sabato 30 dicembre 2023

Dalla vicenda Borsacchio escono tutti sconfitti, anche i presunti incursori notturni

ROSETO. Da un colpo di mano notturno nacque nel 2005 e con un colpo di spugna nottetempo scomparve (a meno di sperabili ricorsi) nel 2023. Si è detto fino alla noia in questi giorni a proposito della Riserva Borsacchio. E non va bene, ovvio. Non si fa così. Le proposte si presentano, si discutono e si votano alla luce del sole, non come delle imboscate. Ma questa è esattamente la colpa della politica. Di tutta la politica, direi. Che non sa più fare il suo mestiere.

Alla politica manca il focus della narrazione, direbbe una mia carissima amica che di politica se ne intende davvero, ma non ne vuole più sentire. Così, piccoli interessi di lobby vengono spacciati per generali ed imposti a tutti. Così, salta completamente il gioco democratico. Così, parte proprio il mandato rappresentativo. Perché una cosa non la fai alle due di notte di sorpresa, ma la discuti con tutti, dato che non ci sono solo gli interessi di una parte del mondo agricolo ad esempio, ma anche quelli di tanti portatori di legittime aspettative.

Quindi, sulla gravità politica del fatto non c'è dubbio. Altro discorso è l'efficacia della Riserva. In questi 18 anni non si è avuta una visione chiara della cosa. Non si è mai stabilito con nettezza il livello di compatibilità con le attività economiche. Si è tentato, magari in buona fede, di far passare dei modelli, o dei target turistici, che erano orientati troppo sulla parte militante di un mondo ambientalista tradizionale. Ed anche qui è mancata la politica, questa volta la politica locale. Nel cui vuoto assoluto si è inserita appunto una versione ambientalista che ha tentato di pre-dire e pre-praticare un tipo di gestione che era il loro e non di tutti. O meglio, che ai loro occhi poteva apparire andar bene a tutti, ma che a tutti non sarebbe mai andato bene. E questo limite, politico proprio, gli ambientalisti militanti non lo riconosceranno mai, ma purtroppo era ed è evidente ad un'analisi spassionata.

In questo coacervo si inserisce ora il che fare. La via più praticabile, se giuridicamente fattibile, pare quella dei ricorsi. Che è un'altra debacle per la politica intera, perché ancora una volta sarà vissuta come una sconfitta da un lato ed una vittoria dall'altro. Senza capire che, finora, tutti sono usciti sconfitti, sia gli apparenti odierni vincitori sia gli apparenti trascorsi propugnatori di modelli. 

Si ci dovrebbe riflettere, quando si deporranno le sciabole della polemica per la polemica.

I “vicoli” di Castelvecchio Calvisio con le opere di Ugo Di Pasquantonio nella “Terra della Baronia”

L'AQUILA. Si è tenuta di recente nel borgo di Castelvecchio Calvisio, piccolissimo paese alle falde del Gran Sasso, versante aquilano, una delle “Giornate Nazionali dei Borghi Antichi”. Emidio di Carlo, critico d'arte e giornalista aquilano da sempre impegnato sul territorio, vi ha partecipato e ne ha scritto un pezzo che mi ha inviato.

Scrive Di Carlo: “Artefice dell'evento, il sindaco del paese, Luigina Antonacci, che per l'occasione ha radunato i rappresentanti del Distretto Terre della Baronia, l’agglomerato dei paesi insediati nella parte del Gran Sasso meridionale, dal tempo antico e, in particolare, dal basso Medioevo.

A quanti convenuti (al di là della locale popolazione dei residenti e non), il Sindaco ha offerto una speciale memoria d’arte-architettonica: “I vicoli dipinti da Ugo Di Pasquantonio”.

Per chi non conosce la memoria delle “Terre”, merita precisare che i paesi che con Carapelle Calvisio concorsero a formare il Distretto della Baronia furono: Barisciano, Calascio, Carapelle Calvio, Castelvecchio Calvisio, Castel del Monte, Santo Stefano di Sessanio. La storia vuole che Castelvecchio Calvisio fosse l’antica vendita da parte di Costanza, figlia unica di Innico Piccolomini (Conte di Celano), a Francesco Medici (Conte di Toscana). Nel 1743, il borgo entrò a far parte del Regno delle Due Sicilie.

