sabato 24 luglio 2021

Elezioni: rimpatriata di ex e di post

(Attenzione: il seguente è il punto di vista di uno che, non avendo famiglia e accontentandosi di poco, può permettersi il lusso del disimpegno)

Come appare la politica rosetana alla vigilia delle comunali agli occhi di un disimpegnato? Sembra una politica con il torcicollo. Piena di retorica e aspirazioni personali (legittime, s'intende). Ben cinque dei sei (finora) candidati annunciati fanno riferimento, formale o culturale, alla vecchia Democrazia Cristiana ed al vecchio partito socialista. Un altro, Mario Nugnes, per ragioni anagrafiche non può fregiarsi della qualifica di ex, ma entrerebbe di diritto nei post-Dc se questi potessero descriversi come ben vicini agli ambienti ecclesiastici nel cui ambito, peraltro, Nugnes ha avuto anche esperienze di collaborazione.

Dunque abbiamo l'ex-Dc doc Tommaso Ginoble, forse il più chiaro di tutti per via della sua lunga esperienza politica. C'è il liberal-Dc, in senso culturale, William Di Marco. Si annuncia la battagliera candidatura di Dino Di Giuseppe, una colonna del partito socialista anni '80. Abbiamo poi Rosaria Ciancaione, che ex-psi formalmente non è (semmai ex-Pd), ma introduce l'ammirazione per il sindaco socialista anni '80, Ragnoli, praticamente ogni piè sospinto. E quindi il sindaco uscente, Sabatino Di Girolamo, che iniziò a fare politica mi pare nei Popolari e certo nella Margherita, che della Dc erano gli eredi naturali.

Futuro? Se c'è è ben nascosto, verrebbe da dire. Del resto, Roseto di quale futuro ha bisogno? Ecco, adesso parlo da disimpegnato al massimo. Per me è una splendida cittadina dove d'inverno (eccetto il lockdown degli ultimi anni) si vive benissimo. Qui, se hai quel poco che serve per campare, davvero è una meraviglia: c'è il mare, la spiaggia, il clima, un buon caffé. Peccato dover sopportare, nei due mesi estivi, un turismo prepotente e maleducato che sinceramente da noia. Ma è un prezzo che si può pagare, visto che porta soldi (non a me personalmente, ma all'economia della città e quindi un po' a tutti).

Secondo me, una cittadina così accogliente e simpatica, non avrebbe nemmeno bisogno di un sindaco. Basterebbe un capo-condomino per le normali faccende. Però, la legge non ammette ignoranza: un sindaco lo vuole. E quindi pazienza. Ogni cinque anni si assiste così a questa strana corsa molto sopravvalutata che in fondo interessa solo gli interessati; gli appassionati di questa finta politica; di questo finto fair-play politico. E che produce solo qualche tifoseria momentanea e niente più.

P.s.: come camperanno i giovani che non hanno la fortuna di avere quel poco di cui sopra non saprei. Ma questo, in fondo, non dipende dai sindaci. Per fortuna, beninteso!

giovedì 22 luglio 2021

Caro Alessandro (Recchiuti), hai fatto bene


ROSETO. Caro Alessandro, permettimi di dirla così, da amici. È inutile far vedere qui una cosa diversa. Quando ci incontriamo usiamo un tono confidenziale. Lo uso anche qui, pubblicamente. E, da amico, ti dico: hai fatto bene. Hai fatto bene a tirarti fuori. Non ne valeva la pena. È meglio lasciar correre, per questa tornata. Potrebbero venire tempi migliori.

La politica, penso, si può fare anche da fuori quel consiglio comunale. Anzi, è fuori che si fa. Per quel che vale, condivido perfettamente la tua scelta.

A presto per un coffy.

lunedì 19 luglio 2021

A proposito degli sgarbi

Questa storia di Sgarbi, le donne, il sindaco di Giulianova Costantini, eccetera, sembra fatta apposta per far pubblicità a tutti i suoi protagonisti. Non conosco personalmente il sindaco di Giulianova e, pur senza averlo mai incontrato, né senza che lui mi abbia mai fatto nulla, mi è cordialmente antipatico a causa di quelle uscite sui social che faceva durante il lokdown del marzo 2020 (“Non venite a giulianova... mando i droni”, ecc.) le quali uscite, al contrario, penso fossero assai gradite dalle pasionarie che oggi lo contestano.

Senza entrare nel merito, dunque, una cosa mi sta sulla punta della penna. Ma le donne di sinistra, almeno quelle politicamente impegnate, che ne pensano del piacere sessuale, dei godimenti della carne, insomma di quella pulsione naturale che uomini e donne ogni tanto hanno? Pensano che il sesso sia lo sterco del demonio? Che si debba vivere con il burqa? Rinchiusi in un convento a meditare sulle ideologie sessiste?

Perché, guardate, il sesso fa parte della vita. Il sesso libero era la conquista del femminismo anni '70. Che non aveva – a mia memoria – per mito Raffaella Carrà, la quale semmai piaceva alle casalinghe che le allora femministe repudiavano. Aveva per mito Woodstock, il rock, le comuni, i kolchoz laburisti, l'andare in giro nudi come sfida al conformismo. Erano delle libertarie quelle femministe, insomma.

