La sconfitta dei
lavoratori è in Italia cosa risaputa da almeno un trentennio. Ed
anche quella dei sindacati, visti ormai più che altro come patronati
che procurano documenti burocratico-assistenziali e qualche volta protestano educatamente. La ricerca del posto di lavoro è
infatti da tempo delegata alla “libertà” del mercato e la sua
difesa abolita con la flessibilità. Quanto alla retribuzione poi, è
di fatto affidata, con tutto il resto, al “libero” beneplacito
dei datori di lavoro. Nemmeno lo sciopero si sa più cosa sia. Visto
che costa ai lavoratori stessi ed apporta disagio agli altri. E lo
sciopero che non apporta disagi in danno della ricchezza pubblica e
privata, della possibilità di spostamento, insomma del vivere
quotidiano, semplicemente non esiste. Il Primo Maggio è così
diventato occasione per qualche concerto più o meno gratuito e tante
“virtù”, intese in senso culinario oltreché sociale. E già,
perché, virtù, testualmente, è acquiscenza, adattamento alle
necessità, piegarsi al volere altrui. Vale a dire: che sà a da fa pe' 'nu piatto de' minestra!
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