La mostra è stata presentata con un lungo excursus storico-critico su Ugo Di Pasquantonio, originario di Castelvecchio Calvisio. Al termine della scuola primaria, l’artista era emigrato in Francia, poi nel Canton Ticino, a Chambery. La sua pittura, già manifestata in epoca giovanile, è maturata nei nuovi Paesi in cui è vissuto, dove ha potuto assimilare le opere di Auguste Renoir (1841.1919) e Ferdinand Hodler (1853-1918). Ne è scaturita una fruttuosa conoscenza del movimento impressionista. Poi il ritorno in Italia, a Pratovecchio (Arezzo), dove non è certo mancata l’attenzione alle prospettive ariose di Telemaco Signorini (1835-1901); poté cogliere anche la poesia e il silenzio nelle opere di Silvestro Lega (1826-1895).

In tutte le occasioni è potuto riemergere la memoria del paese delle origini. Così, uno dopo l’altro sono riemersi i vicoli della sua Castelvecchio Calvisio, gli edifici continui, le case-mura di difesa allineate, con due tre gradini sulle porte, piccole finestre affacciate sulle scalinate. Il disegno schematico, la prospettiva e il “silenzio” animavano il paese nell’epoca medievale. Tutto è tornato visivamente a raccontare la storia di un popolo la cui vitalità antica è racchiusa nel suo antico ‘ovale’ abitato.

Ernesto De Martino (filosofo e etnologo italiano. 1908-1965) sosteneva che “solo chi ha un villaggio nella memoria può avere un’esperienza cosmopolita”. L’affermazione è in linea nella rappresentazione del borgo antico da parte di Ugo Di Pasquantonio la cui presenza umana è venuta meno nel 2020, ma non certo la sua memoria per l’abitato di Castelvecchio Calvisio, che si dilegua al di qua e al di là della storica “Via Catilina” che collega i lati Est e Sud. Sulla strada interna si aprono piccole piazze, porte e scalinate che portano lo sguardo verso l’alto; o su cui convergono gli altri immaginari “vicoli” presenti e disegnati anche nei lati Nord e Ovest.

Si ricordava un del dipinto di Ugo Di Pasquantonio in cui una giovane fanciulla scendeva baldanzosa e allegra da Rocca Calascio verso Castelvecchio Calvisio. Nella “Giornata dei Borghi” Il Sindaco si è affrettata a mostrarla ai presenti. Quale migliore immagine in vista delle Feste di fine anno?

Emidio Di Carlo

venerdì 29 dicembre 2023

Il bilancio di Nugnes: a proposito

ROSETO. Il sindaco, Mario Nugnes, mi aveva invitato alla sua conferenza stampa di fine anno, tenuta questa mattina. Mi aveva invitato come giornalista. Devo dire che mi manda sempre questi inviti. Del che lo ringrazio. Ma non sono andato. Per due motivi. Primo, perché alla veneranda età di anni 61, star lì ad ascoltare diverse mezzore gli inevitabili autoelogi di queste circostanze, non me ne tiene. Secondo, perché avrei posto delle domande e siccome sarebbero state prese come scomode, ho preferito evitare. E poi oggi mi sento particolarmente di animo ben disposto verso il sindaco, quindi non vorrei turbarlo adesso.

Essendo però un cittadino parlante (ed anche scrivente qui, su questo blog personale), poi scatta la molla di esprimerla proprio qui la mia opinione, pubblicamente anche se valevole solo per me stesso. Dunque l'opinione sul mandato, finora, di Nugnes è questa. Lui passerà alle cronache future, credo, come colui che (tranne salvifico intervento del Tar) fece la variante “lungo-muro”, cioè dei palazzi a mare, che anche oggi il suo assessore di “Azione”, fedelissimo di Giulio Sottanelli, ha rivendicato. Variante cui seguiranno altrettanto super-impattanti lottizzazioni all'ex-fornace centrale e sulla spiaggia, secondo il cosiddetto nuovo piano spiaggia.

Sta a lui non voler aggiungere a questo palmares anche una mancata difesa concreta (cioè con atti urbanistici di salvaguardia) della (ex?)Riserva Borsacchio, proprio stanotte proditoriamente “cancellata” dalla Regione, oppure utilizzare questa occasione per bilanciare la rotta e finalmente moderare i più scalmati sostenitori dell'urbanistica anni '50 della sua amministrazione. Io gli suggerirei di cogliere l'occasione, ma è un problema suo (e della Città).

