mercoledì 25 marzo 2020

Le parole non servono a niente

Se un alieno si avventurasse da queste parti in questi giorni stenterebbe a credere che qui ci siano state città abitate. Troverebbe i segni di un passaggio. Vedrebbe strade, piazze, parchi, ma non saprebbe perché li abbiano costruiti. Non trovrebbe traccia della presenza umana. Perché quella presenza è come se si fosse ibernata, pre-auto-sterminata a sua insaputa.

La paura della scomparsa tra atroci sofferenze ha chiuso dentro anime e corpi. Rinchiuso menti. Si parla solo per mezzo di scatolette elettroniche, che presto diverranno anche tanti braccialetti elettronici. Si auspicano i carrarmati.

È bastato un virus micidiale a chiudere una parte del globo. Il male è alle porte. Alcuni si sono autoreclusi con gioia, altri con tristezza. Non fa differenza. Nei tempi della scienza, dei soloni imbalsamati, della tecnica onnipotente, non c'è nessun altra difesa che chiudersi dentro a tempo indefinito.

Alcuni si preoccupano di come sarà quando riusciranno. Tutti innanzitutto si augurano che ci siano ancora tutti. Certo non ci saranno più tante cose. Quello che prima era la cosiddetta “cultura” sparirà. Mai come oggi le parole sono vuote, insignificanti, retoriche. A volte è bello non sapere.

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