mercoledì 29 marzo 2023

Ci vedremo in tribunale (amministrativo)

ROSETO. Il colpo di scena è arrivato poco prima delle 21:00, ora rosetana dell'anno 2023, mese di marzo, giorno 29. Serata di consiglio comunale. A quell'ora infatti, Teresa Ginoble ha calato l'asso delle opposizioni, che poi significano in pratica lei stessa, Nicola Petrini e Francesco di Giuseppe, di Fratelli d'Italia: “Non ho ricevuto alcune di queste carte”, ha detto in sintesi. Ed una di quelle carte, riguardava la tassa di soggiorno, croce e delizia dei nostri prodi amministratori: amatissima dalla maggioranza, avversata dalle opposizioni, intese sempre nei tre consiglieri appena citati.

Nell'Aula è scesa la suspance. Subito il consigliere-ex-sindaco, Enio Pavone, ancora di salvezza della maggioranza, ha voluto una “sospensione”. Si sono ritirati in una stanza sul retro. Dopo una decina di minuti, la “corte” (figurativo: la maggioranza) è riapparsa. Sentenza (ovvero decisione): la carte sono state depositate nel Palazzo, come previsto: la consigliera doveva venire qui e leggerle: spedirle alla sua casella e-mail-certificata è pura cortesia. Ciò ai sensi del regolamento: vecchio pare, visto che la cosa si è verificata a cavallo tra vecchio e nuovo regolamento. La segretaria generale ha confermato, intervenendo lei stessa, la bontà della tesi regolamentare.

Ma “Elena”, così è chiamata Teresa Ginoble a Roseto e Francesco di Giuseppe avevano un “asso” a duplice ogiva. Il secondo colpo, infatti, suonava così: noi stiamo impungando al TAR il nuovo regolamento, quindi se dovesse saltare, salterebbero pure tutte le sedute e gli atti approvati in base ad esso. Consigliamo perciò di rinviare, perché il rischio a nostro parere è grosso.

Difatti la tagliola anti-emendamenti, che è poi l'essenza stessa dello scontro sul nuovo regolamento, è scattata subito ieri sera. Quando con una botta sola ha eliminato (accorpato, tecnicamente) 180 emendamenti sulla tassa di soggiorno presentati proprio da Francesco di Giuseppe. Erano omogenei, ha sentenziato la presidente del consiglio comunale, Gabriella Recchiuti, di “Azione”, costantemente confortata dal parere tecnico della Segretaria Generale.

Il bello, però, è che Di Giuseppe chiedeva diversi periodi di applicazione della tassa, con diversi emendamenti. Ora, come fai a dire che solo due intervalli, tra 180 segmenti, rappresentino l'omogeneità? Il sindaco, Mario Nugnes, che ha fatto nel passato delle lezioni di matematica, dovrebbe sapere che la “classe” di omogeneità di un “insieme” varia al variare dei coefficienti delle equazione che lo descrivono. L'unica condizione di omogeneità essendo infatti il parallelismo: ma l'intervallo può essere da “a” a “b”, come da “c” a “d”, come da “n” ad “n”. La presidente ne ha scelto due soli di tali intervalli, di sua sponte interpretativa. Quanti ne sceglierà però il Tribunale amministrativo?

E si, perché Di Giuseppe, abbandonando l'aula per protesta contro quello che ha definito un bavaglio assai poco democratico, proprio così ha annunciato: ci vedremo in tribunale (amministrativo). O meglio, vi si vedranno i rispettivi avvocati, incrociando le affilate sciabole del diritto amministrativo.

Che ne dite di uno scambio asterisco versus ulivi?

ROSETO. Che poi a provvedimentar su questo benedetto “asterisco”, che è forma grafica sì generica da rappresentar una, nessuna e centomila situazioni, dovrebber esser stata questa speciale commissione definita “Tavolo(turistico)” che è di nomina politica, ma di eccentrica dottrina. Il cui magniloquare, tra l'altro, sembra aver l'allùre dell'insindacabilità. Tutto ciò che dice o fa, ovvero, per il fatto stesso di chiamarsi “Tavolo”, è inteso un po' come il dire del Papa, del presidente della Repubblica o dell'arma dei Carabinieri: vale a dire indiscutibile.

Del resto l'asterisco è ben minima cosa nell'ambito dell'affido per circa 50 mila euro riguardante altri servizi dell'ente, su cui Francesco di Giuseppe, consigliere comunale di Fratelli d'Italia, parlò di “clientelismo” e l'associazione “SiAmo”, presieduta da Vanessa Quaranta, disse di vicinanze politiche. Ma anche questo, ammesso questo fosse, andrebbe da sé. Da quando mondo è mondo la politica è strumento dell'economia e mai il contrario. Specialmente alle piccole scale la cosa è quasi plastica.

E poi cosa sarà mai un “asterisco” a fronte, per esempio, di passaggi di mano di aree urbanisticamente sensibili che prefigurano una svolta green, nel senso di grigio cemento? Si tengano pure l'asterisco, se tanto gli piace, ma ci lascino gli ulivi che sopravvivono miracolosamente in una data area, ad esempio. Perché gli asterischi si fanno e si cancellano, ma il terreno, una volta che lo hai impastato con il cemento e alluvionato con i mattoni-palazzinari non te lo ridà più nessuno.

Ed a Roseto centro, guardate, di verde-attrezzato inteso come giardini ve n'è davvero poco. Tolta la Villa, che sta come sta, il parco Savini e qualche giardinuccio qua e là, fate un po' il conto di quanti “centimetri” quadrati ci toccano a testa. Direi meno di quelli che certe prigioni modello del nord europa considerano vitali. Certo, abbiamo la spiaggia: ma già è tutta “recintata” (per ora solo l'estate) figurarsi dopo che avranno messo mano al relativo e già ultrapessimo piano-spiaggia dell'ex-sindaco Pavone. Si può ipotizzare che recinteranno persino l'acqua.