Accanto a questi dati per me negativi, ce ne sono altri invece buoni. Il riferimento va alla scelta di utilizzare i fondi del PNRR per le scuole, che è costosa, ma porterà edifici scolastici nuovi e migliori, oppure la recente decisione per l'area di servizio per i cani e qualche caso di miglioramento in alcune manutenzioni. Tra l'altro, mentre gli effetti irreversibili delle scelte urbanistiche misureranno contezza sull'elettorato tra qualche anno, le scelte sulle scuole e sulle manutenzioni arriveranno prima, quindi saranno elettoralmente spendibili prima dell'eventuale reflusso che, in teoria, potrebbe provocare il disastro urbanistico.

Quindi il bilancio è, a mio parere, in parte irrecuperabile (tranne, ripeto, salvifici interventi del TAR), ma in parte ancora modificabile verso il meglio; verso la... “svolta” per usare un termine caro a Nugnes. Queste righe non credono che la “svolta”, dai due anni appena passati però, possa arrivare. Ma siccome a Natale siamo tutti più buoni, sperare non guasta.

Buon anno

È caduta la Riserva

E dunque sta come le palle il 7 gennaio sull'albero di natale una Riserva regionale. Un colpo di penna e va giù. Del resto nottetempo nacque nel 2005 e nottetempo viene cancellata 18 anni dopo. Nel frattempo ha salvato da qualche furiosa lottizzazione e non ci ha protetto da un mare di chiacchiere inutili inframmezzate.

Se oggi tuttavia si tiene a qualche risultato riparativo, oltre a deplorale che è doveroso ma poco porta, una è la strada metodologica che qui si vede.

Occorre ovvero un impegno reale e forte del candidato presidente regionale D'Amico ed occorre un ruolo non divisivo e di riferimento del sindaco Nugnes. Altre vie non si vedono.

Tranne le solite intemerate di Marco Borgatti, che avrà pure ragione ma al massimo, politicamente, compatta la sua piccola legione e niente più, ed i soliti protagonismi dei vari politici locali più o meno candidati.

Se D'Amico non lo fa e Nugnes non riesce a superare contrasti e divisioni che pur lo hanno visto e purtroppo lo vedono protagonista, non pare vi siano grandi prospettive. 

giovedì 28 dicembre 2023

"Sparacchiar Vietando"

Che poi di questi giorni i sindaci (chi più chi meno) si dibattono nella consueta “ordinativite acuta” circa i botti di fine anno. Sono infatti in costante aumento i “condotti” da bau e miao che non vogliono gli scoppi. Così come crescono i cosiddetti ambientalisti. E siccome codesti son voti potenziali, i sindaci si adeguano. D'altra parte però anche gli affezionati dei bum-bum-bum restan non pochi, visto poi che i fuochi si vendono regolarmente. Ed anche quelli voti potenziali sono. Ed allora, siccome i nostri sindaci sono (chi più chi meno) funamboli del consenso a vietare per carità vietano, ma magari anche a chiuder un occhio (se non tutte due) non gli dispiace così tanto.

A loro questo "sparacchiar-vietando" pare un compromesso accettabile.

lunedì 25 dicembre 2023

Buon Natale!


Scrivo la mattina di Natale. Sul presto. Nel tepore e nella bellezza di una città addormentata. Davanti ad un mare che incanta.

Penso. Come al solito, direte voi: pensi, non sai fare altro? Avete ragione. Anzi, io penso che non so nemmeno pensare.

Penso che ognuno di noi (io compreso, ovviamente) cerca di essere un piccolo "Ferragnes" che propaganda se stesso. Quasi mai riuscendovi, altrettanto ovviamente. Del resto, nemmeno la protagonista principale del genere, negli ultimi giorni, pare azzeccarle tutte.

Eppure, mentre ci mostriamo, qui, sui social, appariamo nascondere quel che siamo dentro. Anche a noi stessi, a volte.

Per chi crede, Natale celebra la nascita di Gesù Bambino. Per chi non crede, quella nascita svela, comunque, un fatto intimo; un ciò "che siamo dentro". E lo sbatte in faccia al mondo. Un gesto rivoluzionario. In termini civili, non religiosi. La carica rivoluzionaria di Cristo, la sua carica sociale e politica, è quello sbattere la povertà in faccia al mondo. Un tema irrisolto ed irrisolvibile. E per ciò stesso eterno.

È quella carica rivoluzionaria che il nostro natale di occidentali-stanchi nasconde. E che molto del mondo non occidentale nemmeno considera. Perché in questo mondo-social in cui noi sveliamo le nostre case e le nostre cose, le nostre cucine e le nostre foto, allo stesso tempo nascondiamo la domanda sul chi siamo e che cosa stiamo facendo al mondo. Forse perché ne abbiamo paura.

