ROSETO. Era chiaro che
scoppiasse ed è scoppiata. Come vanno distribuiti i “buoni spesa”
per l'emergenza? Spettano ai più bisognosi. Che devono chiederli,
facendone loro stessi domanda.
Ma l'Italia è
ormai la “Repubblica dei sindaci”. Fanno e disfano come vogliono.
Hanno poteri enormi e quelli che non hanno fanno finta di averli lo
stesso, specie durante le emergenze. Così si corre il rischio che
uno è povero se vive là e non lo è se stà colà. Le opposizioni
politiche insinuano il sospetto nei criteri per la scelta. Risorge
l'atavico dubbio del clientelismo, che è il marchio di fabbrica di
tutta la politica italiana, di qualunque colore.
Eppure, uno si
chiede, ma gli uffici delle tasse non sanno tutto di noi? Non
conoscono i redditi dichiarati, le case che abbiamo, eccetera? Quindi
lo Stato sà, già di suo conosce. Ci sono poi le cosiddette “Isee”,
cioè il reddito che tiene conto anche del patrimonio, dei depositi
bancari, eccetera. Quante “Isee” si presentano nei Comuni per i
vari servizi? Quindi i Comuni, reperendo nei loro archivi informatici
le “Isee” già presentate per altri servizi, potrebbero
tranquillamente sapere chi è in situazioni critiche e chi no.
Esistono poi i servizi sociali, che già seguono situazioni di
marginalità e quindi conoscono. E questa è la strada che,
essenzialmente, si è scelta a Roseto.
Ma, alla fin fine,
c'è sempre la statistica. In Italia, per l'Istat, circa l'11 per
cento delle famiglie sono povere. Si può fare una media. A Roseto,
seguendo a spanne questo indice dovrebbero esserci un migliaio di
famiglie in difficoltà. Lo Stato ha assegnato al Comune 186 mila
euro per i “Buoni spesa”. Facendo davvero i conti della serva,
come si suol dire, toccherebbero in media meno di 200 euro a
famiglia. E per queste 200 euro appena da distribuire si è scatenata
la bagarre politica.
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