lunedì 30 gennaio 2023

Quando il popolo è escluso la politica è da brindisi

TERAMO. Da quando i presidenti delle Provincie se li eleggono tra loro (tra loro della politica) senza disturbare il popolo votante, è un festival degli intrighi (per carità politici, quindi buoni), degli accordi sotto il pelo dell'acqua, delle cordate combinate di palazzo. Naturalmente Teramo non poteva far eccezione e non l'ha fatta ieri quando è toccato avvicendare Diego di Bonaventura, il cui mandato è terminato giusto in data.

Almeno questo è quanto si legge nei commenti, perché qui si è “garantisti” tout-court sulla politica e naturalmente non si crede a nulla se non al fatto che la politica instessa sia solo e solamente virtù civica, servizio fino al sacrificio personale e massima coerenza delle posizioni storicamente assunte.

Allora non sarà sicuramente vero – come si legge – che gli alleatissimi di Italia Viva e di Azione gli uni abbiano appoggiato, almeno in parte, uno (che tra l'altro ha vinto) mentre gli altri abbiano sostenuto, almeno in parte, un altro (che peraltro ha perso). E che in onore di questo secondo (poi uscito appunto... secondo) siano corsi persino dei brindisi augurali giorni prima nel Lido delle Rose.

Comunque è stato tutto un fiorire di quello che sta con quello, quell'altro con quell'altro anche trasversalmente all'interno degli stessi partiti o schieramenti. Ma pazienza, in fondo la Provincia deve occuparsi solamente di strade e scuole, cosa vuoi che sia? Di certo una quisquilia di fronte ai posizionamenti ed alle strategie per i prossimi appuntamenti elettorali di primavera e, traguardando il binocolo, del an venturo vieppiù? 

Suvvia, è questo il bello della politica, nonché della vita: la tattica e il gioco di potere. E pazienza per chi non partecipa!

giovedì 26 gennaio 2023

Il semaforo fu voluto da tutti

ROSETO. “La prossima volta faccio firmare un verbale”. Questa frase è del sindaco, Mario Nugnes. L'ha pronunciata durante il consiglio comunale di mercoledì 25 gennaio. Ed è riferita al semaforo con telecamera al bivio di S.Petronilla: quello che ha mietuto multe a raffica. Il quale fu voluto, dice il sindaco, da tutta la maggioranza e non solo da lui. Maggioranza, appunto, che nel proseguo – il contratto con la ditta privata incaricata di scattare le foto usate per elevare le multe scade il 31 gennaio – dovrà verbalizzare apertamente se insistere o meno con il grande fratello semaforico.

La frase, in termini politici, è significativa. Lascia intravedere infatti che il sindaco non gradisca più fughe in avanti sull'argomento. Sul quale, guarda la coincidenza, più volte in consiglio aveva chiesto “spiegazioni” il più autorevole sostenitore della maggioranza, vale a dire l'ex-sindaco Enio Pavone. Consigliere Pavone che – derivando con logica giornalistica dal dire del sindaco – era invece perfettamente a conoscenza nonché d'accordo sull'uso di questo mezzo repressivo che ha sanzionato senza pietà ogni minima distrazione alla guida inducendo persino ansia negli automobilisti alle prese con l'attraversamento dell'incrocio.

Crepe nella maggioranza allora? Non direi. Più semplicemente affioramenti sul pelo della marea della duplice natura di questa esperienza civica. Che vede una leadership amministrativa riconosciuta al sindaco Nugnes come “capo” della coalizione di liste che ha vinto le elezioni del 2021 ed una leadership politica di fatto nelle mani di “Azione”, nel cui direttivo locale il segretario regionale e deputato, Giulio Sottanelli, ha inserito in pratica quasi tutti i consiglieri e gli assessori che reggono Nugnes.

Nella chimica politica, un equilibrio binomiale, in cui appunto c'è un leader amministrativo ed un leader politico, può esser di per sé un equilibrio instabile ed a tempo. Proprio in senso tecnico. Naturalmente come tutti gli equilibri all'apparenza caotici, la instabilità può divenire così duratura da apparire stabile. E questo solo il tempo può dirlo. Quella frase sul semaforo, tuttavia, è un piccolo segnale.

