sabato 4 aprile 2020

Buoni spesa? Mica tanto

ROSETO. Era chiaro che scoppiasse ed è scoppiata. Come vanno distribuiti i “buoni spesa” per l'emergenza? Spettano ai più bisognosi. Che devono chiederli, facendone loro stessi domanda.

Ma l'Italia è ormai la “Repubblica dei sindaci”. Fanno e disfano come vogliono. Hanno poteri enormi e quelli che non hanno fanno finta di averli lo stesso, specie durante le emergenze. Così si corre il rischio che uno è povero se vive là e non lo è se stà colà. Le opposizioni politiche insinuano il sospetto nei criteri per la scelta. Risorge l'atavico dubbio del clientelismo, che è il marchio di fabbrica di tutta la politica italiana, di qualunque colore.

Eppure, uno si chiede, ma gli uffici delle tasse non sanno tutto di noi? Non conoscono i redditi dichiarati, le case che abbiamo, eccetera? Quindi lo Stato sà, già di suo conosce. Ci sono poi le cosiddette “Isee”, cioè il reddito che tiene conto anche del patrimonio, dei depositi bancari, eccetera. Quante “Isee” si presentano nei Comuni per i vari servizi? Quindi i Comuni, reperendo nei loro archivi informatici le “Isee” già presentate per altri servizi, potrebbero tranquillamente sapere chi è in situazioni critiche e chi no. Esistono poi i servizi sociali, che già seguono situazioni di marginalità e quindi conoscono. E questa è la strada che, essenzialmente, si è scelta a Roseto.

Ma, alla fin fine, c'è sempre la statistica. In Italia, per l'Istat, circa l'11 per cento delle famiglie sono povere. Si può fare una media. A Roseto, seguendo a spanne questo indice dovrebbero esserci un migliaio di famiglie in difficoltà. Lo Stato ha assegnato al Comune 186 mila euro per i “Buoni spesa”. Facendo davvero i conti della serva, come si suol dire, toccherebbero in media meno di 200 euro a famiglia. E per queste 200 euro appena da distribuire si è scatenata la bagarre politica.

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