Ecco, lascerei tranquillamente l'asterisco se lasciassero gli ulivi. Tipo scambio di prigionieri. Dubito ci facciano, però.

sabato 25 marzo 2023

Sarebbe così comodo tacere...

ROSETO. E poi uno vorrebbe dire che tutto va bene. Che la città è rose e fiori. Che vive la sua amministrazione migliore. Come le belle presentazioni, i selfie ed i video mostrano. Personalmente sarei pure contento di dirlo. Ma poi la realtà è un'altra.

Si prenda la giornata di venerdì 24 marzo. In mattinata, in quel di Montepagano, l'ottima presentazione del restauro del campanile. Però il risultato lo vedremo tra un anno, se i tempi saranno rispettati. Comunque va bene, ok. Come va bene il perfetto rapporto tra Comune e Sovrintendenza, suggellato dai complimenti reciproci tra Sindaco e Sovrintendente stessa, venuta fin qui a testimoniare quanto sia proficuo lo scambio istituzionale. Tutto bene, ancora ok.

Lo stesso giorno, però, ecco la ex-scuola di Montepagano, quasi dirimpettaia del campanile, chiusa per pericolo crolli fino a nuova ordinanza. C'era rimasta solo la materna, adesso chiude anche lei. Sempre venerdì 24, sul sito ufficiale dell'Ente, ecco la stessa sovrintendenza fare delle osservazioni sul nascente centro-commerciale a Roseto-nord, davanti l'ex-Teleco, temendone l'altezza e l'effetto barriera sul paesaggio.

Altezza, tra l'altro, che il Comune vorrebbe far aumentare anche per gli edifici sul lungomare. Avete idea di cosa significa? Provate a contare due o tre piani in più anche solo per alcuni edifici. Quanti appartamenti se ne ricavano? Dieci, venti, trenta? Quanto costa un appartamento in quella zona: trecento-quattrocento mila euro? Moltiplicate 300 mila per venti, trenta, o quelli che saranno gli alloggi. Provate ad immaginare qualche decina di milioni di euro in quella che Adam Smith, un pensatore liberale del '700, chiamava la “rendita immobiliare”.

Allargate poi lo sguardo verso l'ex-fornace lato nord. Potrebbe essere l'area buona per non sloggiare il liceo “Saffo” dal centro cittadino. Ma è anche un'ottima area per nuove case, ancora case, seconde, terze case che non lontano dal mare si vendono bene. Ed il liceo? Ma si, che vada sull'altura di Voltarrosto, dove, per casualità, i terreni valgono molto meno e sfruttarli a fini edilizi non conviene più. Ipotesi, certo, solo ipotesi e tuttavia hanno una logica, edilizia naturalmente.

Ecco vedete, non che uno vuole dire (anzi, quanto si vorrebbe non dire), ma la concretezza della realtà politica va ben oltre i lustrini-social ed incide proprio sulla distribuzione della ricchezza, essendo la rendita urbana non esattamente una ricchezza distribuita equamente quanto invece – lo dice la storia, non queste righe – concentrata in poche mani. Vedete come basta scrostare la patina della mondanità, dei social, dell'autopromozione e la politica rivela tutta la sua spietata concretezza economica. È colpa di chi lo scrive oppure è colpa della politica stessa quando congeniata in tal guisa?

Il punto è esattamente questo, purtroppo.

venerdì 24 marzo 2023

Speriamo che sia la volta buona (per il campanile di Montepagano)

ROSETO. Mi occupai la prima volta del campanile di Montepagano una decina d'anni fa. Me ne parlò una cara amica di allora e di adesso. Non potrei fare il nome perché so che non vuole. Ma all'epoca era consigliera comunale. Così, a mio rischio e pericolo, lo faccio: Raffaella D'Elpidio.

Appunto nella sua veste di consigliera, seppur all'opposizione del sindaco Enio Pavone, aveva raccolto le richieste di molti cittadini paganesi. Lamentavano che dal 2009, dal sisma dell'Aquila vale a dire, la campana non suonava più. E quel suono voleva (e vuole) dir tanto per Montepagano: per la sua storia (e le sue storie); per la tradizione (e le sue feste popolari); per momenti della vita secolare del Borgo.

Ricordo che misi alcuni articoli sul blog (lo stesso di oggi). Si faceva cenno alla “scuola lombarda”, ai “parenti” illustri del campanile paganese in Atri e Teramo; al particolare “attacco al cielo”, cioè la cuspide, che ne caratterizza l'architettura. Altro non ricordo, ma chi è bravo a smanettare sul web forse quei post li trova ancora. Raffaella, da parte sua, presentò un paio di interrogazioni in consiglio comunale, naturalmente mal sopportate da Pavone, che con l'opposizione aveva un rapporto pessimo più o meno simile a quello del sindaco attuale, Mario Nugnes.

Comunque, lì per lì Pavone non diede soddisfazione a Raffaella. Ma, in un paio d'anni, spuntò fuori un incarico per la ristrutturazione del campanile conferito ad una bravissima architetta proprio di origini paganesi: Laura Marini. La quale, con la spiccata sensibilità artistica che la distingue, secondo me elaborò un bellissimo progetto che, tra l'altro, costava pochissimo rispetto a quello di cui si dirà tra poco.

Senonché quel progetto di Laura fu sfortunato. Capitò infatti nel passaggio tra l'amministrazione Pavone e quella del sindaco Sabatino di Girolamo. Vi furono dei ritardi, ed appena partiti i lavori accadde il sisma di Amatrice del 2016. Le cui scosse bloccarono tutto. Intervenne la Sovrintendenza e il progetto di Laura Marini fu di fatto (questo lo dico io, lei non lo ammetterà mai) accantonato. Comune (amministrazione Di Girolamo) e Sovrintendenza parlarono allora di un finanziamento statale molto più sostanzioso per eseguire il restauro.

