In questi giorni, si celebra il trentennale di Mani Pulite, l'inchiesta che nel 1992 portò alla decapitazione del sistema politico italiano, accusato di corruzione. In Abruzzo, le propaggini di quell'indagine partita da Milano, ebbero per protagonista un giovane magistrato, Fabrizio Tragnone (foto).
Nato a Chieti, Tragnone era allora sostituito procuratore della Repubblica a L'Aquila. Tra l'altro in una fase di passaggio dell'assetto direttivo di quest'ultima.
Nell'autunno di quell'anno, Tragnone chiese ed ottenne l'arresto dell'intera giunta regionale, guidata dal democristiano Rocco Salini e composta in larga parte anche dal partito socialista.
Ne seguirà una lunga fase processuale. La vicenda, infatti, nota alle cronache come "caso Pop", dal nome dei fondi europei sulla cui distribuzione scattò l'indagine a seguito della denuncia di un imprenditore, era a metà tra il penale e l'amministrativo.
Tranne in qualche caso, però, in Abruzzo gli esiti giudiziari delle numerose inchieste non furono positivi per l'accusa. Ci fu tuttavia un grande impatto sull'opinione pubblica. Sergio Turone, giornalista e politico, allora consigliere regionale abruzzese eletto tra i Radicali, ci scrisse anche un ottimo saggio.
Dopo trent'anni, poco resta di quella stagione. Se non i personali ricordi di chi l'ha vissuta. Chi scrive è tra questi. Gli capitò infatti il ruolo di giovanissimo consulente tecnico proprio del giudice Tragnone.
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