P.s.: queste righe sono dell'opinione che difficilmente i “nuovi” inquilini del Palazzo si lasceranno coglier dall'occasione.
P.s.: queste righe sono dell'opinione che difficilmente i “nuovi” inquilini del Palazzo si lasceranno coglier dall'occasione.
ROSETO. I nuovi inquilini del Palazzo di Città, han deciso che la prima del consiglio comunale la terranno al palazzetto dello sport. Pare una scelta coerente con una opulenta campagna elettorale show.
Del resto la seduta inaugurale della consiliatura è in genere affare piuttosto formale. In pratica, l'unico punto che rileva sono le cosiddette condizioni di eleggibilità, ovvero eventuali incompatibilità. Ma è raro se ne verifichi alcuna. Non vale, perciò, l'appicco della partecipazione popolare. Partecipare a cosa, se cosa non si decide? Partecipare allora, forse, ad una “festa”, dove parenti ed amici, magari in abito da gala, s'affollano ad omaggiare i vincitori (elettorali) delle cariche (consiliari). Quindi un luogo di sport e spettacolo è il minimo che si possa escogitare come location.
Come che vada, dunque, sarà un successo. Del resto già il Vice del Sindaco ha comunicato che sistemerà presto i semafori, sorveglierà i ragazzi che sortiscono la notte dai locali a ché non sfascino la città e penserà pure ad appaltare le manutenzioni. Che volete di più? Tre dichiarazioni in tre giorni non bastano? Consiglierei però al sindaco di non avere fretta. È probabile avrà dieci anni da sindaco davanti. Prima o poi andranno tutti con lui. L'unico suo problema è che non avrà (quasi) opposizione. Ed il non avere opposizione può essere uno svantaggio. In certi casi.
Per ora comunque auguri. È bello vedere tal politica spettacolo; questa politica vetrina; questo dinamismo giovanile quasi da gladiatores (politici) senza macchia e senza paura che dominano l'arena (sportiva) mentre dagli spalti s'alza costante il grido del pubblico plaudente: bravi...! bravi...! bravi...! Che vi devo dire? a me piace una politica così... nuova! Sembra quasi uno stile alla Rocco Casalino in sedicesimo. Come dire: da cittadino pagante e non partecipante, piace!
Si tratta, in breve, dei “Giochi Special Olympics”, che puntano all'inclusione dei ragazzi con qualche disagio secondo una speciale formula che li vede compartecipi con tutti gli altri ragazzi. Ne è protagonista, a livello di passione e di insegnante, la professoressa Licia Carminucci. Le gare saranno sia di basket che di calcio a cinque e sono davvero una sfida per una vita piena, se mi si passa il termine.
Accanto a queste iniziative ve ne sono altre di scambi-culturali con l'estero. Sono curate in particolare dalla professoressa Marisa di Silvestre. Riguardano per una parte i rapporti con una scuola Belga, mentre altre si riferiscono a quello che si definisce in gergo scolastico come “D-Valutazione”. Il tutto nell'ambito dell'internazionalizzazione degli studi per i quali il “Moretti” sta preparando anche un progetto verso gli Stati Uniti.
Insomma, tutto lascia ben sperare per una ripresa di questi speciali versanti della didattica, in cui il “Moretti” di Roseto è davvero un'eccellenza.
ROSETO. Una lettrice di questa pagina, molto appassionata di politica e molto competente in materia, si sta divertendo, in questi primi giorni di amministrazione Nugnes, a collezionare alcune “perle”. Siccome è anche una cara amica, me le ha suggerite. Appunto perché amica, però, non mi sembra giusto che me ne appropri senza dichiararlo, seppur tutelando la sua riservatezza. Anche perché ho l'impressione che della sua passione per la politica presto torneremo a parlare. Vi basti sapere per ora che non abita propriamente a Roseto né vi lavora.
La prima riflessione che mi ha proposto riguarda il vicesindaco, Angelo Marcone. Si dà il caso, infatti, che il giovane Angelo sia stato descritto nel passato come non proprio antipatizzante della Lega di Salvini. Di qui la voce che molti elettori del Carroccio gli abbiano accordato fiducia nel segreto della cabina elettorale. Addirittura si ipotizza, politicamente parlando, che la presenza del sindaco di Giulianova, Ivan Costantini, al Palasport domenica sera, possa in qualche modo riferirsi a tale situazione politica. Bene, osserva la mia amica: ma questo Angelo Marcone, non era colui che un paio d'anni fa aveva chiuso con le formazioni civiche? Io non lo ricordo – comincio ad invecchiare – ma lei me ne fornisce ampia prova con un ritaglio di stampa inequivocabile.