Sono passati una decina d'anni e, tranne la messa in sicurezza sismica, nulla si è mosso in tema di restauro. Questa mattina, però, proprio in quel di Montepagano, il sindaco Nugnes, accompagnato dal vicesindaco Marcone e dalla presidente del consiglio comunale, Gabriella Recchiuti, ha presentato alla stampa la consegna dei lavori per il consolidamento e restauro dell'opera secondo il progetto nel frattempo portato avanti direttamente dalla Sovrintendenza.

Nugnes, peraltro, ha fatto un colpo da maestro: è riuscito ad avere la presenza dei vertici della Sovrintendenza stessa, “scesi” a Roseto proprio a sottolineare l'importanza dell'evento. E ad assicurare che in un annetto il campanile tornerà se non agli antichi splendori almeno ad riavere il suono delle campane sia pur senza “rintocco”. Il che ai paganesi presenti ha fatto un po' storcere il naso, però meglio di niente è certamente. Anche perché la sovrintendente, architetta Cristina Collettini, si è mostrata davvero cortese e disponibile al riguardo.

Che dire allora? Speriamo sia la volta buona. Perché sarebbe davvero cosa buona e giusta per tutti. E sarebbe anche ora che questo simbolo paganese e rosetano nonché, se vogliamo, dell'intero circondario possa trovare la sua degna cornice architettonica e civile. Si spera, dunque.

Ah, post scriptum: nella condivisione social di questo post, pubblico una foto che mi riguarda, dedicata a chi pensa che io sia un antipatizzante dell'amministrazione in carica: quella con Gabriella Recchiuti, presidente del consiglio comunale. Il fotografo d'eccezione è l'amico Luca Venanzi.

domenica 19 marzo 2023

E il Liceo dove lo metto... dove lo metto... qui o là?

ROSETO. Quando andavo a scuola, negli anni '70-'80 del Novecento, c'era ancora la corrente “funzionalista”. Insegnava che le città industriali andavano disegnate per zone (il famos zoning italianizzato in zonizzazione razionalista). In base al principio qui c'erano le case e lì le fabbriche e d'altra parte il verde ed i servizi, tra cui le scuole. Era un principio con padri nobili, da Gropius che ne fu tra i vati in Germania al Piccinato in Italia, tra l'altro autore – per stare qui vicino – del progetto dello stadio “Adriatico” a Pescara nel 1955.

Influenzato da quei principi – che avevano anche un corrispettivo politico, basti dire l'Eur fascista a Roma o i piani di ediliza popolare della Bologna del sindaco comunista Zangheri – quando otto anni fa si pose il problema del liceo Saffo a Roseto e l'amico William di Marco, insieme all'allora preside del “Moretti”, Elisabetta di Gregorio, propugnarono l'idea di localizzarlo in Voltarrosto, scrissi un resoconto di una loro conferenza stampa in cui questa tesi mi sembrava avere delle ragioni (il post è ancora recuperabile in rete, anche se io l'ho perso, perché l'altro giorno una cara amica me ne ha fatto avere copia).

Sono ancora della stessa idea? Si e no. Anzi, un po' più no che si. Perché? Primo perché sono passati otto anni, ed il mondo cambia ed io pure. La città razionalista, inoltre, è definitivamente archiviata dalla fine dell'era industriale e l'avvento dell'età informatica. Secondo perché mi sono reso conto che non puoi prendere solo il principio funzionalista, guardare solo ai dati tecnico-economici. C'è anche una questione simbolica. Ed una sociale. Ed entrambe quest'ultime militano per una soluzione non dissimile dall'attuale, ovvero un liceo nel centro di Roseto, nella parte bassa o della spiaggia come si dice.

Si badi bene: questo è un discorso solo teorico. Che lascia da parte gli interessi, che invece sono decisivi nell'urbanistica. È quindi un discorso di pura astrazione. Ma se oggi mi dovessero dire, come un quiz, dove vorresti il liceo “Saffo”, proverei ad elencare le ragioni dell'una e dell'altra soluzione, propendendo però con l'animo, se non con la mente, per chi vorrebbe restasse nella città bassa o consolidata. Meglio ancora lascerei la soluzione aperta, ad un dibattito sicuro e forse ad un referendum consultivo che credo lo Statuto comunale permetta in materia.

Ecco, io non ho la soluzione. Ho dei ragionamenti. Essendo ormai al punto della vita che non più dai postulati o dalle ideologie fa derivare la sintesi, ma dal confronto aperto che certo da qualche parte si deve pure ancorare, ma non saprei da dove. Fermo sempre restando che non vi siano interessi di bassa lega, che tra l'altro non conosco. Ed un punto di partenza mi pare questo: a Roseto centro non possono certo esserci solo case, per di più spesso seconde case. Che ci sia un liceo ad inframmezzare, insomma, non sarebbe male. Altrimenti lo zoning lo facciamo alla rovescia. E se fallirono – perché fallirono – i maestri nel razionalizzare le città figuriamoci i discepoli, per di più dell'ennesimo grado.

Buona domenica

venerdì 17 marzo 2023

Grazie Gabriella (Parisciani)

Gabriella Parisciani
ROSETO: Dico la verità: non sarei andato, se Gabriella (Parisciani) non me lo avesse chiesto. Non sarei andato stamattina davanti a quella scuola di Cologna Spiaggia. Dove si metteva “a terra” (come si dice oggi) un albero donato dalla stessa Gabriella al Comune. E si intitolava, quell'albero, ad una bambina che ci ha lasciato troppo presto, Sofia Marziani.

