ROSETO. “Progettiamo
belle cose che i nostri epigoni porteranno a termine”. Così il
sindaco, Sabatino Di Girolamo, ha presentato alla stampa il progetto
del piano particolareggiato per il centro di Roseto. Per la cronaca,
“epigoni” vuol dire “i nostri successori”, quelli che
verranno dopo.
Non ho potuto
partecipare alla conferenza stampa alla quale l'amica Marianna De
Troia, addetta stampa del Comune – che ringrazio sempre per
l'estrema gentilezza – mi ha più volte invitato. Non potevo
assolutamente sottrarmi ad impegni familiari presi da tempo,
oltretutto per me molto gratificanti. È ovvio, però, che
l'affermazione del sindaco è condivisibile. I piani, sulla carta,
presentano sempre bei disegni ed a volte anche buone idee. Questo di
Roseto centro mi si dice non sarà da meno. A conferma, tra l'altro, le immagini
dai resoconti apparsi sul web e senz'altro ciò che si leggerà
domani.
Qui vorrei solo
accennare, senza entrare nel merito, qualche questione metodologica.
I piani particolareggiati, infatti, risalgono, come concezione, al
1942, ovvero alla legge urbanistica italiana n.1150 estremamente
innovativa per i tempi. Erano pensati come un mezzo di attuazione del
piano regolatore. Che cosa vuol dire? Significa che il piano
regolatore detta le linee generali, come se abbozzasse un quadro,
mentre il particolareggiato indica come attuarle, scendendo appunto
nei particolari. Rimanendo alla metafora del quadro, se il piano
regolatore disegna le strade, le aree, eccetera, il particolareggiato
ci mette le casette dentro.
Su questo passaggio
dal generale al particolare c'è tutta una storia. Una
vicenda storica che racconta il fallimento dell'urbanistica italiana
a causa proprio della sua mancata applicazione concreta o del suo
stravolgimento con le varianti. Su tale dibattio, culturale e
politico, si sono scritti centinaia di libri e versate tonnellate
d'inchiostro.
A Roseto, comunque,
questo particolareggiato dovrebbe dare attuazione ad un piano
regolatore del 1990, che tra l'altro si tenta di cambiare
praticamente da appena fatto. In qualche modo, dunque, il
particolareggiato potrebbe anticipare in parte il piano futuro. Ma la
procedura non è per niente breve. Se non ricordo male, la prima cosa
è l'adozione in consiglio comunale. Subito dopo la delibera va
inviata in Provincia. L'Ente di via Milli a Teramo, deve infatti
controllare che non vi sia conflitto con il piano urbanistico
provinciale.
La delibera stessa
deve comunque essere pubblicata e depositata per 30 giorni in libera
visione del pubblico. Chiunque, infatti, può presentare
osservazioni. A quel punto il consiglio comunale deve riunirsi
un'altra volta ed esaminare le osservazioni. Ciò fatto, il piano
deve essere approvato di nuovo. Se la memoria non m'inganna,
uno degli ultimi casi che ricordo a Pescara, partì ad aprile 2014 e
finì ad agosto 2015. Insomma, l'esperienza dice che un annetto
abbondante passa se tutto va di corsa.
Ed il “se tutto
va di corsa”, bisogna intenderlo anche se non ci sono ricorsi al
tribunale amministrativo e se tutto fila liscio in consiglio. Su
questi atti, infatti, vige il principio di astensione del consigliere
comunale che avesse beni interessati dal piano, oppure parenti
prossimi interessati. In questo caso non può votare in consiglio
comunale. Ed a Roseto, in passato, questo ha portato a grandi scontri
in Aula, perché allora diventa fondamentale l'appoggio
dell'opposizione. Naturalmente non si può dire oggi se ci siano tali
incompatibilità, ma, ripeto, essendo la città piccola nulla
esclude in teoria che la storia si ripeta.
La strada dunque è
lunga. E gli epigoni, forse, dovranno aspettare non poco prima di
veder realizzato il nuovo assetto urbano. Per rimanere al tema di questi giorni, allora, vien da citare: speriamo non finisca come il piano di Colao.
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