Altra arguta osservazione. Il sindaco Nugnes, paladino del civismo a 24 carati, in realtà è stato ringraziato proprio da un partito: “Azione” di Carlo Calenda. Ed anche qui un qualche contrasto può esserci: come, ti definisci fuori dai partiti e poi “Azione” ci mette il cappello? Non bastavano le innumerevoli rivendicazioni di vittoria da parte dell'ex-deputato “Montiano”, Giulio Sottanelli, che di “Azione” abruzzese è una punta di diamante?Devo riconoscere che la lettrice è preparata. Da parte mia, però, aggiungo una gocciola prima che me la faccia secca: l'uniformità dello stile della mise dei nuovi arrivati a Palazzo di città. Quest'estate, durante un incontro pubblico, si fecero fotografare tutti in camicia bianca e pantalone nero. Adesso sfoggiano tutti la giacca scura perfettamente in linea con il colore della cravatta. Ma è una casualità che si vestono tutti uguali o è una sottile strategia comunicatva per far vedere che sono compattissimi?
Ecco, su questo, cara amica, mi sa che ti ho anticipato.
Mentre gli elettori erano quindi distratti dalle mille parole (inutili) della campagna elettorale, in realtà la politica che conta si dedicava alla concretezza della materia che tratta fin dalla notte dei tempi: il Potere allo stato puro.
Ora, come spiegare la parola Potere ad un lettore comune? Si potrebbe ricorrere, in termini giornalistici, a paragoni storici, che prescindono dal caso di specie. La storia politica italiana soprattutto, dice che occuparsi di enti che amministrano molto denaro pubblico, decidono contributi, affidano incarichi, danno lavoro e così via; quella storia appunto conferma che i gruppi che controllano in senso politico tali contesti in genere godono di maggiore consenso tra la gente. Acchiappano, insomma, più voti.
E ancora vero? In parte si. Ma non come nel passato. Perché? Per una semplice legge del mercato (politico): l'offerta a disposizione dei “clienti” (elettori) è infatti ormai inferiore alla domanda. Alla domanda cioè di lavoro, aiuti, sovvenzioni, eccetera. Non solo, ma la quantità di sprechi che una politica siffatta comporta, non compensa più la richiesta. Di qui bilanci da risanare e quant'altro.
Sapete allora qual è il bello? È che quei bilanci, adesso, dovranno essere votati proprio dai giovani di belle speranze che si sono presentati agli elettori con parole al miele. Perché certo sapranno, i solerti civici entrati in municipio con tanto di scoppiettar di petardi – tra l'altro pare esplosi a loro insaputa – che la Ruzzo è una partecipata del Comune. Avete idea cosa voglia dire? Significa che il bilancio del Comune in qualche modo contiene anche parte di quello del Ruzzo. Bilancio che tali giovani – ci si potrà scommettere – voteranno felici e contenti. Si spera questa volta non a loro insaputa come per i petardi artificiali di cui innanzi.
Com'è che recitava il detto? Il bello deve ancora venire, par facesse!
Bene. Affari loro, si direbbe. Se non per una faccenda: ma perché alla politica, vecchia, nuova o vattelappesca, interessa tanto il Bim ed il Ruzzo? Che cosa ci guadagniamo noi se la società che gestisce l'acqua (“Ruzzo”) o il consorzio che si occupa di territorio (“Bim”) cambiano riferimento politico? Pagheremo meno la bolletta dell'acqua? Avremo più servizi? Nel caso, quali servizi?
E poi, perché gestire questi enti, che dovrebbero occuparsi appunto di servizi pubblici, garantirebbe un consenso e quindi un potere? Perché, insomma, la gente voterebbe di più uno o l'altro se questi gestisce il Ruzzo o quant'altro?
Francamente è un mistero. Sono domande alle quali non so rispondere. Veramente non capisco perché la politica si debba fare attraverso codeste guerre di potere. Lo sanno loro, d'accordo. Ma non si degnano nemmeno di spiegarlo bene. Gli basta lanciare il messaggio.
Così
noi utenti-paganti l'acqua, nonché gli stipendi dei pubblici
amministratori, veniamo a sapere dal loro stesso dire di una guerra
politica e non sappiamo il percome ed il perché. Ecco, quando si
dice andate a votare. Votate, appunto e lasciate fare.
P.s.: io non ci sono andato. A votare.
È evidente, ad esempio, che la destra, orfana dei socialisti(ex) di Marini (Gianfranco) e Pavone, non va da nessuna parte. Semplicemente a Roseto non appizza, come si dice. Si è illusa, questa destra, che un candidato “democristiano” come William Di Marco, inventato dalla Lega moderata; la Lega Giorgettiana dei Bellachioma (con l'appoggio "esterno" dell'aquilano D'Eramo), potesse sfondare a centro. Beninteso, William è andato benissimo lui, come persona, ma la strategia si è rivelata fallimentare. Se a centro hai altri tre candidati (Ginoble, Di Girolamo e Nugnes) molto più attrezzati di te in quel campo, non hai scampo.