Non sarei andato perché mi aspettavo la solita cerimonia retorica. Ed invece un po' di retorica, questa mattina, ci stava bene. Non sarei andato e mi sarei perso una storia di cui non sapevo. Di questa bambina. Di Sofia Marziani. Del dolore della malattia e della speranza insieme. Mi hanno raccontato di alcune immagini del suo breve percorso che mi hanno toccato dentro.

Un alberello non conta niente. Non cambia nulla. Non muta la storia. Ma scrosta un po' l'anima. Riapre un sipario, anche personale, che vorresti scacciare e non riesci. Delle domande senza risposta sulla vita. Delle risposte che non rispondono. Dei perché senza i “per quale”: per quale "ragione". Una famiglia, parte di una comunità, che quella risposta trova nella fede. Nella fede che io non ho, tra l'altro. E quindi è per me ancora più faticoso, a livello umano.

Un alberello allora come simbolo della vita che continua, nonostante tutto, malgrado la sorte, il caso, il destino o quel che sia. Per alcuni, la vita che rinasce. Un alberello per storie che vorresti non esistessero, ma che ci sono purtroppo.

Ecco, questo ho pensato, questa mattina. Non sapevo se dirlo. E come dirlo. Poi ho deciso di scriverlo qui. Per me stesso. E per un doveroso, credo, grazie pubblico a Gabriella. Ed a tutti quelli che hanno contribuito a questa storia. Penso se lo meritino.

giovedì 16 marzo 2023

Per dir della raccolta differenziata

ROSETO. Tra le tante cose che non sopporto della cosiddetta “modernità”, una è senz'altro la raccolta differenziata dei rifiuti. La trovo ingannevole.

Dunque pretende la stessa ed i suoi fans adoranti che io, dopo aver pagato la profumata tassa al Comune per lo smaltimento, dovrei mantenermi il puzzolente sacchetto sul comodino (si fa per dire) previo esporlo all'uscio fino a che il Comune stesso, nei giorni da lui stabiliti a suo piacimento, mandi il camioncino a ritirarlo. È praticamente un servizio che rendo io al Comune e, per esso, alla ditta incaricata del ritiro, ma che viene messo per intero a mio carico. A tutto beneficio va da sé dei floridi bilanci dell'industra del settore nonché delle casse municipali medesime.

Ora, questa autentica imposizione di spese e di fastidio vorrebbe esser spacciata per virtù civica. Addirittura da inculcare fin dalla più tenera età scolare, onde formare dei futuri provetti cittadini in grado di separare la buccia delle banane dall'involucro nonché di cestinare nel foro preordinato la carta delle caramelle. Un pedagogismo moralistico da stato etico, che viene sistematcamente accettato ed esaltato.

Nel frattempo, mentre noi spacchiamo il capello in quattro, anzi mentre appallottoliamo nel verso prescritto la carta della caramella, ecologicamente ci impongono di tappezzare le pareti delle nostre dimore con tonnellate di plastica onde renderle conformi alla “classe energetica” da loro inventata all'occasione. Del pari i nostri risparmi prendono l'ansia dei fallimenti bancari sempre più inaspettati e la manodopera a bassimo costo, magari importata, annulla ogni speranza di ascensore sociale.

Ma noi sappiamo come scartare una caramella senza... inquinare; come riporre una ciccha senza... sgocciolare la cartuccia; come ricaricare un auto senza... anzi no; quello no: perché è da vedere se ci lasciano i soldi per comprare una macchina elettrica che loro vogliono e se abbiamo un garage collegato con la rete che loro desiderano per riattizare le pile scariche.

Le mie di pile di pazienza sono scariche da un pezzo. Cari Signori, io alla vostra raccolta separata non credo. Potete imporla, anzi lo fate, ma convincermi è altro paio di maniche!

mercoledì 15 marzo 2023

Andiamoci piano con il civismo

ROSETO. Ricevo con molto piacere le comunicazioni-stampa che, non so come, gentilmente m'invia il candidato “civico” alla carica di sindaco di Teramo, l'avvocato Carlo Antonetti, che tra l'altro non conosco. Ed è proprio questa definizione civica che suggerisce una qualche riflessione più allargata sulla politica senza partiti alla quale oggi assistiamo.

Ritornano per certi versi alla mente le parole di uno studioso napoletano di fine ottocento–inizio novecento peraltro completamente dimenticato: Guglielmo Ferrero. Il quale rimetteva la legittimità del “governare” al suffragio universale una volta che la Grande Guerra aveva spazzato via per sempre il principio dinastico al quale le monarchie avevano per secoli appeso il ruolo di governo.

Ora, il suffragio universale, per i lunghi decenni del nostro dopoguerra, è stato appannaggio dei partiti, i quali lo hanno declinato all'amministrazione della cosiddetta democrazia delle masse dell'era industriale. Non abbiamo però più da pezza né la società industriale e nemmeno i partiti conseguenti. E neanche la cosiddetta “borghesia illuminata” che questi precedette appunto nella seconda parte dell'ottocento.

Ecco allora questo strano “civismo”, di cui anche qui a Roseto vediamo l'esito. Un civismo, almeno nel caso rosetano, che però sembra piuttosto identificarsi in “ceti di potere o di influenza”, più o meno locali. I quali, una volta vinte le elezioni, occupano di fatto le stanze del potere non meno di quanto le occupassero i partiti e – almeno nell'esperienza rosetana – paiono trattare gli elettori più come utenti-social che quali cittadini reali, i quali in tale veste non appaiono altro che come in una diversa forma di sostanziale sudditanza.

Personalmente percepisco tale “stile” di potere come una nuova forma di autoritarismo, più subdola di quelle classiche, ma non per questo meno preoccupante. Ora, se politica “civica” dovrebbe darsi, essa dovrebbe essere diversa da quella dei partiti e non apparire come una specie di “oligarchia dei nuovi” nient'affatto promettente tempi migliori.

