sabato 8 febbraio 2020

Nasce a Roseto un innovativo sistema di assistenza domiciliare per i malati oncologici

 

ROSETO. Parliamoci chiaro: un servizio così è da città medio-grande; da centro-nord del Paese. A Roseto – e con una piccola associazione – lo fai solo se 25 anni fa circa hai gettato un seme. Se per un quarto di secolo hai arato un campo. Se hai passione e competenza. Ed un certo modo di pensare alla vita, ai problemi sociali ed anche alla politica, se posso permettermi. Nasce da lì, da quel seme, da quel campo arato, “Rosa per la Vita”, una associazione che vuole occuparsi dell'assistenza domiciliare dei malati oncologici.

Ma attenzione: il modo di lavorare scelto dalle socie (tutte al femminile) di “Rosa per la Vita” è particolare. Loro operano in convenzione con la ASL di Teramo. E vanno a coprire, seppur sperimentalmente per sei mesi, una fase dell'assistenza che è fuori dagli usuali interventi della ASL. O perché si tratta di malati che sono seguiti da altre strutture o perché sono in uno stadio della malattia né troppo precoce né troppo avanzato. Per questo hanno voluto un oncologo, tra l'altro molto giovane, il dottor Davide Brocco ed una infermiera, Paola Di Gialleonardo.

Ora, detto così significa ancora poco. Per capire, fate mente locale ad una cosa. Pensate a coloro che sono colpiti dalla malattia. Molti di noi ne hanno o ne hanno avuto purtroppo esperienza. Chi scrive ne ha avuto prova. Ebbene, si è fragili. La sofferenza rende esposti. La sofferenza, per me, dovrebbe essere cancellata dalla faccia della terra. La trovo criminogena. E se si è soli è peggio. Ecco allora che una mano, un aiuto, un appoggio, qualcuno su cui contare può tornare utile. Specie se è un aiuto qualificato; un aiuto medico; un aiuto infermieristico; un aiuto sensibile sul piano umano. Qui c'è il ruolo di “Rosa per la Vita”, al punto.

Lo affermo perché ho la fortuna di conoscere personalmente alcune delle protagoniste di questa associazione (sono tutte nella foto). Protagoniste al femminile dicevo, perché anche questa storia rosetana è donna. Di loro, di qualcuna di loro in particolare, mi sento tra l'altro molto amico. So come la pensa su questi argomenti. Conosco la sua filosofia operativa. E di lei – di loro - mi fido. È la mia opionione, naturalmente.

Perché qui la fiducia gioca un ruolo importante. L'associazione, infatti, parte da una donazione, da un lascito, come si dice. E raccoglie fondi assolutamente volontari in città. Fondi che poi vengono “girati” alla ASL per remunerare l'equipe medica. L'obiettivo, infatti, è non fermarsi a sei mesi, ma rendere stabile il servizio e magari espanderlo al territorio. Perché questa, come ha detto il dottor Giandomenico Pinto, dirigente del distretto sanitario rosetano, è davvero “medicina del territorio”. Ed è anche “medicina integrativa”, che non collide, come detto, con il servizio pubblico ma lo espande a settori da esso non raggiunti.

Ecco allora i nomi di “Rosa per la vita” presenti questa mattina in conferenza stampa: Raffaella Marini (presidente), Raffaella D'Elpidio, Maria Cristina Marini, Emma Furia e Teresa Ginoble (presidente consiglio comunale di Roseto). E qui so di attirarmi delle antipatie politiche, ma non me ne importa un accidente: Teresa Ginoble è una che ha saputo tradurre il sociale nella politica di un ente locale. Ed ha saputo coinvolgere. Nel bene e nel male, naturalmente: questo sta alle opinioni. Dietro alcuni di questi nomi, chi è di Roseto, legge una storia. Ed una storia che parla del carattere di una comunità, o almeno di una parte non lieve di essa.

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