martedì 28 novembre 2023

Riusciamo a far campanile pure sulle olive


CHIETI. Un ponderoso convegno internazionale tenuto all'auditorium del rettorato dell'università “D'Annunzio”, ha affrontato sotto le più complesse analisi il tema dell'olio. Di una pianta, l'olivo vale a dire, più che millenaria. Diffusa tra il 30° ed il 40° parellelo del globo, ma soprattutto nel bacino del Mediterraneo. Come ritrovamenti risalenti a 6-7 mila anni fa testimoniano copiosi. Di qui, per mano dell'emigrazione italiana e spagnola, l'olivo e poi sbarcato qualche secolo fa anche in america latina, soprattutto Argentina.

Tuttavia, con le sue 3 milioni di tonnellate, l'olio d'olivo rappresenta solo una piccola percentuale dell'olio prodotto a livello mondiale, ben più “spremuto” da soia e palma, che rappresentano 30 milioni di tonnellate almeno. Ed al primo posto in Europa non v'è certo l'Italia, che ha dimezzato la produzione negli ultimi vent'anni, ma la Spagna. Dove si coltivano anche 1.500-2.000 piante per ettaro contro le nostre 4-500 piante per ettaro.

Del resto se la Spagna punta ai grandi mercati, con produzioni d'olio comune, noi pensiamo agli oli di qualità, con costi di produzione almeno doppi di quelli spagnoli. Ma anche con cosiddetti “dop” rschiamo il solito caos italiano, ed abruzzese in particolare. Dove stiamo spezzettando i “dop” stessi per aree geografiche sempre più limitate, quasi a scala di “campanile”, per ciò stesso sconosciute ai grandi mercati dove si riesce a penetrare con enorme difficoltà. Del resto da noi il consenso, latamente politico, è molto localizzato, senza badare a ciò che si perde con questa visione a cortissimo raggio.

Ma l'olio non è soltanto una questione economica e culturale. È noto infatti che esso è anche un ottimo alimento, pieno di qualità nutrienti che fanno bene alla salute e combattono le temibili infiammazioni del nostro fisico. Come ha sottolineato, tra le altre, cose, il professor Angelo Cichelli, che si occupa di chimica e non solo per l'ateneo di Chieti-Pescara e che ha fatto un intervento a dir il vero senza tanti peli sulla lingua.

L'olivo è il primo di tutti gli alberi, recita il titolo del convegno. Ma le olive, ahimé, possono essere seconde, terze o ennesime a seconda delle politiche che incontrano nel loro storico divenire.

giovedì 23 novembre 2023

La dottrina sociale della chiesa in versione attuale


S.Omero (Te). Eppoi, in uno di quei pomeriggi d'edizione breve autunnale, avendone avuto notizia, ecco venirti di curiosità un giretto in S.Omero, in quella Val Vibrata un tempo fertile serbatoio d'imprenditoria teramana. Nella cui cui sala polifunzionale, fresca di vernice essendo in esercizio da tre anni appena, parlasi di dottrina sociale della chiesa (per la precisione del titolo vedere immagine qui riprodotta). Argomento codesto, per chi ha il pelo grigio come lo scrivente, di reminiscenze giovanili, quando quasi per antonomasia veniva considerata un pò di sinistra e assai mal dirigerita dagli ambienti più conservatori della DC in quanto tacciata latamente di “comunismo”.

Ed invece era una via molto intelligente di lettura direi “cristiana” della realtà. Per cui sollecita vedere come s'è adattata ai tempi così enormemente mutati. E la curiosità, devo dire, è stata ben ripagata. In quanto l'incontro è stato di livello, con le categorie sociali tipo confindustria locale, confartigianato locale, coldiretti locale e così via e la presenza attenta e partecipe del vescovo di Teramo, monsignor Lorenzo Leuzzi.

E così si è spaziato dai trattori “intelligenti” che mappano la campagna da arare a mò di navicella spaziale a rendere l'agricoltura quattro-punto-qualcosa, alla difficoltà del credito per la piccola imprenditoria, alle nuove forme solidaristiche dei movimenti cristiani che vivono una inedita stagione “imprenditoriale” a mezzo secolo dalla loro fondazione. Ma l'intervento per certi versi decisivo è venuto da una imprenditrice di successo, cattolica e donna, erede di una casa vinicola di prim'ordine come le “Cantine Pepe”, ovvero la signora Daniela Pepe.