Siccome la politica, per alcuni versi, è matematica, è chiaro che ti prevale un Nugnes, che è la versione dal software politico aggiornato del vecchio centrismo social-clericale locale, assai più in sintonia con gli umori reali della città. Ripeto, è quasi matematica. Ora, che fare? Opposizione? Con chi? Soltanto il giovane Francesco di Giuseppe (che, tolta la “Di” assonerebbe tanto al Francesco Giuseppe austrungarico – dico con simpatia); soltanto lui potrebbe e saprebbe fare opposizione. La farà? Non lo so, per certi versi me lo auguro da cittadino, perché altrimenti “comandano” tutti.
Ah, dimenticavo: Di.Gi. (Di Girolamo) fu molto più sobrio quando prese il “Palazzo d'inverno”. Nugnes ha addirittura organizzato uno sparone d'artificio. Manco fosse il palio della porchetta! Questione di stile? Certo, ma non solo. Non saprei, infatti, se quei fuochi son costati qualcosa. Se fossero stati spesi dei quattrini per farli, meglio sarebbe stato devolvere la cifra a fini sociali. Sarebbe stato un messaggio meno pomposo, ma più concreto. Ma dopo una campagna elettorale di stampo hollywoodiano, mi rendo conto, non ci avranno pensato. Vabbé, peccati di gioventù. Si spera non sia un'abitudine.
Nugnes e Pavone festeggiano la vittoria elettorale |
Difronte ad una offerta elettorale basata su quattro candidati in sostanza
“democristiani” (tra virgolette), era chiaro che prevalesse il più fresco per età
e per sicura fedeltà ai canoni centristi da sempre determinanti nella politica cittadina. Questo solo dei marziani potevano ignorarlo.
Nessuna sorpresa, quindi, sotto questo aspetto. Come altrettanto
naturale è il calo degli elettori ai seggi. Dieci anni fa, nel 2011, espressero
la preferenza al ballottaggio circa 14 mila rosetani. Nel 2016 scesero
a poco più di 12 mila. Adesso siamo pressappoco ad 11 mila, la metà esatta degli
aventi diritto. L'altra metà non si è fatta ingannare dalle sirene elettorali (ed in
quest'altra metà ci sono anch’io, tra l’altro).
È giusto che queste faccende elettorali interessino sempre meno.
Anzi, sarebbe ora che se la sbrigassero proprio tra di loro, tra gli interessati all’argomento.
Tanto qualsiasi sindaco e Nugnes, ritengo, non farà eccezione alcuna,
impatta presto con la realtà.
Vuoi tenere pulite le strade? Ci vogliono gli operai, quelli
che un tempo si chiamavano gli “stradini". Il Comune non li ha. Che fai, assumi?
Appalti tutto, come hanno tentato senza successo Di Girolamo, Petrini e Tacchetti?
Gli appalti costano più delle assunzioni. È più facile si vada avanti alla bene
e meglio.
Vuoi avere una illuminazione pubblica con lampade che illuminano
e lampioni che funzionano? Hai un bel project dodecennale che è probabile congeli
tutto fino alla notte dei tempi. E così per i rifiuti, dove vedremo che tipo di appalto
faranno e via discorrendo.
Cosa rimane e cosa è facile farà Nugnes? Rimangono i fuochi d'artificio
dell'immagine, della propaganda, della cosiddetta “cultura", che spesso è fumo
negli occhi. In questo quasi tutti i sindaci italiani sono dei maestri. Si ha l’impressione
che Nugnes possa esserne addirittura un Professore. A vedere da come ha organizzato
i fuochi d'artificio per festeggiare la sua ascesa al “trono municipale", credo ci sarà da divertirsi.
Buona fortuna a noi cittadini. Non a loro, che la fortuna d'esser eletti se la sono già assicurata.
E chi vinse - chiese il bambino al nonno?
Non ricordo bene, rispose questi. Ma, mi pare, che vinse il campo dei preti.
Si dava il caso, infatti, che entrambi i pretendenti alla carica ne avessero calcato l'erba, prim’ancora dell'era del sintetico.
Soltanto che uno, un moderatissimo professore, fu escluso dalla vittoria in quanto falsamente dipinto come abbigliato con fez e stivaloni, manco vi volesse marciare sopra al campo, mentre in realtà da ragazzo aveva calzato placidissimi pantaloncini da oratorio.
Così venne facile all'altro, più giovane, vincere… facile! D’altronde il bravo giovane, in quel campo c'era praticamente nato. Vi aveva mosso i suoi primi, secondi e terzi passi. Sia da cattolico osservante, sia come assistente dei bambini che li svolgevano i compiti scolastici o passavano i giochi estivi.
L'operatore sociale era difatti il suo mestiere nella vita non politica. Un'attività che aveva sviluppato anche in forma autonoma, con un'associazione di cui lui stesso si dichiarava amministratore. Associazione, tra l'altro, che risultava aver beneficiato anche di alcune provvidenze pubbliche determinate dal Comune. Naturalmente, tutto perfettamente legittimo, per carità.