Ora mi appaiono tutte delle super-conformiste; amanti dei regimi igienico-sanitari; propalatrici di teorie scientifico-virologiche. Delle sante, insomma, costrette a vivere in un mondo di violentatori seriali. Ma davvero è così? Davvero uno Sgarbi o un Costantini qualsiasi vi mettono in crisi? Davvero pensate che impugnando il codice penale e chiedendo censura, censura, censura, il mondo venga migliore, più rispettoso di voi?

Guardate, lo dico come uno che si fida solo di dottoresse donne, dentiste donne, politiche donna. Che vorrebbe le città e gli Stati amministrati da donne. Ma che non fossero, però, così tecnicamente “fasciste” come alcune mi paiono; che non pensassero solo ad invocare bavagli; ad intimare comportamenti; ad apparire come inquisitrici medioevali, insomma.

P.s.: ora mi aspetto una marea di insulti e commenti irosi. Ai quali, preannucio, non risponderò.

giovedì 15 luglio 2021

Un ricordo di Pio Rapagnà

ROSETO. Sono diventato allergico alle rievocazioni. Penso che ognuno viva nel suo tempo. Che nulla e nessuno si dà fuori da esso. Sarà perché io stesso mi sento ormai fuori da questo mondo. Di cui disprezzo tutto: dalla tecnologia che mi sembra la Stasi (la polizia segreta dell'ex Germania Est) ai dignitari in camice bianco che mi paiono Fobos, ovvero la divinità della paura cui gli antichi romani, credo, dedicarono un tempio.

Eppure, qualche eccezione c'è. Questa sera a Montepagano, nella piazzetta dell'Olmo, si terrà una serata di poesia e musica. L'ha organizzata “Città per Vivere”, l'associazione che con tanta forza Giovanna Forti, insieme ad Annalisa e Mara Rapagnà, porta avanti in ricordo di Pio Rapagnà, suo marito, scomparso tre anni or sono. Forse farò solo una scappata questa sera o forse nemmeno quella. E di questo, come di queste righe, mi scuso con Giovanna.

Perché? Perché Pio Rapagnà e Giovanna Forti mi sono stati molto vicini in certi momenti della vita. E questo conta, per me. Non conta il “politico” Pio (non a caso penso che questa sera molti candidati o aspiranti tali faranno capolino alla caccia di una eredità elettorale che non c'è e non può esserci). Il politico Pio è stato, infatti, un politico appunto dei vent'anni che a spanne vanno dal 1975 al 1995. Laddove ha anticipato e derivato alla scala locale alcune “battaglie” innovative che Marco Pannella portava avanti a livello nazionale.

Ma non è questo, o almeno non solo, che vedo (certo posso sbagliare) nelle iniziative di Giovanna Forti. Scorgo invece – ed è quel che vale – il lato umano: il sentimento: un'amore struggente che la legava a Pio. E questo, secondo me, è senza tempo. O meglio: questo è il senza-tempo di Giovanna. Ed è questa originale contaminazione tra pubblico e privato che rende la rievocazione degna di essere menzionata. Se volete è solo questo il versante latamente politico, ma in senso del tutto atipico, come in parte atipica è stata l'azione di Pio Rapagnà.

Osservo Giovanna, minuta, esile e vedo una donna forte al singolare come Forti al plurale è il suo cognome. Credo che il ricordo sia per lei l'unica ragione vera della vita. C'è una sofferenza, come se Montepagano fosse un particolarissimo golgota di una, anzi due, oppure tre esistenze. Ne ho profondo rispetto. Credo di intuire quella sofferenza, forse per antiche frequentazioni con la sofferenza. Per questo, cara Giovanna, forse non vengo o forse faccio appena una scappata. Mi sembra il massimo di un sentire che sento.

Certe volte, penso sarebbe meglio tutto lasciare all'oblio. Penso che la storia non conta. Penso qualcosa di profondamente anti-storico, anti-contemporaneo, anti-tutto. Vivere il presente, parandosi soltanto il posteriore dai colpi più duri: è la mia personalissima filosofia dell'oggi. Una tecnica di sopravvivenza, se vuoi.

lunedì 12 luglio 2021

Avviso ai naviganti: dichiarazione preventiva di disimpegno

ROSETO. Non se ne abbiano a male, i candidati, ma quest'anno ho deciso di non partecipare a nessun evento elettorale (conferenze stampa comprese). Non per niente, anzi, con l'augurio di cuore a tutti. Ma, siccome i candidati sono tutte persone delle quali mi sento amico, non vorrei dispiacere nessuno.

Perciò, per la domenica ottobrina del voto, mi prenderò un bel giorno di vacanza (dal seggio). Ripeto, sono molto amico di William Di Marco e non potrei dirgli di no, qualora me lo chiedesse. Conosco Tommaso Ginoble da vent'anni e non potrei dirgli di no, se me lo chiedesse. Conosco meno, ma comunque mi sembra che una volta ci ho preso pure un caffé, Mario Nugnes e quindi mi parrebbe brutto. Lo stesso vale per Rosaria Ciancaione e Sabatino di Girolamo. E, se uscisse qualche altro candidato, è probabile lo conosca ugualmente, quindi il discorso non cambierebbe. Siccome tutti non li posso votare, non ne voto nessuno e 'stapposte.