Ecco allora che potremo render all'oggi – come è di moda – una affermazione di Ferrero di un secolo or sono, intromettendo tra parentesi la nota attualizzante: Ad esempio: “Nulla ha resistito alla nuova (politica) ma nulla la sostiene seriamente fuorché (i social)". Nonché, naturalmente, ben più concreti e legittimi interessi un tempo mediati dai partiti e prima'ancora dalla borghesia d'antan in cerca per ora di temporanea rappresentazione.

Andiamoci piano, dunque, con il “civismo”. Perché tra la fine dei partiti e la definitiva affermazione dell'era dell'intelligenza artificiale in realtà, in politica, ancora non si stabilizza un qualcosa che sia vagamente rappresentativo.

P.s.: auguro naturalmente all'avvocato Antonetti (foto) ogni successo e spero mi scuserà se ho preso la sua comunicazione a pretesto per le brevi righe testé postate a mò di riflessione appunto.

domenica 12 marzo 2023

Caro Marco, il tuo video è per me un riconoscimento...

immagine di repertorio
ROSETO. Un social-video auto-montato (nel senso che è girato proprio su un'automobile), che il buon Marco Borgatti mi ha ieri dedicato “con stima” (che ricambio) mi dà l'agio (per usare un linguaggio tardo-risorgimentale) di tornare sul tema del volontariato.

Dunque pare sostenere l'amico Marco (a mio avviso piuttosto impropriamente) che laddove non arriva il Comune deve intervenire il Cittadino. Malgrado – aggiungo io – il cittadino già paghi le tasse al Comune e quindi anche lo stipendio agli amministratori. E quindi questo suo intervenire mi par tanto da Cina di Mao d'un secolo fa. Ma lasciamo stare e veniamo al punto. Previo ovvio il giusto riconoscimento alle benemerite iniziative del Nostro Marco che mai in discussione furono peraltro da me poste.

Potrei citare un distinto studioso ed insegnante di Chieti del primo dopoguerra, di cui taccio il nome perchè avendo delle benemerenze civili notevoli con rara discrezione non volle neppure apparire con il proprio nome (vabbé, altri tempi). Preme piuttosto evidenziare che l'assunto di Borgatti potrebbe sottintendere una aprioristica “superiorità” di chi esercita le funzioni di volontaria supplenza al supposto (non)fare del Comune rispetto a chi si limita solo a pagare le imposte senza fornire anche le “braccia”.

Tale rivisitazione del concetto di cittadinanza attinge a mio parere ad una concezione moralistica della quale si potrebbe tranquillamente fare a meno. Sarebbe infatti di pessimo gusto etichettare sotto qualsiasi forma di sufficienza chi “non dà braccia alla patria”, nel senso di un generico tradizionalismo notabilare e patriottico aggiornato soltanto ai fasti dei tempi correnti dell'intelligenza artificiale.

Solo allora incidentalmente e di sfuggita si farebbe notare alla teoria del cittadino-modello, esemplare, benefattore, quasi al punto di un missionariato-laico, al quale il Nostro Marco forse inavvertitamente accenna, che anche scrivere dei post su questo blog (ecco, adesso mi cito anch'io), pubblicare foto di cose che non vanno, trattare notizie che la sterminata attività pubblicistica, social, sottoforma di monologhi o comunicati vari della Politica Amministrante nella sostanza ignora, è anche quello “volontariato” o servizio pubblico gratuito se si vuole.

Con la piccola differenza che mentre il Suo, del Marco cioè, di benemerito servizio volontario gode di ampio riconoscimento e apprezzamento dal Palazzo, quello di chi fa informazione fuori dal Palazzo stesso gode all'inverso di attacchi. Ma non bisogna lamentarsene. Perché sono solo riconoscimenti diversamente intesi. Come anche il tuo video, caro Marco.

venerdì 10 marzo 2023

Per fortuna che c'è Mister Riserva!

ROSETO. Ma dico! Hanno mille “Tavoli” (alias commissioni), qualche decina di comitati di quartiere (alcuni con autorevoli Mamme dentro), proliferano “momenti d'incontro” e poi ti svegli una mattina e leggi che vogliono costruire un liceo su un'altura a due chilometri dal centro e nessuno lo sapeva! Pare che così abbia deciso un ex-sindaco, con una (ex)delega della Provincia. E vabbé, se lo vuole lui!

Poi si affaccia un giovedì di prima-primavera, vai al mercato ambulante e lo trovi spostato. Per colpa di lavori sul lungomare che era meglio fare in autunno ed invece piace eseguire in primavera(barra)estate. Gli ambulanti pare l'abbiano saputo la sera prima. Eppure c'è una assessora che è una ex-sindacalista di commercianti. Che si è beccata, ironia della sorte, una bella nota di protesta dal sindacato degli ambulanti, che ha trovato nel suo agire quantomeno improvvisazione. E vabbé.

E che dire degli ovini che lascian gli stazzi e (non) scendon verso il mare, come cantava il Poeta, ma brucano le aiole in mezzo alla città, con rischio per bambini e cagnolini domestici. Il consigliere d'opposizione, Francesco di Giuseppe, lo ha fatto notare. Ma lui è “scomunicato” per via del sacrosanto dovere di oppositore in occasione del “regio” (sic!) nuovo regolamento consiliare.

Ma dico! Tra una cena di gala e l'altra; un Premio elegante e l'altro; una autocelebrazione social ed un monologo altrettanto social di autocompiacimento, qualche registrata al normale andare amministrativo non si potrebbe dare?

