venerdì 3 luglio 2020

Per fortuna non si fanno più figli

L'Istat stima diecimila nuovi nati in meno dopo il lockdown. Del resto la generazione che dovrebbe far nascere bambini è quella più colpita dalla crisi. Chi ha intorno ai 35 anni, in questo Paese, ha beccato solo crisi. Diciamo che sui 25 anni, quando si è affacciata al mondo del lavoro, quella generazione si è presa la mazzata sui denti della recessione del 2008-2012. Non bastava, in alcune aree del Paese – tra cui l'Abruzzo – si è beccata anche un paio di terremoti. Adesso, quando forse poteva pensare ad una famiglia, è arrivato il virus a far rimandare ogni progetto di vita e di lavoro.

Tra l'altro, pensare di mettere al mondo dei figli in questo manicomio di mondo è da.... matti, appunto. Specie in un Paese che fa solo ideologia. Dove se si rompe una strada invece di aggiustarla la chiudono. Dove per fare 30 chilometri su autostrade a zig-zag, se va bene, impieghi due ore. Dove se la scuola non dovesse funzionare, semplicemente la chiuderanno. Dove il lavoro da casa non è una scelta ragionata, ma un rimedio alla buona per evitare grattacapi organizzativi. Dove la giustizia non c'è, se non dopo anni. Dove, in sostanza, lo Stato esiste solo nelle forme inutilmente muscolari. Dove di conseguenza ognuno appena può, dietro i grandi principi di solidarietà ed efficienza, cerca di scampare responsabilità personali, amministrative se va bene, anche penali se va male.

In un Paese, al dunque, dove la politica – tutta – è solo una corsa ad avere un titolo di giornale al giorno; un like sui social al minuto; un passaggio in Tv ogni sera. E questo a tutti i livelli: dal nazionale al locale e viceversa. La politica non serve a fare cose; serve ad autopromuoversi; a conquistare e quindi conservare la poltrona. Con una sola domanda: ma quando potrà reggere un Paese così?

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