La quale ha declinato in maniera aggiornata quello che può essere il rapporto tra fede & ragione, o per meglio dire come un'azienda quando è attenta ai tempi, produce ecologico, bada alla qualità, può far ottimi profitti ed offrire lavoro qualificato. Perché se c'è il guadagno tutti stanno meglio – ha detto la signora Pepe – imprenditori e lavoratori. Nel suo caso lavoratori spesso giovani e motivati, magari reduci da stage all'estero, che hanno capito i gusti del mercato e sanno approfittare degli incentivi per una agricoltura all'avanguardia. Di qui l'ottimismo della signora Pepe, la quale si ispira ad una filosofia interessante: occupati di quello che puoi fare e puoi cambiare, perché se assorbi tutte le negatività che ti propinano i mezzi d'informazione, sulle quali nulla puoi, ti deprimi solamente.

Il che fa concludere al vescovo Leuzzi che “la società di oggi non spinge ad essere protagonisti, imprenditori di sé stessi, ma passivi oggetto di consumo” e magari vittime predestinate dell'intelligenza artificiale.

Insomma, nemmeno la dottrina sociale della chiesa sa più molto bene come interpretar la storia, ma ha dalla sua una strategia infallibile: ascolta, scruta e cerca di capire. In fondo cos'altro ci sarebbe da fare in questo mondo periglioso, ma anche pieno d'opportunità a saperle cogliere? Ecco, la signora Pepe sa come coglierle. Ma si deve dire: non tutti i casi sono uguali. Anche se – assicura lei – le esperienze buone ci sono, solo che nessuno le racconta. E speriamo sia vero, chiaramente.

P.s.: il caffé offerto in conclusione dal sindaco di S.Omero era davvero turbo: buonissimo!

Voglio un cornetto!

Siamo il Paese dell'arte, della cultura, del bello e... delle frane. Abbiamo opere pubbliche di burro, pagate come pepite d'oro. Sono costruite per il clima mite: se piove si sbriciolano. Scriviamo libri a raffica, sappiamo tutto di tutto, siamo professori in ogni cosa. Abbiamo sindaci che tagliano nastri per eventi di ogni genere. E qualcuno fa anche il cine-operatore di sé stesso. Ma se si mette male, la colpa è del clima impazzito e vai!

Piantiamo alberi bonsai nei giardini delle sciuole e ci auto-propagandiamo come i messia del nuovo mondo. Senza sapere che la Festa dell'albero il 21 novembre si celebra da 125 anni (istituita nel 1898), ed anche allora si davano premi agli alunni e si facevano i discorsi delle “Autorità”. Nel 1952, alle porte della capitale, la Guardia Forestale, allora corpo militare, piantò circa 2 mila alberi. Ed il mondo non cambiò. Ma per fortuna, al tempo, nessuno aveva di queste smanie.

Preferiamo sbirciare per giorni e settimane su tragici fatti della cronaca. Senza ricordare alcune donne di pratica contadina e di epoca pre-pre-emancipazione che maschietti della taglia di quelli in pagina al momento li avrebbero passati a fil di forcone con una certa agevolezza. Francamente la mattina, più che leggere i giornali o compulsare i social, ho voglia di un buon cornetto e d'un caffé.

Insomma, ci piace chiacchierare. E scrivere nei social. Come sto facendo io in questo momento.

Buona giornata

sabato 18 novembre 2023

Che il Dio-Palla ci assista!

ROSETO. Che poi, occhiando le notizie dell'oggidì, che vien fuori? Che i ponti quando crollano inevitabilmente si aprono le inchieste, ma per ricostruirli aspetta e spera! Che qualche anziano lavora col trattore e magari si ribalta. E forse non c'entra il bisogno, ma l'abitudine al lavoro-lavoro-lavoro, come una forma mentis. Che gli incidenti stradali non mancano ed i sindaci si sono ormai messi in testa che devono limitare tutto (ma perché non vietano in assoluto l'uso dell'auto e buonanotte?)