Faremo bene a segnarla sul diario della politica quella frase. Per adesso è il nulla. Un domani chissà.

sabato 21 gennaio 2023

Ci siamo abituati all'infelicità

Cogitavo su quanto ho speso in questo inizio anno. Dunque ho visto “uscire” dal conto corrente 750 euro per la manutenzione dell'auto, una utilitaria a gpl di nessuna pretenziosità tra l'altro. Difatti ho dovuto sostituire le gomme, oltre olio e quant'altro, anche per effetto delle leggi che partoriscono a dismisura i governanti (non solo gli ultimi, ovvio, ma non escluso gli ultimi, altrettanto ovvio). Poi mi sono arrivate bollette e quote condominiali per circa 460 euro. Quindi il bollo, sempre per l'auto (174 euro circa), una tassa per un ente del quale sono obbligato a rimanere “socio” (120 euro), ed un pezzo di ricambio per un piccolo aggeggio elettrico che uso per radermi (circa 35 euro). In totale, in un mese, 1.500 euro malcontate. Escluso la spesa per mangiare e le spese sanitarie, che, purtroppo, vista l'età, un po' ci sono sempre.

Ora, mi chiedo, lasciamo stare “io”, che vabbé, finché posso campare... campo! Ma come si fa a vivere con stipendi intorno ai mille euro al mese ed anche meno? O, meglio ancora, a vivere di lavoro “volontario”, cioè senza essere pagati? Magari si campa meglio di me, anzi senz'altro ed è augurabile sinceramente, ma, senza fare gli affari altrui me lo chiedo, ogni tanto. Per riflettere piuttosto sulla condizione del lavoro oggi.

Viviamo infatti un tempo in cui il lavoro è la gioia dei... datori di lavoro! C'è una forza lavoro smisurata, data la disoccupazione. Senza nessuna pretesa. Che non protesta, anche perché lo facesse verrebbe immediatamente emarginata. Che rinuncia al proprio tempo di vita privata per il lavoro. Che non accampa diritti un po' perché non può ed un po' perché è persuasa di non averli.

Un mondo “perfetto” per chi del frutto del lavoro altrui beneficia. Ma che genera tanta infelicità. Si nota la mattina al bar. Non vedo gente contenta di andare a lavorare. Vedo persone che non sorridono, con lo sguardo basso, insoddisfatte di essere trattate come vengono trattate e pur costrette a subire. Oggi attraverso il lavoro, nella maggior parte dei casi, tranne qualche eccezione, non si ci realizza: tutt'altro.

Ecco allora che tutto questo caro vita, caro bollette, caro benzina o fate voi è, magari incidentalmente, funzionale a tenere la società sottoscacco. A tenerci buoni, insomma, se no è peggio. Una società infelice che infelicemente spende quel che può. Finora regge. Ma fino a quando? E soprattutto, a che prezzo in termini di reale qualità della vita?

domenica 15 gennaio 2023

Bene gli open-day. E poi?

Sono questi i giorni degli open-day scolastici. Gergo aziendalistico con il quale le scuole propongono un'immagine di dinamismo e modernità. Illustrando anche le tante attività collaterali al diritto allo studio vero e proprio offerte e che, magari, gli studenti non utilizzeranno mai nella vita reale.

Gli open-day sono naturalmente occasione simpatica e contemporanea. Ma la domanda appare un altra. Si può provare a porla facendo un passo indietro.

Si è dato infatti un tempo in questo Paese quando se “uscivi” mettiamo geometra, il giorno dopo trovavi posto come capocantiere di qualche costruenda autostrada con stipendio che oggi nemmeno si sogna e auto di servizio compresa. Se ti diplomavi ragioniere, c'era già qualche banca o ente che ti offriva il posto fisso con 14 mensilità assicurate a vita. Non parliamo della laurea, che offriva prospettive adesso inimaginabili. Chi non faceva le scuole andava “a bottega”, ma per un periodo limitato, non per sempre.

Ora, tutti sappiamo che non si può tornare a quei tempi. Ma da questo al fatto che quando esci dalla scuola con un diploma o una laurea in tasca devi “per forza” tornare a bottega, che magari chiamasi apprendistato, servizi variamente civili, tirocini altrimenti detti eccetera, bhé ce ne passa. Tanto da chiedersi a cosa serva studiare se poi “devi” essere formato e conformato da chi magari insegnate non è. Se devi pagare di fatto di tasca tua con il lavoro quasi gratuito, con il tuo tempo, con pezzi della tua vita che nessuno mai ti darà indietro, in una parola con la tua dignità.

Ecco, si faccian pure gli open-day, ma si pensi anche che la scuola non può significare solo essere pronti, dopo, a sopportare umiliazioni ed ingiustizie o, peggio, a perpetrarle a nostra volta sugli altri qualora s'abbia la fortuna di “sfondare”, come suol dirsi.