Anche perché, mica può risollevare tutto da solo il buon Marco Borgatti (tra l'altro a gratis, come tiene a precisare continuamente lui). Già li solleva dal peso della Riserva (Borsacchio): lui, con i suoi volontari, la pulisce. Lui (con le sue guide) vi conduce i turisti. Lui (con il suo saper fare comunicativo) la propaganda sui social con il suo stesso volto (spesso mentre è in macchina, per far presto). Si è fatto persino un logo che pare un suo avatar. Certo, si ci potrebbe chiedere se tutto questo impersonificare una Riserva (che dovrebbe esser comune) quasi con il nome e cognome di una persona, alla lunga, sarà una scelta saggia o meno. La domanda, però, non è ammessa.

Mah, comunque, lui è convinto che così sia il Bene della Riserva e senza questo Bene la Riserva medesima verrebbe dimenticata. E vabbé. Ma dico! Borgatti aiuta il sindaco per le emergenze sanitarie; Borgatti aiuta il sindaco per il servizio d'ordine nelle Feste; Borgatti aiuta il sindaco ad accompagnare i bambini a scuola facendoli tenere per mano. Per fortuna che Marco c'è si direbbe, in questo d'accordo con il sindaco che lo ha perfino scritto nella festa di compleanno l'autunno scorso (un anno dalle elezioni) vantandosi di esser riuscito a recuperare il rapporto con le Guide che quei cattivoni dell'ex-sindaco Di Girolamo avevano perduto.

Però che diamine! Aiutatelo anche un po' il povero Marco: non fategli fare tutto da solo! D'accordo che a lui piace ecumenicamente aiutare, ma tutto da solo è 'na faticaccia!

Se vuoi un pò di gentilezza, vai per negozi

A volte mi capita, per una qualche ragione, di frequentare dei negozi di abbigliamento o giù di lì. Che siano nei grandi centri commerciali o fuori non fa differenza. Ed ogni volta noto una estrema gentilezza delle commesse. Quasi che ormai la gentilezza si trovi solo nei negozi.

D'accordo, è un dovere professionale. Ma in molti casi c'è di più. Mi incuriosiscono. E provo, con domande all'apparenza (e forse non solo all'apparenza) sciocche, a scrostare un po' quella patina di professionalità. Ti accorgi allora che spesso dietro c'è un percorso di studi; c'è tanta competenza; c'è conoscenza del lavoro ed anche del linguaggio tecnico della moda.

Ma soprattutto, vedo tanta dignità. Perché spesso si tratta di ragazze. Che immagino non guadagnino chissà quali stipendi. Non godano di chissà quali garanzie contrattuali. Non sognino chissà quale futuro. Eppure sopportano tutte quelle ore di lavoro. Al chiuso. Sempre con la luce artificiale. Con l'aria forzata dai condizionatori. Senza vedere per ore se fuori piove o c'è il sole; se il cielo è azzurro o nuvoloso; di che “colore” è il mare, che pure sta li a due passi.

Ecco, io vorrei che queste ragazze avessero almeno stipendi doppi, tripli di quelli che immagino percepiscano. Ecco, quando sento in TV la signora Giorgia Meloni, la signora Elly Schlein, il signor Calenda o mettetici voi i nomi che volete, io penso a quelle ragazze, penso a quelle addette ai servizi pubblici o privati, penso a chi si prende cura del prossimo... e che magari non votano più o forse si, ma senza speranza.

E penso che quelle signore dei negozi, dei servizi, del “fare” vero, concreto, del “fare” con fatica fisica e psicologica, non siano nei pensieri di nessun governante e di nessun politico. E francamente mi sale una rabbia civile che nemmeno l'essere alle soglie della vecchiaia riesce a mitigare del tutto. Sono inguaribilmente di un'altra epoca, ahimé. Dove certe cose avrebbero suscitato una... rivoluzione. Politica, beninteso!

mercoledì 8 marzo 2023

Ma festeggiamo le donne o i sindaci?


I Comuni si danno un gran daffare per festeggiare l'8 Marzo. Organizzano iniziative, spettacoli, incontri. Così come le scuole ed altre organizzazioni pubbliche. Ed è un bene, ovvio. Ma in questo modo la Festa della Donna diventa un fatto istituzionale. E latamente politico-di-parte, in quanto è inevitabile che i sindaci (e le sindache), gli assessori (e le assessore) ne ricavino una discreta pubblicità.

Eppure sono proprio i Comuni, spesso, che potrebbero fare di più per le donne e non lo fanno. Prendiamo i servizi pubblici locali. Lo sanno i sindaci (e le sindache) quanta fatica compiono le donne (sono in gran parte loro ad occuparsene) dei servizi appaltati, esternalizzati, messi sul mercato? Lo sanno a che ora si alzano la mattina? A che ora rientrano? Che razza di orari spezzati devono sopportare? Quale è la loro paga oraria effettiva? Quanto tempo libero gli rimane?

Senza nulla togliere ai meriti per carità, ma in occasione del 8 Marzo non mi viene di pensare alle donne “Che ce l'hanno fatta”, che si sono affermate, che hanno ruoli importanti nella società. E per questo vengono premiate anche dalle amministrazioni locali in varie aree del Paese.

Ripeto: abbiamo persino avuto il Governo dei Migliori, nulla in contrario a premiare le... Migliori!

Del resto cosa se ne farebbe di un premio magari una commessa dei settori commerciali che la domenica vorrebbe starsene a casa perché solo la domenica sono a casa anche i figli o gli affetti più cari, ed invece deve lavorare in cambio di un piccolo stipendio?

Cosa farebbe con un premio l'operaia dei turni di notte nelle industrie manifatturiere? La contadina ad ore nei campi di pomodoro l'estate? La ragazza che non può lasciare la casa dei genitori perché non può permettersi il fitto e le bollette non avendo alle spalle una famiglia benestante? La giovane professionista costretta alla partita IVA per anni senza prospettive in quanto non erede di qualche posizione professionale già acquisita?