E poi c'è la campagna elettorale per le regionali che si avvicina. E lo sciopero di ieri con manifestazione abruzzese a Lanciano. A proposito, stamattina una ragazza che ha partecipato mi ha detto: “...E' buffa sta cosa! Lui ha 2 milioni e mezzo di voti (l'8% nel 2022), noi abbiamo 5 milioni di iscritti, ma noi saremmo una minoranza e lui no!”. Ed il riferimento va a Matteo Salvini, leader della Lega che si è messo a fare il duro uomo-di-destra-destra nella circostanza. “Io comunque – ha continuato la giovane – sono andata perché ancora studio, avessi avuto un lavoro non avrei partecipato: non mi fido!”

Per fortuna che c'è lo sport. Ieri sera gli Azzurri hanno vinto. Con la Macedonia. Un piccolo paese nel mezzo dei Balcani. Grande poco più dell'Abruzzo: 2 milioni di abitanti (meno di Roma, per intendeci): stipendio medio, 550 euro al mese. Ecco, qualcosa in comune con i macedoni l'abbiamo: lo stipendio è uguale a quello di molti lavoratori italiani precari. Noi però li abbiamo battuti. Anche come retribuzione minima a dir il vero li battiamo: da noi, infatti, può capitare di lavorare anche per 507 euro/mese. Poi naturalmente facciamo delle collette molto rituali, molto istituzionali, molto politicizzate e ci tiriamo un sacco sù di morale. Ce ne vantiamo, insomma. Ci diamo un tono, come si dice!

Che il Dio-Palla ci assista!


venerdì 17 novembre 2023

"Da noi in provincia lo sciopero fallisce anche se riesce"

Da noi in provincia lo sciopero fallisce anche se riesce.

Perché da noi in provincia la gente non sciopera.

Perché quelli che avrebbero ragione di scioperare sono pagati troppo poco per poterselo permettere.


Da noi in provincia lo sciopero fallisce anche se riesce.

Perché c'è una cultura religiosa del lavoro.

Per cui il lavoro è un dono anche quando consuma la tua salute fisica e mentale ed arricchisce a dismisura le tasche del profitto di pochi.


Da noi in provincia lo sciopero fallisce anche se riesce.

Perché ci sono sacche di povertà reali, anche se tenute ben nascoste.

E perché c'è anche gente che va a lavorare in bicicletta non per snobismo o ecologismo, ma perché non ha i soldi per mettere la benzina alla macchina.


Da noi in provincia lo sciopero fallisce anche se riesce. E sempre più fallirà, ahimé!

lunedì 13 novembre 2023

Il Pd offre collaborazione a Nugnes per riportare il consultorio a Roseto

ROSETO. Il caso del consultorio familiare di Roseto (trasferito, come si sa, a Notaresco nella sua parte più corposa dal 25 agosto di quest'anno) sbarca in consiglio regionale. Ve lo ha portato il consigliere regionale Dino Pepe (Pd), con una interpellanza che dovrebbe essere discussa domani. E che è stata illustrata questa mattina con una conferenza-stampa all'hotel “Liberty” di Roseto, alla presenza di tanti esponenti del Pd rosetano a cominciare dalla segretaria cittadina, Emanuela Ferretti, dall'ex-sindaco Sabatino di Girolamo e dall'ex-consigliere comunale, nonché esperto medico, Celestino Salvatore.
Emanuela Ferretti e Dino Pepe

Prima di riferire, però, va ricordato che il tutto nasce a causa di una diciamo così “dimenticanza” del sindaco, Mario Nugnes, che non ha offerto per tempo alla Asl locali alternativi in attesa che la Asl stessa svolgesse i lavori nell'immobile fino a circa tre mesi fa sede del consultorio. Dimenticanza a dir il vero che il sindaco ha sempre negato. Lui ha sempre detto, infatti, che non sapeva che la Asl voleva spostare il servizio, altrimenti avrebbe provveduto.

Si fosse trovato infatti un locale alternativo il problema non sarebbe sorto. E nemmeno i disagi agli utenti, costretti a spostarsi a Notaresco per i servizi. Utenti a dire il vero del tutto silenziosi e assolutamente alieni da qualsiasi protesta, perciò di nessuna preoccupazione concreta per il consenso politico del sindaco stesso. Tanto è vero che la sede provvisoria del consultorio è stata individuata in via Marina dopo ben 40 giorni dal trasferimento e tuttora non è stata minimante sistemata, in attesa di una fantomatica risorsa di bilancio che sarebbe forse stata individuata qualche giorno fa. Quindi, campa cavallo.

