sabato 21 gennaio 2023

Ci siamo abituati all'infelicità

Cogitavo su quanto ho speso in questo inizio anno. Dunque ho visto “uscire” dal conto corrente 750 euro per la manutenzione dell'auto, una utilitaria a gpl di nessuna pretenziosità tra l'altro. Difatti ho dovuto sostituire le gomme, oltre olio e quant'altro, anche per effetto delle leggi che partoriscono a dismisura i governanti (non solo gli ultimi, ovvio, ma non escluso gli ultimi, altrettanto ovvio). Poi mi sono arrivate bollette e quote condominiali per circa 460 euro. Quindi il bollo, sempre per l'auto (174 euro circa), una tassa per un ente del quale sono obbligato a rimanere “socio” (120 euro), ed un pezzo di ricambio per un piccolo aggeggio elettrico che uso per radermi (circa 35 euro). In totale, in un mese, 1.500 euro malcontate. Escluso la spesa per mangiare e le spese sanitarie, che, purtroppo, vista l'età, un po' ci sono sempre.

Ora, mi chiedo, lasciamo stare “io”, che vabbé, finché posso campare... campo! Ma come si fa a vivere con stipendi intorno ai mille euro al mese ed anche meno? O, meglio ancora, a vivere di lavoro “volontario”, cioè senza essere pagati? Magari si campa meglio di me, anzi senz'altro ed è augurabile sinceramente, ma, senza fare gli affari altrui me lo chiedo, ogni tanto. Per riflettere piuttosto sulla condizione del lavoro oggi.

Viviamo infatti un tempo in cui il lavoro è la gioia dei... datori di lavoro! C'è una forza lavoro smisurata, data la disoccupazione. Senza nessuna pretesa. Che non protesta, anche perché lo facesse verrebbe immediatamente emarginata. Che rinuncia al proprio tempo di vita privata per il lavoro. Che non accampa diritti un po' perché non può ed un po' perché è persuasa di non averli.

Un mondo “perfetto” per chi del frutto del lavoro altrui beneficia. Ma che genera tanta infelicità. Si nota la mattina al bar. Non vedo gente contenta di andare a lavorare. Vedo persone che non sorridono, con lo sguardo basso, insoddisfatte di essere trattate come vengono trattate e pur costrette a subire. Oggi attraverso il lavoro, nella maggior parte dei casi, tranne qualche eccezione, non si ci realizza: tutt'altro.

Ecco allora che tutto questo caro vita, caro bollette, caro benzina o fate voi è, magari incidentalmente, funzionale a tenere la società sottoscacco. A tenerci buoni, insomma, se no è peggio. Una società infelice che infelicemente spende quel che può. Finora regge. Ma fino a quando? E soprattutto, a che prezzo in termini di reale qualità della vita?

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