venerdì 16 dicembre 2022

La cultura e il marketing politico

Certe volte ci si chiede come mai i politici e tra essi più di tutti i sindaci, siano tanto interessati alle presentazioni di libri, di spettacoli, di manifestazioni le più varie. Hanno una particolare premura per la cultura? Può essere, ma forse non è il motivo principale. La spiegazione appare piuttosto un'altra.

Si può provare a descriverla così. Il nostro tempo di “umani-cittadini”, infatti, è per lo più occupato dal lavoro, oggi purtroppo a volte di fatto semi-schiavistico, con turni massacranti, orari impossibili, diritti negati. Dopo il lavoro, molto occupa la nostra preoccupazione la salute, specie a pensare come è ridotta ormai l'assistenza sanitaria. Seguono i servizi, la scuola per chi ha figli, la casa, il mutuo, eccetera.

Se siamo fortunati, la cosiddetta cultura potrà occupare si e no il 10 per cento del nostro tempo. E nemmeno per tutti. A volte solo per delle “nicchie” sociali. Ma nonostante ciò presiede il 90 per cento buono delle comunicazioni dei sindaci. Come mai? Per una semplice ragione. Perché quel dieci per cento del tempo che dedichiamo allo svago è il momento migliore della nostra giornata o della nostra settimana di comuni mortali; il nostro momento libero; il nostro piccolo scaccia-pensieri. Siamo perciò naturalmente ben disposti verso questo minimo ristoro che ci concediamo. Siamo ben disposti anche se non ce lo concediamo personalmente: perché se annunci una cosa bella anche chi non vi partecipa ne gode in qualche modo.

Ecco allora che se i sindaci riescono ad associare la loro immagine a tale momento di relax dal nostro travaglio quotidiano, allora si sono assicurati una popolarità, una notorietà, una risonanza, una pubblicità a buon mercato. A nessuno, infatti, dispiace sapere che si svolgerà il tal spettacolo, quel particolare evento sportivo, quella speciale manifestazione pubblica. Se allora te lo annuncia il sindaco o il politico di turno, con la sua foto, il suo sorriso migliore, la sua dichiarazione-stampa, ecco che per una semplice associazione mentale, siamo portati ad apprezzare. È come un transfert: ci piace l'evento di conseguenza esprimiamo gradimento a loro che ce lo porgono via social o via media.

Naturalmente loro lo sanno bene e sfruttano l'occasione. Il problema, però, è uno solo: quel consenso così costruito è provvisorio, perché poi i problemi pressanti del lavoro, della salute, della disponibilità di denaro, del futuro nostro e di chi ci è caro riprendono il sopravvento. E la cultura resta solo un ottimo momento di distrazione a vantaggio del potere di turno. Che non a caso in genere se ne impossessa e si dota anche di guru del settore che ne consigliano come sfruttarne al meglio l'effetto.

Che poi sia la cultura-istituzionale che il lavoro dei guru siano quasi sempre anche a nostre spese è, come ovvio, tutto un altro discorso.

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