Questa mattina, tuttavia, il Pd non ha potuto puntare il dito più che tanto verso Nugnes. Preferendo piuttosto prendersela con la Regione. Del resto è comprensibile. Le elezioni regionali sono vicine e in questa tornata elettorale-regionale il gruppo politico di “Azione”, a Roseto più propriamente, rappresentato da Sottanelli-Pavone-Nugnes ed il Pd sono alleati. Per cui la segretaria, Emanuela Ferretti, ha preferito rimarcare (per ben due volte) che loro voglio collaborare con Nugnes alla soluzione del problema.

Che dire allora? Buona fortuna.

domenica 5 novembre 2023

Lo sfasciume pendulo del post-umano

E poi parte il solito cliché. Dopo ogni alluvione o disastro più o meno naturale, in radio e TV, va in onda il giorno dell'orgoglio, della ripartenza, del cuore grande del volontariato. E cosa potresti fare, il giorno appresso, se non ripartire? Rimanere nel fango, forse? Ed a questo si affiancano invariabilmente le interviste ben disposte verso i sindaci, immancabilmente eroi, inevitabilmente amatissimi dalla gente.

Come non fossero loro, gli amministratori locali dei disgraziati Comuni italiani, i responsabili di quel consumo del suolo che d'altra parte, nelle stesse ore, con spudorato senso della contraddizione, si imputa a corresponsabile dei disastri stessi. Come non fossero i sindaci a dare i permessi per costuire più o meno ovunque. Come non fossero loro ad approvare piani regolatori che consentono tutto ed il contrario di tutto e se non lo consentono a cambiarli a posteriori con le famigerate varianti urbanistiche.

Se c'è in Italia una potestà quasi onnipotente sul governo del territorio, questa è dei sindaci e dei presidenti delle Regioni subito dopo. Ma in quest'epoca post-umana, nel senso del post-umanesimo (cit. ad es. Rosy Braidotti) i confini della ragione sfumano nel cyberspazio. E così i sindaci possono fare il bello e cattivo tempo, con la fortuna di farsi passare pure per vittime piuttosto che per protagonisti pressocchè assoluti del disastroso governo del territorio, atavica piaga di un Paese che già a fine Ottocento uno studioso e senatore, Giustino Fortunato, definiva dello “Sfasciume pendulo”.

Lui si riferiva solo alla Calabria: adesso è tutto il Paese: abbiamo fatto progressi.

venerdì 3 novembre 2023

"Aveva torto e non avevo ragione": per dir del 4 Novembre e dintorni

Il 4 novembre tutti i sindaci, di piccoli e grandi municipi, celebrano la Giornata delle Forze Armate, un tempo Festa della Vittoria. Ricordano cioè la fine della Prima Guerra Mondiale, avvenuta appunto il 4 novembre 1918. Quasi sempre sono celebrazioni formali, dogmatiche, rituali. In fondo è più facile celebrare guerre passate che prendere posizione su guerre attuali. Sarebbe invece il caso di una riflessione sul perché quelle carneficine non ci hanno insegnato nulla e, vi fossero le stesse sciagurate condizioni, si ripeterebbero oggidì tal quali anzi peggio. Come del resto si ripetono, seppur a scala diversa, ma con identico principio in Ucraina o in Palestina.

Eppure proprio con quella Grande Guerra 15-18 venne meno la definizione giuridica classica della guerra stessa, non più “conflitto armato tra Stati”, ma guerra di sterminio, massacro di 600 mila uomini, tragedia che papa Benedetto XV° definì “l'inutile strage” ed a cui la socialista Rosa Luxembourg si oppose con tutte le sue forze. Con quella guerra scomparve il concetto di “risarcimento equilibrato ad uno Stato che ritiene di aver subito un danno”.