E poi, queste donne sarebbero decine di migliaia, come premiarle? Meglio, molto meglio allora una bella cerimonia con la dovuta presenza della politica locale di turno in onore di quelle che ce l'hanno fatta. Oltretutto sono talmente poche che le giurie premianti non faranno nemmeno fatica a selezionarle.

La verità è che una donna è davvero libera se ha un buono stipendio, un lavoro che la soddisfa piuttosto che “creparla” di fatica ed è libera di non occuparsi della casa e della famiglia se non vuole. Altrimenti l'8 Marzo, che poi è la ricorrenza di un evento tragico avvenuto oltre un secolo fa in una fabbrica americana – questo è storicamente l'8 Marzo – non ha molto senso. Se non considerare le donne alla stregua di un gruppo sociale svantaggiato o come un “genere” da uguagliare o tutelare sulla base di un ordine creato dall'altro sesso.

La libertà, purtroppo, non non te la puoi permettere le più volte. Ed i sindaci (e le sindache) non sono estranei/e a questa condizione d'impossibilità reale. E non si salvano certo con un mazzetto di mimose od uno spettacolo all'impronta.

domenica 5 marzo 2023

Quel video sia distribuito nelle scuole

ROSETO. Il video di quella cosiddetta conferenza stampa dei giorni scorsi sul regolamento del consiglio comunale andrebbe gelosamente custodito nelle teche della città e mostrato nelle scuole a futura memoria. Un monito per i giovani (pochi, pochissimi: per fortuna i ragazzi d'oggi quel “vizio” l'hanno perso) che volessero avventurarsi nella politica. Per mostrar loro cos'è davvero la politica e suggerire di non mettersi mai dalla parte dell'opposizione, ma sempre da quella di chi vince. Se non vogliono ritrovarsi una bella mattina sotto tiro a reti-social-unificate da parte di moderatissimi padri e madri di famiglia che però non trovano di meglio che passarsi la palla delle “parole” per colpire in fuori gioco, senza che nessuno fischi il fallo, un collega assente.

Ma a quel video, a quanto pare, andrebbe aggiunto anche qualche spezzone della seduta del 3 marzo del consiglio comunale. Quando c'è voluta tutta l'abilità ed il sangue freddo del consigliere Francesco di Giuseppe (Fratelli d'Italia) nel controdedurre ai cavilli formali ed agli assalti verbali contro la sua sacrosanta opposizione verso le modifiche al regolamento dell'assemblea.

Veramente il cavillo formale circa la validità della firma dei suoi emendamenti è venuto non tanto dalla politica quanto dal più Alto Ufficio Burocratico dell'Ente. Il quale ufficio, va detto solo per incidentalità di cronaca, si prodiga sempre con molta solerzia nel garantire l'adamantina validità tecnica delle tesi che la stessa amministrazione attiva porta avanti a livello politico e contraddire per speculare conseguenza quelle dell'opposizione. Un assunto però – sempre dato di cronaca – che in un caso recente come quello della tassa di soggiorno, il Tribunale amministrativo regionale (TAR) pare aver piuttosto smentito – anche sul piano formale – dando ragione ai rilievi dell'opposizione evidentemente ritenuti invece privi di pregio da parte dell'Alto Ufficio burocratico di cui innanzi.

Ma se sulla animosità e sull'approccio muscolare da parte della maggioranza si è già letto sulla stampa e qui cennato appena – e del resto non è una novità – un discorso a parte si dovrebbe aprire sulla presidente del consiglio comunale, avvocato Gabriella Recchiuti, votatissima consigliera di “Azione” in quel di Cologna, dove risiede la sua base elettorale maggiore. Ora, pare a chi scrive che la giovane esponente del partito Calendiano prenda a morsi – come si suol dire – la politica. Si vede lontano un miglio che gli piace farla e l'affronta con piglio garibaldino. Ha deciso che quella è la sua parete da scalare ed è partita con l'elmetto in testa. Se di fronte si para un muro anche di 10 mila emendamenti, lei non media e non aggira: tende a sfondarlo con la forza di un panzer.

Ebbene, una donna che intraprende la politica così volitivamente può generare simpatie ed antipatie. Non sono d'accordo con lei nello specifico, ma personalmente a me quel modo piace. Ma c'è un ma. Non può farlo da presidente del consiglio comunale. No, così è troppo comodo. Non si può utilizzare una carica super-partes per essere partes. Scenda dunque la combattiva avvocato dal suo scranno, rioccupi il seggio di consigliera oppure meglio ancora si faccia dare dal suo sindaco un ruolo operativo nella Giunta, magari trasformando la delega alla “gentilezza” che già ricopre in qualche cosa di più consono e conduca da lì le sue intemerate contro l'opposizione. Farlo da presidente del consiglio comunale è quanto di più sbagliato possa darsi, ed oltretutto non le fa nemmeno onore.

Di fronte a ciò però, anche gli altri due consiglieri d'opposizione (a parte Di Giuseppe), ovvero Teresa Ginoble soprattutto, non possono limitarsi a rimproverare questioni di stile. Non basta dire la presidente è di parte. Perché lo è di fatto e dirglielo va bene ma non la sposta di un millimetro. La dico ancor più chiara: se Gabriella Recchiuti è, molto molto da lontano ovvio – solo per farci capire – una Giorgia Meloni nel suo agire da zero, allora gli altri trovino – fuori dal consiglio per necessità di millenium – una Elly Schlein oppure una Santanché fate voi rosetana. Se si guardano attorno, forse non mancano.

Diceva Sandro Pertini (un presidente della repubblica del '900): “In politica, a brigante brigante e mezzo”. Vuol dire che contro un avversario che usa metodi poco istituzionali, si contrappone analoga moneta. Lamentarsi infatti conta poco: conta battagliare. Di Giuseppe, in questa occasione, ha battagliato e gli va riconosciuto. Gli altri prendano coraggio e affondino di più sul pedale dell'acceleratore. Ve n'è bisogno.

