Certe volte ci si
chiede come mai i politici e tra essi più di tutti i sindaci, siano
tanto interessati alle presentazioni di libri, di spettacoli, di
manifestazioni le più varie. Hanno una particolare premura per la
cultura? Può essere, ma forse non è il motivo principale. La
spiegazione appare piuttosto un'altra.
Si può provare a
descriverla così. Il nostro tempo di “umani-cittadini”, infatti,
è per lo più occupato dal lavoro, oggi purtroppo a volte di fatto
semi-schiavistico, con turni massacranti, orari impossibili, diritti negati. Dopo il lavoro, molto occupa la nostra
preoccupazione la salute, specie a pensare come è ridotta ormai
l'assistenza sanitaria. Seguono i servizi, la scuola per chi ha
figli, la casa, il mutuo, eccetera.
Se siamo fortunati,
la cosiddetta cultura potrà occupare si e no il 10 per cento
del nostro tempo. E nemmeno per tutti. A volte solo per delle
“nicchie” sociali. Ma nonostante ciò presiede il 90 per cento
buono delle comunicazioni dei sindaci. Come mai? Per una semplice
ragione. Perché quel dieci per cento del tempo che dedichiamo allo
svago è il momento migliore della nostra giornata o della nostra
settimana di comuni mortali; il nostro momento libero; il nostro
piccolo scaccia-pensieri. Siamo perciò naturalmente ben disposti
verso questo minimo ristoro che ci concediamo. Siamo ben disposti
anche se non ce lo concediamo personalmente: perché se annunci una
cosa bella anche chi non vi partecipa ne gode in qualche modo.
Ecco allora che se
i sindaci riescono ad associare la loro immagine a tale momento di
relax dal nostro travaglio quotidiano, allora si sono assicurati una
popolarità, una notorietà, una risonanza, una pubblicità a buon mercato. A
nessuno, infatti, dispiace sapere che si svolgerà il tal spettacolo,
quel particolare evento sportivo, quella speciale manifestazione
pubblica. Se allora te lo annuncia il sindaco o il politico di turno,
con la sua foto, il suo sorriso migliore, la sua
dichiarazione-stampa, ecco che per una semplice associazione mentale,
siamo portati ad apprezzare. È come un transfert: ci piace l'evento
di conseguenza esprimiamo gradimento a loro che ce lo porgono via
social o via media.
Naturalmente loro
lo sanno bene e sfruttano l'occasione. Il problema, però, è uno
solo: quel consenso così costruito è provvisorio, perché poi i
problemi pressanti del lavoro, della salute, della disponibilità di
denaro, del futuro nostro e di chi ci è caro riprendono il
sopravvento. E la cultura resta solo un ottimo momento di
distrazione a vantaggio del potere di turno. Che non a caso
in genere se ne impossessa e si dota anche di guru del settore che ne
consigliano come sfruttarne al meglio l'effetto.
Che poi sia la
cultura-istituzionale che il lavoro dei guru siano quasi sempre anche a
nostre spese è, come ovvio, tutto un altro discorso.