Ma nel dire "abbiamo paura" ho appena sbagliato. Ho peccato di supponenza. Dovevo dire: ho paura. Perché io ho paura. Ho paura della guerra. Contro cui nulla posso. E le cui immagini non guardo non per indifferenza, ma perché non sopporto. Ed ho paura del Potere: tutto: quello Grande e quello Piccino. Perché lo trovo sempre, ove più ove meno, contro la Persona Umana. E con il Potere ho paura dell'Uomo, cioè di me stesso.

Ecco, nel piccolissimo anch'io mi svelo ed in filigrana svelo i miei sentimenti. Complice una serata di Natale inaspettata e bellissima, ed un giorno del Signore altrettanto a me caro, delle quali sono grato con tutto il mio essere a due amicizie particolari.

Ecco, il mio non è un augurio. È riflettere dentro di me. A voce alta. Non perché condividerlo qui sia importante. Non perché conti qualcosa, se non per me stesso. Ma in fondo io cosa posso dare, se non le mie stupide parole, che tante volte mi chiedo perché esprimo senza trovare risposta.

Forse sono solo la mia, altrettanto stupida, rivoluzione interiore. Continua. Incessante. E sempre provvisoria. Come le parole stesse. Come l'esistenza stessa. Spero non come un certo sentimento, anzi due-certi-sentimenti. E prego il mio Dio, che non so dov'è, che forse è dentro di me, di riuscire a mantenere il più a lungo possibile la ragione per... mantenere quei due-sentimenti. Solo questo spero. E solo per questo prego, a mio modo.

Buon Natale. E grazie davvero a chi sa!

giovedì 14 dicembre 2023

Sul Pavone non tramonta il sole

immagine di repertorio
ROSETO. Premessa: questo post non ha nessuna utilità pubblica. E nemmeno privata. È scritto solo per i patiti di politica, per fortuna quasi estinti.

Dunque vediamo. L'altra sera Enio Pavone, già assessore socialista nei primi anni duemila, già sindaco di Roseto per il centro-destra dal 2011 al 2016, ha annunciato la sua candidatura alle regionali per la lista di “Azione” di Giulio Sottanelli. Ed il consigliere Francesco di Giuseppe (Fratelli d'Itaia) ha ricordato un po' i suoi trascorsi, con qualche ironia. E ci sta, naturalmente.

Ragioniamo però un po'... politicamente! Giulio Sottanelli, candidando Pavone, ha fatto l'unica scelta razionale che poteva fare. Per quale motivo?

Primo, perché Pavone voleva candidarsi a tutti i costi e quindi lo accontenta.

Secondo, perché così stabilizza la maggioranza del sindaco Nugnes.

Terzo, perché se le cose vanno bene in termini di voti “Giulio” può dire che è merito suo e di Pavone, se dovessero andar meno bene la colpa sarà solo di Pavone.

Quindi “Giulio”, ancora una volta, ha centrato il tema (politico). Ma c'è un ma. “Giulio” e la sua Azione, per stare tranquilli, a Roseto devono fare il pieno di voti. Perché se nella tua città, dove hai sindaco, assessori e nove-dieci consiglieri di maggioranza su dieci, non prendi una valanga di voti, nel mondo della “politica” che conta (i voti) ti cominciano a guardare sottocchio. 

Il problema di “Giulio”, più che di Pavone, è dunque prendere un botto di voti a Roseto. Ci riuscirà? Lo sapremo il 12 marzo. Tenendo presente che tutti, alleati ed avversari, faranno la campagna elettorale su di lui, cercando di ostacolarne il successo. Ma anche questo si vedrà il giorno appresso al voto.

Per quel che riguarda queste righe, invece, le elezioni regionali sono solo lo scontro-incontro tra due diverse burocrazie-politiche, tutto da vedere fino a che punto opposte. Per il quale queste righe medesime non si scaldano. Non v'è nessun interesse a tirar né in un senso né nell'altro per chi va ad occupar poltrone super-retribuite, ove è consentito anche cumular redditi e pensioni di diversa eziologia. No grazie, fate voi. L'incomodo della campagna elettorale fa parte del comodo che verrà dopo. A voi tocca il secondo, personalmente a me non và almeno l'incomodo del primo.

venerdì 8 dicembre 2023

Come non cambia un Paese

Osservo Giorgia Meloni in Tv. A suo agio nei salotti diplomatici. E mi chiedo se non sia veramente il capo di governo ideale di un Paese conformista e mezzo bigotto come il nostro. Di un Paese che non cambia mai né vuole cambiare. Che si adatta ai mutamenti subendoli. Di un Paese dove un underdog, appena può, diventa subito un overstatement (cioè esagerato).