Una vittoria scontata, comunque, quella del Giovane. Specie dopo che il 12 ottobre di quell'anno, casuale anniversario della scoperta dell'America, fu casualmente scoperta una sua presunta fiera opposizione a quella che allora veniva detta La destra. Avversità a dir vero piuttosto auto-proclamata da chi, novello Colombo, quel giorno la scoperse d'acchito, visto che decisiva all'affermazione al primo turno fosse stata proprio una lista capeggiata da un ex-sindaco che, in fatto, era stato il primo e forse l'unico che la destra aveva portato per davvero in municipio dieci anni prima.
Ma tant’è. Allora c'erano pochissimi dubbi che il Giovane potesse fallire l'obiettivo. Non solo per la forza elettorale e logistica di un suo grande benedicente (politico), ma soprattutto perché il Giovane incarnava per davvero una continuità politica rosetana aggiornata appena da un moderato rinnovamento in termini anagrafici e di immagine. Così il Giovane potè esercitare, specie all'inizio il suo mandato, senza particolare opposizione. In pratica poteva fare ciò che voleva, se lo voleva.
E lo fece, quello che gli pareva, nonno – domandò il bambino. Questo non me lo ricordo – rispose il nonno. Te lo dirò la prossima volta, aggiunse.
In particolare in quest'ultima struttura, inaugurata ieri alla presenza di molte persone, si aggiungono diversi servizi, anche di ristoro, che possono rendere un pò più “confortevole” momenti che non si augurano a nessuno, ma che purtroppo sono inevitabili.
Le case funerarie, anche nella recente esperienza architettonica, possono essere di nuova costruzione o in immobili recuperati proprio allo scopo di rendere “familiare” la relazione tra il defunto ed i propri cari. Ed è proprio l'architettura della rimembranza, legata al concetto di “casa”, che è alla base di questa seconda casa funeraria, ove si tende a ricreare quell'ambiente accogliente paragonabile al luogo del vivere quotidiano.
A questo si aggiunge tutto un discorso di tipo economico. Intorno a queste nuove forme del distacco, ruotano infatti anche le piccole economie degli addobbi floreali e – sempre nel caso di cui si sta dicendo – anche della piccola ristorazione.
Insomma, cambia la nostra vita ed anche il dolore del trapasso. Ed a Roseto si cerca di stare al passo, anche in questo senso. Di cui si ha timore pure a parlare se non altro per ragioni scaramantiche.
Pescara apre i Musei e L’Aquila li
chiude
L’AQUILA. Il 26 agosto 1882, Primo
Levi (Ferrara 25.06.1853 – Roma 14.04.1917), incantato da “L’aquila” (uno
dei dipinti di Teofilo Patini) inviava una lettera al marchese Giulio
Dragonetti de Torris (L’Aquila 11.06.1818 – 13.03.1896) in cui affermava
che sarebbe stata una vera fortuna potersi servire delle qualità umane e
didattiche del Maestro. “Esiste, a quanto sento in Aquila - scriveva -
una scuola d’arte e mestieri. Di questa scuola, si dovrebbe affidare a Patini
l’alta direzione, per esser sicuri che essa si avvii a darci quegli artisti
intelligenti e colti di cui abbiamo bisogno per lo sviluppo dell’arte
industriale”. Lo scrittore ferrarese avvertiva l’urgenza di svecchiare e
sprovincializzare la cultura nazionale, rifiutava il servilismo culturale verso
l’esterno; in Lui erano vivi: il moltiplicarsi dell’interesse per gli
sperimentalismi più arditi e la necessità di affermazione dei giovani talenti capaci
di combattere ogni accademismo e ridare forza alla vita intellettuale del
paese.
Il 19 settembre 1882, dal Consiglio Comunale
della città affidava al pittore di Castel di Sangro la direzione della “Scuola
d’Arte e Mestieri” aquilana.
Patini ebbe a ringraziare
Levi per aver promosso l’incarico, nonché per alcuni libri ricevuti in dono; aggiunse
che altri ne avrebbe acquistati a beneficio della ‘Scuola’; perché, diceva
nella lettera, “sapete bene che mi toccherà studiare”.
Cosa abbia rappresentato la “Scuola
d’Arte e Mestieri” (la prima in Abruzzo), istituita a L’Aquila, il suo
sviluppo fino negli anni Sessanta, lo si deve a molti illustri e validi insegnanti.