Buona domenica

sabato 14 gennaio 2023

Nugnes non è più nuovo

ROSETO. Al di là delle schermaglie, seppur venate dalla minaccia di carte bollate, che è sempre spiacevole, due elementi sembrano ormai depositarsi nel solco del tempo dell'attuale fase politica locale.

Il primo è che il sindaco Nugnes ormai non può più contare sulla carta politica del “nuovo”. Il secondo è il rapporto tra il definirsi civico ed avere sette consiglieri su dieci e quasi tutti gli assessori appartenenti ad “Azione” di Carlo Calenda.

Ma andiamo con ordine.

Ad un anno e tre mesi dalle elezioni dell'ottobre 2021, l'azione politica dell'amministrazione Nugnes ha perso l'effetto novità che aveva all'inizio. È normale. Ma qui si aggiunge che lui, nella gestione pratica del potere, appare più o meno come gli altri. E questo è meno normale. Perché? Perché in effetti lui avrebbe potuto raccogliere con altro stile la sfida politica liberal-democratica che pur nell'azione di Carlo Calenda e Matteo Renzi a livello nazionale c'è come proposta. Lui invece, per consolidarsi, ha scelto di gestire il potere così come lo sta gestendo, cioè di fatto occupandolo. Ma in questo modo, forse obbligato, finisce per omologarsi e quindi perdere l'occasione di rinnovamento.

La cosa si legge in controluce proprio nel rapporto con “Azione”. Di recente, ad esempio, dovendo sostiuire per ragioni di salute l'assessora Lorena Mastrilli con la consigliera Annalisa d'Elpidio, si è messo l'accento quasi esclusivamente che trattavasi di avvicendamento all'interno del gruppo civico d'appartenenza, cioè “Operazione turismo”. Senonché proprio la D'Elpidio è anche una dirigente locale di “Azione”, come tale indicata da un comunicato emesso lo scorso anno al termine del congresso rosetano del partito di Calenda proprio da Giulio Sottanelli, deputato e segretario abruzzese del partito.

Ora, tecnicamente, una dirigente seppur comunale, di un partito non potrebbe definirsi “civica”. Ma a parte la distinzione abilmente dissimulata all'opinione pubblica, è in questo volersi far passare senza partito pur essendo indicata da un comunicato del partito stesso come membro del direttivo locale, che si perde la spinta riformista di Nugnes. È proprio qui che lui non supera le linee di demarcazione classiche della politica rosetana, ma ne accentua il dualismo.

Cosa invece sarebbe potuto succedere in quella che nell'ottobre 2021 poteva effettivamente essere vista come una svolta? Poteva accadere che termini dal significato politico e culturale ben preciso, parole che qui si usano tecnicamente, secondo la definizione classica, come “clientelismo politico” oppure “familismo politico” (ripeto, intese nel loro significato storico-politico), stanno facendo premio sul rinnovamento.

Il rinnovamento non può essere solo generazionale. Deve essere culturale ed etico. E qui impiego la parola "etica" come all'uso letterario descritto da Sergio Turone, ad esempio. Ecco, ai miei occhi è questo salto che manca. In altre parole Nugnes potrà anche durare, potrà sindacare a lungo e qui glielo auguro con sincerità, ma ha persa l'occasione del rinnovamento. E soprattutto, l'ha fatta perdere alla città.

sabato 7 gennaio 2023

Lavoro per ricchi

Ho letto un annuncio in sostanza di lavoro. Diramato tra l'altro da un ente pubblico. Non ha importanza quale, perché purtroppo è una prassi. Come è ahimè d'uso presentare informazioni simili con il tono di offrire chissà quale opportunità.

Bene, si propone a giovani più o meno ventenni, di lavorare da "volontari" per circa 440 euro al mese.

Sono 15 euro al giorno. Rispetto all'orario richiesto (5 ore), fanno 3 euro l'ora. Una paga oraria di fatto equivalente a due tazzine di caffè con un pò di resto. Oppure, se preferite, una retribuzione giornaliera pari all'incirca al costo di un aperitivo.