Fa sorridere Carlo Calenda, leader di un partitino minuscolo di nome “Azione”, quando critica “Giorgia”. Lui che voleva il Draghi-bis attacca un governo che pare un Renzi-bis, o piuttosto un Draghi-quater. Né potrebbe essere diverso. Perché così sarebbe anche un governo alla Elly Schlein o – gli dei ce ne preservino – un Conte-uno-due o vatteloapesca il numero.

Perché noi siamo il Paese dove i reggitori di pubblici-poteri elettivi, o aspiranti tali, si presentano nelle fiere culinarie e si fanno fotografare con il cibo tra le mani senza timore di dare una cattiva impressione, anzi pensando al contrario di acchiappare consensi.

Siamo il Paese dove nelle periferie delle orbite spazio-virtuali della politica, basta un vice-qualcosa o un vice-qualcuno, che magari passa il tempo ad auto-video-clip-parsi con questi congegni hi-teck, cercando di trasformare in evento anche una spalata di torba cavata da un tombino o l'inaugurazione di quattro panchine messe alla rinfusa, in questo secondo caso bendicente naturalmente anche la local-Chiesa.

Siamo il Paese dove alla tutela della vista mare basta la rimozione di qualche chiosco-semi-mobile (per carità, ben venga) a fronte di migliaia di metri-cubi di edifici in muratura o di cemento armato piantati nella sabbia con tanto di bollo di legittimità in onore a sedicenti piani d'arenile.

Questo siamo e questo saremo. Per la fortuna delle Giorgie romane e dei più o meno Ànghelos novus (nel senso greco) della politica alle più basse latitudini.

Buon week-end!

venerdì 1 dicembre 2023

Sonnambuli o rincretiniti?

Mi è capitato nei giorni scorsi di assistere ad alcuni incontri pubblici nell'università di Chieti o di Teramo. Nelle prime settimane di novembre, complice il bel tempo, ho visto ragazze e ragazzi chiacchierare tranquillamente seduti sui prati del campus teatino. Ho veduto ragazze e ragazzi studiare insieme, parlare, prendere un caffè. Francamento non ho scorto nei loro sguardi il clima di terrore che i media italiani hanno sparso nel rapporto uomo-donna, in alcuni casi certamente patologico come dimostra l'ultimo episodio di cronaca davvero tragico ed eclatante.

Quella dei media sembra più una caricatura della realtà che la sua rappresentazione. Poi ho letto il 57° rapporto Censis, che ci definisce un popolo di “sonnambuli”. Intimoriti da pandemie, guerre, crisi climatiche, energetiche ed economiche; inflazione, immigrazione e calo demografico.

V'è da chiedersi quanto un'affannosa descrizione della realtà in termini puramente emozionali, interessati esclusivamente all'audience che tale approccio rende facile, concorra al sonnambulismo generale.

Oh Natale ci piace

Per me che vengo da un'altra epoca, pensare che un Comune si occupi del Natale è fantascienza. Ed invece oggi è importante. Per il commercio. Per l'economia. Per la politica.

E si, per la politica. Perché il Natale offre ai sindaci ed agli amministratori locali una vetrina incredibile. Consente loro passerelle piacevolissime. Fornisce consenso a costo zero; o meglio a costi dalle spese pubbliche che generosamente utilizzano allo scopo. Perciò Natale piace a tutti e lo fanno tutti: piccoli paesi o grandi città, sindaci di centro, di destra o di sinistra. E per di più, il Natale piace alla gente, che è contenta si facciano cose ed anche che si spendano soldini pubblici, tanto i soldi pubblici non sono nostri, pensa il popolo.

Ed allora giù fiumi di parole alle presentazioni dei cosiddetti “eventi”. Esondazioni di retorica. Sfrenata esibizione di enfasi. Ringraziamenti reciproci stucchevoli tra i protagonisti delle presentazioni stesse. E via via discorrendo.

Che dire? Va bene così. Meglio fare Natale che fare la guerra. Godiamoci le feste allora e questo clima di festa. Che fa piacere anche a me. Che vengo da un altro pianeta. Figuriamoci...