Al tempo della direzione affidata a Romolo Vetere, vi erano docenti del calibro
di Giuseppe Desiato e Giuseppe Pappa (per ricordarne alcuni). Le ‘conoscenze
artigianali e culturali’ erano il perno dell’istruzione, ma nell’affacciarsi delle
nuove esperienze. Non a caso, Ferdinando Bologna, nella presentazione della
mostra alla “Numero” di Firenze, nel 1961, scriveva sulle opere del
Vetere: “… un risultato originale che, come si propone di tradurre nella
chiarezza tagliente del fil di ferro il segno lucido di un Klee o di un Hartung,
non ignora né le scomposizioni dinamiche dei futuristi italiani né
l’insegnamento del Cubismo”. I tre artisti citati provenivano dall’area
napoletana. Nel ritorno in patria, lasciavano all’Aquila allievi ben formati dalla
loro “Scuola”; vi si potevano contare tra i tanti: Sandro Visca e Walter
Zarroli, Raimondo Tiberio, Pasquale De Carolis. Una volta conclusi gli studi, i
primi due, finirono ‘migranti’, predilessero l’insegnamento nell’Istituto
d’Arte, poi divenuto Liceo Artistico, in Pescara, diretto da Giuseppe
Misticoni. Questo transito è stato ricordato in un bell’excursus storico
firmato da Lalla D’Ignazio (“il centro”, 28 settembre 2021). L’articolo
è apparso in occasione della visita del Capo dello Stato a Pescara. Il terzo (Tiberio)
rinunciò all’insegnamento e aprì un suo “studio-bottega”. Il quarto, invece, ebbe
anche la Direzione della “Scuola” e, alla pensione, si trasferì a San Demetrio ne’
Vestini il comune a 17 km dal capoluogo, aprendo una Bottega, soprattutto per
le sue ceramiche.
La nuova stagione artistico-culturale
pescarese ha affidato l’inaugurazione del “Museo dell’Ottocento” e del “Museo
del Novecento” a Vittorio Sgarbi. Il critico ferrarese è da anni protagonista
sulla scena abruzzese, dividendo il tempo tra “arte” e (soprattutto) “politica”.
Più volte lo si è visto al Palazzo dell’Emiciclo del
Consiglio Regionale d’Abruzzo a L’Aquila, sulla scena delle “Premio delle
Arti” in Sulmona ideato da Gaetano Pallozzi, nelle elezioni comunali in
Sulmona; non ultima a Roseto degli Abruzzo dove ha forse lasciato una ‘traccia’
nella lista (“Identità culturale rosetana”) in appoggio al candidato
Sindaco William Di Marco.
Evviva alla sua
instancabile presenza! In tempo di “covid” valga il ‘tocco’ gomito a gomito.
Mi sovvien… Una stretta di mano nel 2004, nelle elezioni per
la Provincia dell’Aquila. Tra i giornalisti convocati all’Hotel Duca
degli Abruzzi, nel capoluogo, per “abruzzo az 60”, interveniva Emidio Di
Carlo; era anche un rappresentante del mondo culturale aquilano. Vito Taccone si
proponeva candidato Sindaco. Il critico ferrarese chiese e ottenne, sia pure
con qualche perplessità, l’inclusione del giornalista (in quanto rappresentante
del mondo culturale aquilana) nella ‘lista’ che aveva il simbolo del Partito
Repubblicano Italiano. Poi, le cose non
andarono come avevano immaginato il “gatto” marsicano e il critico ferrarese. La
politica locale, all’epoca, era già inquinata dagli speculatori; gli
accaparratori delle poltrone oscuravano il “capoluogo”; la vitalità culturale
ed artistica era ridotta ad artificiosi fatti teatrali.
Mi
sovvien… Fine settembre 2021. Pescara
inaugura due gioielli: il “Museo dell’Ottocento” e il “Museo del Novecento”.
L’Aquila, a tutta risposta, li chiude. La scena viene occupata dai
collezionisti: a Pescara, i coniugi Di Persio hanno lottato e vinto per l’apertura
del loro Museo; a L’Aquila gli eredi della Collezione “Pellicciotti”
(accumulata dal collezionista Italo De Angelis) hanno vinto e quindi chiuso una
bella pagina della “Scuola Napoletana”. Giuridicamente è stata ottenuta la restituzione
delle opere agli eredi essendo mancato il rispetto delle clausole previste al momento
della donazione al Comune dell’Aquila. Pertanto i politici, da Cialente a Biondi,
hanno potuto palleggiarsi le responsabilità per il “recesso” e la fine della
storia.
Ora
L’Aquila ha la ‘succursale’ del “MAXI”. Biondi ha ringraziato il Ministro
Franceschini per l’offerta del Museo d'arte contemporanea; ha attentamente lasciando
fuori la porta il suo predecessore (Cialente), all’’inaugurazione, il 28 maggio
2021, nel Palazzo Ardinghelli. Per giusta cronaca, va detto che se non vi fosse
stato il generoso contributo dalla Fondazione ‘Russa’, il restauro del citato Palazzo
storico sarebbe ancora in attesa del restauro. Altra attesa, invece, per le
tante chiese (alcune rimaste senza ‘ombrelli’) ricche di testimonianze di
valenti pittori, scultori, architetti, artigiani, del passato.
C’è anche una buona notizia. Ultimati
gli interventi nel Forte Aquilano, fra non molto il “Munda” (Museo Nazionale
d’Abruzzo), lascerà nella sua sede storica.
Eccoci ai
“Cantieri dell’immaginario”; ovvero all’estate musicale aquilana appena
passata alla storia. Ha detto il suo M°. Leonardo De Amicis: “L’Aquila sa
guardare avanti, così brilla la cultura”.
Che musica!