Principio questo spazzato via del tutto dal secondo conflitto mondiale. Guerra di massa. Con i civili vittime più dei militari. Guerra totalitaria, come teorizzato dai totalitarismi del '900 appunto. È da quel flagello umano che nacque l'articolo 11 della Cotituzione e la Carta delle Nazioni Unite. Ove il ripudio alla guerra viene non da pulsioni meramente “pacifiste”, ma da ragioni profondamente Umane. Dalla convinzione che alla guerra moderna, alla guerra delle bombe sempre più micidiali non c'è rimedio o risarcimento. Perché alla guerra d'oggi il risarcimento è sempre ingiusto. Ed allora la domanda è un'altra: come si può governare il mondo senza fare la guerra? Come si possono fermare le guerre che più che portarla allontano sempre più la democrazia?

Una domanda cui anche quest'anno il 4 novembre non darà alcuna risposta. Non sarà dunque l'occasione per costruire un futuro diverso da quello che ci è dato in sorte. Anche quest'anno non sarà l'occasione per rivedere il passato non per giustificarlo o per condannarlo, ma per capirlo. Anche quest'anno non sarà l'occasione, per dirla con Franco Fortini (scrittore del '900 dal forte impegno civile): “Aveva torto e non avevo ragione”.

mercoledì 1 novembre 2023

Sono i giorni della zucca

Scorrono le immagini. In Tv.

Delle bombe della guerra, che cadono su ospedali e fuggitivi. Si ammazza con ferocia in risposta a feroci uccisioni. La logica è sempre quella: a massacro, massacro e mezzo. Si fa strage per evitare future stragi, che puntuali arriveranno. Va così dalla notte dei tempi. Fortunato solo chi vive a cavallo tra una strage e l'altra; nel breve periodo di pace che la paura concede agli uomini.

Su Milano, intanto, cadono altre bombe, per fortuna solo d'acqua. Mandano comunque in gondola le strade. Con alcuni abitanti della città smart; della città ecologica; della città che vieta l'ingresso alle auto vecchie, cioè quelle dei poveracci, che escono dalle finestre delle abitazioni allagate in braccio ai vigili del fuoco.

Scorrono in Tv, frattanto, le immagini di processi a genitori che hanno ammazzato i figli, mentre conviventi violenti non smettano di far fuori le compagne.

Altre bastonate, meno belliche per sorte, arrivano sui desideri dei sessantenni di andare in pensione. Il Governo ha detto di no: mancano i soldi.

Per fortuna abbiamo lo sport e gli spettacoli. Altrimenti ai ragazzi nostri che non vanno in guerra, ma spediamo a scuola anche il giorno della festa dei defunti, perché in difetto non farebbero in tempo a diventare tutti scienziati, che facciamo fare? Ah già! li facciamo mascherare per halloween, la festa delle zucche vuote.

Ma questi sono i giorni in cui i defunti presentano le loro esigenze. I fiorari si riempiono. I camposanto si affollano. Viene in mente un libro: “Attraversando l'anno” (ed. Il Mulino), scritto da un bravo storico: Duccio Balestracci.

Un libro in qualche modo sul calendario. Meglio: sui giorni rossi, quelli della festa, ed i giorni blu, quelli del lavoro. Diceva un grande storico, Jacques Goff: “Tutta la vita quotidiana, affettiva, dipende dal calendario”. Il calendario ci pone davanti alla natura: la onoriamo con la festa, per tenercela buona, visto che non sempre è benevola. Con la festa vogliamo avvicinare ciò che ci rende felici ed allontanare ciò che temiamo. E noi temiamo innanzitutto la morte, perciò cerchiamo di esorcizzarla in qualche maniera.

Gli uomini, in tutti i tempi ed in tutte le culture, si sono inventati tanti sistemi per fronteggiare la paura del tempo e quindi della morte ed anche quella della natura, ovvero dei pericoli. Scrive ancora Balestracci: “La natura è sovrannaturale. Per quanto paradossale possa suonare, la natura non è mai esclusivamente naturale, perché è sempre ricca di significato religioso (…) è quello che si riscontra, ad esempio, nelle culture africane per le quali la natura è manifestazione di un dio, perciò tutto ha un'anima, persino pietre e oggetti.”

L'autunno è allora tempo di passaggio: dalla luce alle tenebre dell'inverno, che già traguardano però all'orizzonte il ritorno della primavera. Noi celebriamo i defunti in questo periodo, in cui un tempo muore ed un altro rinascerà dopo l'inverno. Un tempo di attraversamento, vale a dire. Malgrado tutto, la speranza.

Nonostante le immagini. Che scorrono in Tv.