Ebbene, temo che tale avviso possa avere un enorme successo. Perché? Perché siamo un Paese profondamente ricco. Soltanto un Paese ricco, infatti, può permettersi di lavorare un ora al prezzo di due caffè o poco più. E solamente giovani già benestanti di famiglia possono sacrificare le loro giornate felici di esser pagati l'equivalente di uno spritz. 

giovedì 5 gennaio 2023

Quando la politica è compiacimento

ROSETO. La particolarità del fare politica in provincia, nelle piccole realtà, è che sono tutti amici o parenti. È difficile pure scriverne. In una grande città la mattina non incontri il politico di cui hai parlato, qui è capace trovartelo davanti mentre prendi un caffé. Se non lui, un suo parente, un suo amico, un suo fans. Allora, se non hai proprio un obbligo professionale, chi te lo fa fare a dire? Tenendo anche conto che il dire, lo scrivere, il post(are), non cambia niente ed è praticamente inutile se non quale sciocca soddisfazione personale.

E' un fatto, ad esempio, che persone che sostengono l'attuale amministrazione civica, che magari si sono anche candidate nelle sue liste elettorali oppure ricoprono incarichi politici su sua designazione, sono o sono state protagoniste di realtà associative o organizzazioni civili che beneficiano di contributi o sovvenzioni decise dalla medesima amministrazione.

E' un bene o un male? Non lo so. È un fatto, semplicemente oggettivo. Ed è una conseguenza di quanto si diceva all'inizio: l'essere tutti più o meno amici o parenti.

Ora, quando queste persone esprimono opinioni, o peggio dovessero pontificare, magari sui social, bisognerebbe tener conto che quelle opinione risentono, come è naturale che sia, dell'amicizia, delle aspettative e degli interessi personali ancorché legittimi. Occorrerebbe tenerlo bene a mente, in nome della realtà vera dei fatti. Ma è difficile.

Sovveniva questa peculiarità della provincia italica, leggendo delle polemiche sulla commissione per la concessione dei contributi municipali qui a Roseto. Al di là del merito, v'è un presupposto: le commissioni, i consigli, i comitati istituzionali, gli onnipresenti “Tavoli” eccetera; ovvero gli organismi più o meno formali della cosiddetta “democrazia”, risentono gioco forza della piccola realtà di cui si cennava avanti. Formalmente stanno in piedi, ma di fatto, nella sostanza materiale della politica, non hanno alcun significato, né potrebbero averlo. Oltrettutto, alla gente comune non importa un accidente di queste commissioni, comitati o come si chiamano e nemmeno dei contributi, i quali semmai possono suscitare l'attenzione solo degli interessati, come è normale tra l'altro.

Sarebbe tutto più chiaro allora se non esistessero proprio tali commissioni o al limite fossero composte solo dalle maggioranze di turno. L'opposizione, se proprio dev'esserci (ma nessuno dice che dev'esserci per forza) dovrebbe svolgersi fuori di loro. Meglio ancora non vi fosse per niente una opposizione. Tu eleggi un sindaco? Lui fa quello che vuole per cinque, dieci anni e poi fa quello che vuole colui che viene appresso e quello che verrà ancora dopo. Sarebbe tutto enormemente più chiaro.

Perché tu, in fondo in fondo, eleggi un sindaco, un consigliere, un deputato o quel che vuoi sì per amministrare un ente pubblico, ma soprattutto affinché sia soddisfatto lui, sia contento lui del raggiunto status. Lo eleggi perché lui (o lei fa lo stesso) possano ritenersi appagati nelle loro aspirazioni o ambizioni; possano somministrare sermoni; possano “comunicare” (come amano dire) e ricevere applausi. Insomma, possano sentirsi un gradino sopra gli altri.

Suvvia, ammettiamolo: la missione della politica, soprattutto alle scale locali, è il compiacimento verso sé stessi di coloro che ne sono parte. Tutto il resto è solo un modo di dire.

lunedì 2 gennaio 2023

Per dir del pontile

ROSETO. Secondo la pubblicistica ufficiale si dovrebbe esser contenti circa il pontile.

Non capisco di cosa.

Del fatto che i soldi stanziati (1 milione di euro) non sono bastati neanche per aggiustare la parte strutturale? Dei 300 mila euro in più che quindi si sono dovuti aggiungere soltanto per le strutture, non per finire l'opera? Della circostanza che sul numero di pali pare si siano raggiunte due evidenze matematiche entrambe diverse ma tutte e due vere? Del particolare che la progettazione di tali lavori ha comportato un costo di circa 87 mila euro all'inizio più altri 50 mila euro circa in corso d'opera?

Su cosa, di grazia, si ci dovrebbe rallegrare?