Oltre 8mila sono stati
gli spettacoli; 2milioni e 200mila la spesa; grandi nomi della musica leggera
italiana sono giunti in una città che all’anagrafe conta meno di 70mila
abitanti. In un anno è però se ne sono andati oltre 600.
Bisogna tener conto
che con la ‘ricostruzione’ i “Cantieri” aprono e chiudono. Tra
quest’ultimi anche un’oasi storica aquilana (attiva) d’arte e di cultura: la “Bottega
di Raimondo Tiberio”. Non un bazar ‘alimentare’, ma uno “studio-laboratorio”,
come quelli che avevano i grandi artisti, dal medioevo alla metà del Novecento,
fino ai tempi felici dell’arte e della cultura da “Aquila” a “L’Aquila”.
Nel tempo, la “Bottega” ha anche assunto la funzione di un “Cenacolo
senza frontiere culturali” in cui rifiutare e opporsi all’accademismo,
conservando la vitalità intellettuale impressa dai precursori della “Scuola
d’Arte e Mestieri”.
Oggi Tiberio se ne va
nell’isola di Civitaretenga-AQ dov’era nato. L’artista, si porta le sculture e i
dipinti che facevano bella mostra nel suo “laboratorio creativo”. Le opere sono
forse più numerose del numero degli abitanti del suo paese, famoso per la
produzione dello ‘zafferano’. Prima della partenza non trascura ricordi agli
amici che hanno frequentato e reso viva la sua “Bottega”. I “carteggi” vanno
all’Archivio di Stato dell’Aquila: centinaia di schizzi e di disegni
preparatori o finali per le arti maggiori.
Il “Fabbro” ha dunque liquidato tutti gli arnesi utilizzati nel suo
mestiere quotidiano: banco, lima, pinze varie, fucina, incudine, martello, fili
di ferro, ecc…
Nel suo essere Tiberio
è stato un ‘campione’, uno dei “Maestri del ferro battuto”. Picchiando forte il
freddo metallo, vi ha estrapolato la possibile bellezza formale celata. Nell
sua “Bottega” ha offerto insegnamenti (gratuiti) a moti allievi, senza rinunciare
all’indole creativa che, con le sue opere, è presente in molte città: dal
portale della Cattedrale di S. Massimo a L’Aquila alle “Porte” del Palazzo di
Baghdad commissionate dal Saddam Hussein; per citarne alcuni.
Nonostante il ricco
passato, il ‘Cincinnato Aquilano’ ora ha scelto l’esilio; un appartarsi
umano, poiché la sua “Arte” non resterà viva e non sarà sepolta con le macerie
del sisma 2009 e dalla politica corrente imperante. Intanto sul Palazzo piovono
nuove polemiche. L’ultima in occasione dell’inaugurazione del “Parco della
Memorie”; sugli ‘inviti’ diramati e dimenticati a qualche familiare delle
vittime del sisma 2009. Nell’occasione sono giunti in città: il premier
Draghi e la ministra Carfagna. Sicché, oggi, il monumento può restarsene, indisturbato,
nel ‘ridisegnato’ Piazzale Paoli.
Ma per favore!
Quando Remo Brindisi eseguì,
il dipinto sui “9 martiri” in Via Sassa, per la “Mensa del Popolo”
(Nulla a che vedere con l’attuale “Mensa del Celestino”), non ci furono
polemiche. Il pennello dell’artista dipinse il vero che ha rappresentato un
monito contro la violenza, l’esortazione alla “Pace” per le future generazioni.
Il dipinto è attualmente collocato ed esposto nel Palazzo di Giustizia
dell’Aquila.
Mi sovvien… sul ‘Messaggio della Pace’. Dal 2009
al 2021, la “Pace” (nella “Ricostruzione”) ha mostrato altri
risvolti. Lo ha già mostrato il “Nobel” Dario Fo, nel suo dipinto, verso l’inizio
della “Ricostruzione” scrivendovi: “L’Aquila 6 aprile 2009… “qualcuno
sghignazza e brinda”.
Mi sovvien… Molte “scuole” attendono ancora la “Ricostruzione”.
Le restanti “macerie” del sisma vengono tenute lontane nelle visite ufficiali degli
illustri viaggiatori dello Stato.
Mi sovvien… Il Presidente Mattarella, a Pescara,
visitando l’”Imago Museum”, ha potuto commentare: “Bene puntare sulla
cultura”. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, a
L’Aquila, ha precisato: “Puntare sulla ricostruzione è un dovere”.
Mi sovvien… Era un “dovere” evitare quanto
chiuso a L’Aquila?
Poiché i “Cantieri reali”
aprono e chiudono, molti gli “avvisi” nella città e nella periferia;
sui cartelli risaltano le scritte: “AFFITTASI”, “VENDESI” “dismessa attività”.