Buona fortuna

sabato 4 marzo 2023

Solo personaggi social?

ROSETO. Si ci potrebbe chiedere se in un epoca pre-social un personaggio politico alla Mario Nugnes, sindaco in carica di Roseto, sarebbe potuto emergere, seppur alla scala locale. Anzi, se proprio sarebbe potuto esistere politicamente. Naturalmente la storia non si fa con i se e con i ma. La domanda su quanto contano i social nella costruzione di un personaggio politico si può comunque avanzare. Anche perché, ad esempio, una “assemblea” come quella dell'altro giorno, impropriamente detta conferenza stampa, dove si è attaccato dall'Aula consiliare, in teoria di tutti, un consigliere d'opposizione per aver esercitato un suo diritto, non sarebbe stata pensabile senza i social.

O meglio non avrebbe prodotto gli stessi effetti. Perché la rottura della grammatica istituzionale che essa, non so quanto scientemente, ha portato con sé avrebbe provocato uno sconquasso che invece oggi, appunto nell'era dell'intelligenza artificiale, passa quasi inosservata. Perché? Perché la politica-social, quando un Potere, seppur municipale, la esercita, assume quella carica di populismo che contiene in sé, al di là della sua programmaticità o meno, dei connotati chiaramente autoritari.

Sui social il potere parla da solo, senza mediazione giornalistica, ed in sostanza senza contraddittorio. E l'altro giorno qui a Roseto si è visto plasticamente, quando una regia politico-istituzionale addirittura, collegava o interrompeva la diretta-social. Che si possa intervenire a commento (anche questo comunque solo se consentito dai meccanismi elettronici stessi) non cambia i connotati di un nuovo autoritarismo politico. Sui social non siamo tutti uguali, perché non abbiamo gli stessi mezzi, lo stesso tempo e gli stessi spin-doctor, addirittura in taluni casi a carico dei pubblici bilanci.

Naturalmente qui non si vuole attribuire un giudizio di valore. Il mondo va così. E bravi loro a sfruttarlo. Si vuole solo proporre un ragionamento basato su osservazioni di fatto. Che dovrebbero far riflettere, perché rappresentano una torsione della stessa Democrazia classicamente intesa. Siamo dunque di fronte – non solo a Roseto, ma anche a Roseto ovvio – ad un nuovo dogmatismo politico.

Tutto sta a vedere, però, se questa è solo una bolla social, nella quale la gente si rispecchia a prescindere, oppure si trasformerà anche in personaggi politici reali. Se questa politica virtuale ovvero più risponde alle esigenze della nostra città e non soltanto all'interesse politico appunto dei protagonisti; se in altre parole il monopolio dell'uso-politico dei social costituisca davvero la chiave per la perpetuazione continua dell'esercizio del potere, oppure passato quell'impeto ognuno rimane quello che è e tutti se ne accorgono.

La risposta a tale interrogativo queste righe non l'hanno. La curiosità tuttavia può esserci.

giovedì 2 marzo 2023

Se questo è il nuovo...

ROSETO. Se in un grigio mattino di fine inverno un viaggiatore... Si potrebbe dir così, parafrasando Italo Calvino, di cui tra l'altro ricorre il centenario della nascita. Se dunque un viaggiatore si fosse trovato a passare per Roseto, oppure ne fosse stato invaso dai mezzi social amplificatori, avrebbe visto anche una assemblea di signori (e signore) aventi cariche istituzionali, riuniti come fossero in un consiglio comunale irritualmente convocato. Con il sindaco seduto al posto del sindaco, la presidente al posto della presidente, gli assessori al posto degli assessori e taluni consiglieri al posto dei consiglieri.

Ma codesti signori (e signore) non erano in un consiglio comunale. O meglio, erano nell'Aula delle sedute civiche, ma si erano li dati convocazione per ricevere la... stampa! Onde dir cosa? Al viaggiatore parve onde ordire un “processo”. Un processo-politico in cui la veste di “giudici” pareva assunta appunto dai presenti. Un processo contro un “imputato” assente: il consigliere comunale d'opposizione, Francesco di Giuseppe, esponente locale di Fratelli d'Italia. Giudicato reo, senza avvocato e senza possibilità d'appello, di eccessivi emendamenti, ovvero di aver esercitato un diritto ed un dovere dell'opposizione.

Al viaggiatore è balenato nella mente un paragone. E' come se – ha osservato tra sé – Giorgia Meloni convocasse la stampa dentro il Parlamento e, alla presenza dei suoi ministri e dei suoi deputati, si mettesse ad attaccare l'opposizione. In quel caso si parlerebbe di colpo di Stato. Qui, più modestamente, si dovrebbe dire di “colpo di Comune” o di uno scherzo di carnevale postumo. In ogni caso, qualcosa che nemmeno su Marte il viaggiatore aveva visto osare. Anche perché, fosse il viaggiatore un consigliere comunale di qualsiasi partito, si sarebbe sentito seriamente in imbarazzo a “processare” un suo collega che sta facendo il suo lavoro.

Ora, al di là di chi ha torto o ragione nel merito (pare si parlasse di un regolamento o questioni consimili), quello che su Marte non sarebbe possibile è usare quelle forme, quei toni, quegli atteggiamenti postural-politici. Su Marte sarebbero intervenute Autorità Superiori a ricordare le Regole. Ma il viaggiatore ebbe a constatare che in città nemmeno se ne erano accorti di una ferita così grande apportata alla Democrazia. Forse perché il malcapitato era un esponente di un partito non ben visto da tutti. Fosse capitato ad uno cosiddetto di sinistra, avrebbero fatto le barricate per giorni.

Ma così andava il mondo, da quelle parti, in quei giorni. Il viaggiatore ne rimase di sale.