ROSETO. La particolarità
del fare politica in provincia, nelle piccole realtà, è che sono
tutti amici o parenti. È difficile pure scriverne. In una grande
città la mattina non incontri il politico di cui hai parlato, qui è
capace trovartelo davanti mentre prendi un caffé. Se non lui, un
suo parente, un suo amico, un suo fans. Allora, se non hai proprio un
obbligo professionale, chi te lo fa fare a dire? Tenendo anche conto
che il dire, lo scrivere, il
post(are)
, non cambia niente ed è praticamente inutile se non quale sciocca soddisfazione personale.
E' un fatto, ad
esempio, che persone che sostengono l'attuale amministrazione
civica, che magari si sono anche candidate nelle sue liste
elettorali oppure ricoprono incarichi politici su sua designazione,
sono o sono state protagoniste di realtà associative o
organizzazioni civili che beneficiano di contributi o sovvenzioni
decise dalla medesima amministrazione.
E' un bene o un
male? Non lo so. È un fatto, semplicemente oggettivo. Ed è una
conseguenza di quanto si diceva all'inizio: l'essere tutti più o
meno amici o parenti.
Ora, quando queste
persone esprimono opinioni, o peggio dovessero pontificare, magari
sui social, bisognerebbe tener conto che quelle opinione risentono,
come è naturale che sia, dell'amicizia, delle aspettative e degli
interessi personali ancorché legittimi. Occorrerebbe tenerlo bene a
mente, in nome della realtà vera dei fatti. Ma è difficile.
Sovveniva questa
peculiarità della provincia italica, leggendo delle polemiche sulla
commissione per la concessione dei contributi municipali qui a Roseto. Al di là
del merito, v'è un presupposto: le commissioni, i consigli, i
comitati istituzionali, gli onnipresenti “Tavoli” eccetera;
ovvero gli organismi più o meno formali della cosiddetta
“democrazia”, risentono gioco forza della piccola realtà di cui
si cennava avanti. Formalmente stanno in piedi, ma di fatto,
nella sostanza materiale della politica, non hanno alcun significato,
né potrebbero averlo. Oltrettutto, alla gente comune non importa un
accidente di queste commissioni, comitati o come si chiamano e
nemmeno dei contributi, i quali semmai possono suscitare l'attenzione solo degli
interessati, come è normale tra l'altro.
Sarebbe tutto più
chiaro allora se non esistessero proprio tali commissioni o al limite
fossero composte solo dalle maggioranze di turno. L'opposizione, se proprio dev'esserci (ma nessuno dice che dev'esserci per forza) dovrebbe
svolgersi fuori di loro. Meglio ancora non vi fosse per niente una opposizione. Tu eleggi
un sindaco? Lui fa quello che vuole per cinque, dieci anni e poi fa
quello che vuole colui che viene appresso e quello che verrà ancora
dopo. Sarebbe tutto enormemente più chiaro.
Perché tu, in
fondo in fondo, eleggi un sindaco, un consigliere, un deputato o quel che vuoi sì per amministrare un ente pubblico, ma soprattutto affinché
sia soddisfatto lui, sia contento lui del raggiunto status. Lo eleggi
perché lui (o lei fa lo stesso) possano ritenersi appagati nelle
loro aspirazioni o ambizioni; possano somministrare sermoni; possano
“comunicare” (come amano dire) e ricevere applausi. Insomma,
possano sentirsi un gradino sopra gli altri.
Suvvia,
ammettiamolo: la missione della politica, soprattutto alle scale
locali, è il compiacimento verso sé stessi di coloro che ne sono parte. Tutto il resto è solo un modo di dire.