Emidio Di Carlo
L’Aquila, 12 ottobre 2021
Vanessa Quaranta |
ROSETO. Le giornate piovose suggeriscono qualche conticino. L'aumento del prezzo del carburante per l'auto (la mia va a gpl) mi costerà, tanto per dire, circa 200 euro in più. Il rincaro delle bollette per l'energia di casa porterà via altre 100 euro buone. Ed è solo la minima parte. Perché la quota energetica si riversa anche sulla spesa condominiale (abito un piccolo appartamento di una palazzina con pannelli solari). Il conto condominiale, infatti, ha già previsto un salasso del 30 per cento circa. Tirate le somme, nonostante io sia da solo e consumi relativamente poco, pagherò 500-600 euro in più l'anno.
Ora,
dove taglierò queste spese? Facilissimo: andrò meno al bar o in
pizzeria (che tra l'altro frequento già poco); metterò
l'abbigliamento dello scorso anno che altrimenti avrei rinnovato; non
cambierò degli elettrodomestici e così via. Taglierò, insomma, le spese che andavano all'economia
locale ed al piccolo commercio di zona. I miei soldi quindi, saranno
gioco forza dirottati verso i grandi monopoli dell'energia e verso il
governo, che l'energia medesima tassa in modo evidente.
Tutti questi aumenti somigliano tanto a delle tasse indirette. Si da il caso, infatti, che per me – come per molti, penso – le entrate siano sostanzialmente stabili, mentre le uscite crescono. Da qualche parte questo meccanismo dovrebbe trovare il suo corto circuito. Ma per il momento tutto gira a mille. Per ora son tutti felici e contenti. E naturalmente mi fa piacere. Può darsi benissimo che prezzi sú e consumi giù facciano tirare l'economia. Ma il gioco non pare a somma zero.
Possibile che nessuno ci rimetta? Almeno che non siamo davvero diventati tutti dei Paperon de' Paperoni!
Naturalmente si tratterebbe di un ottimo social-party, diciamo così. Ma, al di là della loro incrollabile fede nei rispettivi beniamini elettorali, se vi dovessi dire che la campagna elettorale ha chiarito alcuni miei dubbi direi una bugia. Ad esempio, non ho minimamente capito come i pretendenti al “trono municipale” (ormai sono ridotti a due soltanto) pensino di poter sbloccare i lavori infiniti alla Villa comunale. Non ho compreso se e quando intendono riasfaltare la nazionale, ridotta ormai ad un colabrodo. Non so se intendono finire al più presto i lavori al pontile oppure non gli interessa proprio. Non ricordo nemmeno se hanno detto come, in concreto, terranno puliti i tubi di scarico delle acque piovane, i quali anche se nuovi, se non ripuliti almeno ogni anno si riempiono di terra e non servono più a niente.
Insomma, tutti a pensare ai sacri principi, alla giustizia nel mondo, ai grandi temi del “Tu sei di destra”, “Tu di Sinistra”, eccetera e nessuno che – secondo me – abbia capito davvero come si amministra un comune. Per non dire delle malcelate soddisfazioni per la sconfitta di chi fino a ieri è stato un tuo idolo, per il quale hai chiesto voti ed elencato pregi. È il caso, questo, di una parte della sinistra verso l'ex-deputato Tommaso Ginoble, non approdato al ballottaggio per una manciata di voti. Ma buon dio, si direbbe, lui avrà pure sbagliato tutto (e per me ha sbagliato anche a candidarsi), ma voi che lo avete acclamato più volte deputato e consigliere regionale ed ora lo sbeffeggiate (politicamente), non è che state accusando voi stessi delle medesime critiche che rivolgete al vostro “ex”-Tommaso?
Ma tant'è, così va il mondo: sugli altari finché sei forte, nella polvere quando cadi. È sempre stato e sempre sarà. È la vita, prim'ancora della politica. Anche se nessuno lo ammette.
P.s.:
ah, dimenticavo: ma ora l'opposizione chi la fa? Non sarebbe il caso
che i candidati sindaci sconfitti, tutti, si dimettessero da
consiglieri comunali? Ecco un altra cosa che non faranno mai.
Sbagliando ancora. Ma a questo siamo abituati, ahimé!
Quest'era post(?)pandemica sembra il tempo delle file. Code ovunque. Non parliamo delle strutture sanitarie, ove un ora-ora-e-mezza di attesa è normale anche per un semplice prelievo. Per non dire dei servizi pubblici: numeretti, bollettini, versamenti, domande, eccetera sono la norma. Ore di code. Attese. Giorni persi. Tornare e ritornare per una cartoffia che manca. Spese, soldi sottratti ad altre spese. Digitalizzazione, chi l'ha vista? Svolta tecnologica, dove sei?
È questo il Paese che adora qualsiasi Uomo Solo al Comando. Adora ed attende. Adora e smadonna. Senza più alcuna fiducia nella politica, ridotta a bla-bla-bla di alterno colore. È questo il Paese che elegge sindaci e poi li cambia senza cambiare nulla perché quelli nulla cambiano se non la loro personale posizione politica.
È
questo il Paese che paga felice le bollette dell'energia e la benzina quasi 2 euro al litro. Persino il gas per auto, carburante
notariamente povero, è rincarato del 30 per cento. Paga ed adora
questo strano Paese, una transizione ecologica che sarà un salasso. Eppure le autostrade sono piene. E le strade non parliamo.
