attendono davvero?) una riapertura delle scuole su cui l'autore di queste note si consente un qualche ragionevole dubbio.
Ecco, questo è il Paese che, forse, va al voto a settembre per un referendum che, di fatto, non serve a nulla. Se non agli equilibri politici interni di un governo che non ha alternative.
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