Il rapporto, però, non si interruppé lì. In quanto quel detenuto aveva il papà morente. Il capitano lo accompagnò per l'ultima visita. L'uomo accompagnato seduto da un lato del letto, il capitano dall'altra. Il papà sudava. Il capitano trasse il fazzoletto dalla tasca e ne asciugò la fronte. Da un lato la mano del figlio detenuto, dall'altra quella del capitano: due sponde opposte, che si univano nel senso di umanità.
Senso di umanità che si ripeté al momento delle esequie del povero genitore. Quando di nuovo il capitano accompagnò il figlio detenuto e rese gli onori militari al papà, che era stato partigiano.
Anni dopo, da questa storia è nata una poesia ed una canzone il cui testo vedete riprodotto qui in immagine.
Perché la storia è verissima. Me l'ha raccontata questa mattina Pietro Di Censo, cui ho telefonato per gli auguri del suo compleanno. Anche se in pensione, infatti, conservo l'abitudine di scambiare gli auguri. Perché io Pietro di Censo l'ho conosciuto all'Aquila, nel 2007 se non ricordo male, ove nel frattempo era arrivato come Colonnello dei carabinieri per dirigere un ramo della polizia giudiziaria.
L'ho conosciuto per una vicenda che mi riguardava come giornalista. Ed anch'io ebbi il privilegio di saggiare le sue doti di umanità, unite ad una professionalità ed esperienza enorme. Pietro di Censo, il colonnello di Censo, sapeva e sa riconoscere le persone. Capì all'istante i falsi profeti, in senso politico, di cui la vicenda che mi interessava vedeva in qualche modo protagonisti.
Diceva il cardinal Carlo Maria Martini, guarda caso nella Milano di quei giorni: "L'dea di giustizia nasce dall'esperienza di un'ingiustizia, subita da noi o da chi ci è caro". Noi così operavamo, mi ha ripetuto questa mattina Di Censo. Senza umanità la legge e niente, aggiungo io.
Tanti auguri di cuore Colonnello!
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