Questo è poi il Paese degli aperitivi. Dei ragazzini che sganciano soldi come caramelle. Che a 12-13 anni fanno colazione al bar tutte le mattine poi il drink al pomeriggio e la pizza la sera. Ci si chiede dove cavolo la gente prende tutti questi soldi.
È veramente un paese facilissimo da governare questo. Come è un gioco amministrare le città. Solo che è un privilegio per pochi. Ed a turno. Perché, per non dire, alcuni sindaci, pur essendo stata per loro una passeggiata romantica l'amministrare, cileccano il bis. Ma non tutto si può avere, che diamine. Da qualche parte la bilancia deve pur cadere, ekkecavolo!
Allora cominciamo. La prima cosa che mi sovviene è che l'affluenza al voto è stata politicamente drogata da un proliferare, sempre politicamente, assurdo di liste. Fossero rimaste nella non patologia politica, avremmo avuto cinque o sei liste, corrispondenti più o meno ai partiti e, forse, un'affluenza “normale” intorno al 50 per cento, che sarebbe stata quella giusta. Pur con un'affluenza così “dopata” (tra virgolette) tuttavia, l'astensione è di gran lunga il primo partito, con oltre 8 mila voti, più del doppio di quanto ha preso il primo arrivato tra i candiati sindaci.
Seconda impressione: la destra, capeggiata dall'amico William Di Marco, è andata – a mio avviso – bassissima. Si fosse votato due anni fa, forse avrebbe preso il doppio. Il 22 per cento a Roseto, dove la Lega aveva fatto il pieno alle politiche ed alle regionali è un pessimo risultato. Così come assai risicato è il voto ai Cinque Stelle, che hanno totalizzato circa 500 voti di lista.
Scontata poi – almeno per me – la cocente sconfitta di Rosaria Ciancaione e Sabatino Di Girolamo. Seppur di misura, è nella logica anche il colpo preso dall'ex-deputato, Tommaso Ginoble, che correva di fatto senza partito. Negli ambiti politici dei perdenti, soprattutto in area Pd, si apriranno dunque lunghe e perigliose analisi con qualche dolore politico non lieve da lenire.
Per Ginoble, inoltre, c'è anche la soddisfazione dei suoi avversari di veder cadere colui che è stato percepito un po' come l'Andreotti della politica locale, ovvero l'abile tessitore di trame politiche. Ed anche questo è nella logica delle cose della politica, purtroppo.
Nel
frattempo, godiamoci queste due settimane di interregno. Chiunque
sarà il nuovo sindaco, infatti, proprio in quanto “nuovo”, godrà
di appoggio indistinto, plauso a 360 gradi e accondiscendenze varie.
Quindi, specie nei primi mesi, sarà il padrone assoluto della città.
E, per i cittadini senza potere, potrebbe essere un guaio. Ma questa è
un'altra storia. Che – se ne avrò voglia – magari proverò a
raccontare. Ma solo se me ne tiene, beninteso.
Lo avrei voluto sapere, ad esempio, dal mio amico William Di Marco: Forza Italia, Fratelli d'Italia o Lega sarebbe stata la sua preferenza in caso di elezioni nazionali? Oppure, dalla dottoressa Rosaria Ciancaione: il partito di Fratoianni, quello di Speranza o Cinque Stelle avrebbe lei scelto? O mgari dal dottor Mario Nugnes: avrebbe preferito il partito di Calenda? Al sindaco uscente, Sabatino Di Girolamo, o all'ex-deputato, Tommaso Ginoble, non lo avrei chiesto, perché presumo mi avrebbero risposto l'uno il PD e l'altro Italia Viva.
Perché vedete, il fatto di queste elezioni nostrane è un civismo che confonde. E che i protagonisti si guardano bene dal chiarire fino in fondo. Di qui le domande. La sensazione è come se avessero timore che i rispettivi elettorati locali non gradissero le loro eventuali appartenenze politiche nazionali o regionali. E d'altra parte i partiti, temendo di essere a loro volta impopolari, hanno buon gioco a celarsi dietro figure “civiche”. C'è della furbizia, politica appunto, in questo gioco.
Tutto bene, se non fosse che detto maquillage politico può sciogliersi come neve al sole un attimo dopo il voto. Quando ognuno dei “civici” (la vicina Giulianova insegna) rientrerà, o si ricollocherà, nelle proprie appartenze, magari a seconda del risultato "civico". E così, durante la prossima campagna elettorale nazionale, forse non lontana, andrà a cercar voti per questo o quel partito e non per questo o quello schieramento civico. Ecco perché sarebbe stato utile ai votanti sapere fin da subito dove batterà il loro cuore di qui a qualche mese. Troppo facile, altrimenti.
Ma tant'è. Dite sarebbe stato pretender troppo? Penso anch'io. Meglio allora godersi questo mare da favola. Buona domenica.