Magari perché, leggendo le carte, non si riesce a capire che nonostante tutte queste “perizie” la struttura pari resti preclusa all'utilizzo seppur parziale in attesa di altri fondi? per altre opere? per altro tempo?

Sul pontile, cari signori, si vorrebbe tornar a passeggiare. E non pare se ne veda all'orizzonte l'evenienza. Così come nelle stanze della Villa si vorrebbe tornar ad entrare, cosa ancor oggi impossibile. Allora e solo allora, forse, si potrebbe non dico felicitarsi, perché si tratta pur sempre di soldi pubblici di cui non c'è merito, bensì soltanto dovere della buona amministrazione, ma almeno di poter usufruire di beni che restano di fatto preclusi all'uso pubblico per tanto, troppo, irragionevole lasso di tempo.

domenica 1 gennaio 2023

Rompe... non rompe... gli osservatori sfogliano la margherita

ROSETO. Con tempo di ritorno – come direbbero i geologi – che oscilla da una seduta all'altra del consiglio comunale, chi si occupa di politica si interroga sul comportamento di Enio Pavone (foto). Vale a dire del già consigliere e assessore socialista ai primi del millennio in corso, già sindaco di centro-destra dieci anni più tardi, già consigliere d'opposizione area-civica piuttosto destrorsa qualche anno fa, strenuo sostenitore del candidato di “Azione”, Giulio Sottanelli, alle elezioni politiche scorse nonché attuale esponente di spicco della maggioranza del sindaco, Mario Nugnes. Il consigliere di Fratelli d'Italia, Francesco di Giuseppe – ma non solo lui – è ad esempio convintissimo che Pavone stia dando filo da torcere alla sua maggioranza. Tanto da farne un comunicato stampa diffuso proprio il giorno di San Silvestro.

Ebbene, come già accennato qui altre volte ribadisco la mia scommessa: mezzo caffettuccio alla macchinetta che Pavone non romperà. Più ascolto i suoi interminabili proloqui in consiglio comunale e più mi sovvien l'immagine (intesa in termini politici) del nonno che borbotta sempre ma in fondo vuole bene ai suoi “nipotini”, politicamente parlando appunto. Ha questa abitudine di intervenire continuamente, su ogni punto, infinite volte nella medesima seduta. Sembra che se non dica la sua il Comune non vada avanti. Qualche volta mette anche un po' in difficoltà gli alleati ma, finora, è sempre stato bene attento a non varcare i confini del pour-parler.

Del resto cosa potrebbe fare? Dopo tutte le conversioni politiche che lo hanno visto protagonista, che interesse avrebbe a ricomincare da capo? Non credo gli convenga. Non so neanche se i suoi elettori alla fine seguirebbero lui o Nugnes. Penso non lo farà, dunque. Anche perché il sindaco, di solito visibilmente insofferente alle critiche di alcuni consiglieri d'opposizione, con Pavone è assai paziente. Anzi, ho quasi l'impressione che il sindaco riuscirebbe a sopravvivere benissimo anche in caso di improbabilissimo strappo di Pavone. Penso troverebbe facilmente i numeri necessari ad andare avanti.

Il fatto è che l'attuale amministrazione attraversa una fase della storia in cui tutti vorrebbero essere dove essa si trova. Ed a nessuno in conseguenza interessa staccare la spina. Per concretissime ragioni politiche, non ultime i fortunati progetti europei pescati con rete a strascico verso il lido delle Rose. Una specie di sciabicata ricchissima di interventi cui nessuno sarà disposto a rinunciare. Come difficilmente alcuno si tirerà indietro di fronte alle aspettative edilizie del nuovo piano regolatore. Se i numeri demografici presi a base sono quelli uditi in consiglio, cinque o sei nuove palazzine ogni anno per dieci anni almeno non ce le toglie nessuno. Se sommiamo vari nastri che verranno sforbiciati per pontile, Villa, eccetera più la gestione corrente del potere che non è mai da sottovalutare nei suoi effetti, è facile immaginare una assicurazione (politica) sulla vita di questa esperienza amministrativa che va ben oltre il quinquennio corrente.

Pavone, che è uomo concretissimo e con i piedi ben piantati per terra, lo sa benissimo. E perciò, ripeto la mia scommessa del mezzo caffettuccio. Dovrà solo rassegnarsi ad essere un po' più comprimario e un po' meno protagonista della fase. L'attore principale della scena politica, infatti, non è lui, ma Nugnes. Dovrà farsene una ragione. E scommetto se la farà.