Del resto, ho un età per la quale di sindaci ne ho visti passare tanti (e non parlo solo di Roseto). Sono più o meno tutti uguali. Si presentano con le migliori intenzioni e poi fanno quel che vogliono. Certo, uno lo dovrà fare il sindaco, ma, tolti i soliti interessi costituiti, che tutti i sindaci inevitabilmente salvaguardano, le differenze reali sono assai meno di quel che appare durante le campagne elettorali. In ogni caso, la facoltà di qualche commento – qualora mi venisse di farlo – me la riservo. Ma spero di non doverla usare. Nel caso, la userei di malavoglia.

Adotto per questo giro, allora, un vecchio detto popolare: “L'ho promesso a tutti, il voto, vuoi che non lo dia a te?”. Buona campagna elettorale a tutti. Io mi astengo!

venerdì 9 luglio 2021

Ma quali eroi?

Questa storia del dichiarare “eroi” intere categorie è una fregatura per le persone. Oltretutto è improbabile che eroi siano tutti indistintamente gli appartenenti ad un corpo o una corporazione, compreso menefreghisti e  scansafatiche. Semmai eroi saranno alcuni individui di quei gruppi, che purtroppo ci hanno rimesso, ma tutti è difficile. Comunque, se uno capita tra le grinfie dei suddetti benedetti (dai media), è costretto a subirne le angherie. Se si lamenta, infatti, è messo all'indice come colui che va “contro gli eroi”. Ecco, con queste beatificazioni a mezzo stampa-tv-social non si rendono conto del danno che fanno ai poveri cristi che, purtroppo, abbisognano di alcuni servizi pubblici. E spesso non riescono o non possono ribellarsi alle ingiustizie. E pensare che è proprio con le tasse dei tiranneggiati che quei servizi si pagano!

domenica 4 luglio 2021

Piazza o spazio aperto?

GIULIANOVA. La domanda è: la formalistica, quanto a disegno, piazza Dalmazia di Giulianova, che s'inaugura in serata, è una piazza o uno spazio urbano aperto? La piazza, nel suo significato urbanistico, è infatti “uno spazio chiuso all'intorno da costruzioni”, come la definiva il grande urbanista Luigi Piccinato. Ma, per definire una “piazza”, abbiamo bisogno di tre elementi: la funzione, la forma, la posizione in rapporto all'intorno ed alla città.

Nella storia, la funzione della piazza è stata quella di consentire ai cittadini di riunirsi. Riunirsi, ad esempio, per assistere a spettacoli, comizi elettorali, rappresentazioni sacre e mercati. Nel medioevo le funzioni della piazza erano nettamente distinte: c'era la piazza religiosa davanti la chiesa principale, la piazza politica davanti al palazzo Comunale e la piazza del mercato.

In questo senso, piazza Dalmazia non è una piazza, ma ha ospitato (quando si poteva) manifestazioni pubbliche e mercati. Del resto non era stata progettata, negli anni '30 del Novecento, per quello scopo. Anzi, era allora uno slargo stradale di fronte al “Kursal” ed all'origne sud del lungomare “monumentale”. Era nella sostanza una piazza di traffico, come d'uso corrente in quel lasso del secolo passato. Un largo, tuttavia, che ha avuto di fatto una funzione civile e politica, nonché commerciale, anche se non era nata per quello. Non è dunque una piazza “specialistica”, ma ha alcuni elementi tipici di una piazza.

Ora, lo spazio attuale, che si apre appunto stasera nell'ufficialità, appare piuttosto disegnato come un “oggetto” di design corrente. Un oggetto che può essere fruito. Qual è il tentativo che si scorge: quello della trasformazione da una piazza di traffico ad una piazza di soggiorno. Operazione, questa, mai facile, da cui si può derivare lievemente nel non essere né l'una né l'altro.

Al di là della retorica politica, quasi inevitabile in tali circostanze, cosa dirà se il tentativo sarà riuscito o meno? Lo dirà l'uso; il tipo d'uso che la gente spontaneamente ne farà in base ai gusti del momento, che mutano con il mutare stesso del tempo. Certo, il disegno, gli ingombri, gli arredi, la proiezione a terra degli elementi realizzati, condiziona e condizionerà tale uso, non consentendo, ad esempio, alcune funzioni. Bisogna vedere, però, se questa è una scelta progettuale consapevole, che segue un disegno politico preciso, oppure una meccanica trasposizione del segno grafico.

Si è tentati di propendere per la seconda ipotesi. Ecco quindi che torna la parola: formalistica, nel senso di prevalenza degli elementi convenzionali, che in fondo potrebbero essere posati ovunque senza troppa distinsione. Insomma, è una piazza "di Giulianova", la nuova piazza Dalmazia, oppure è un oggetto di design che potrebbe essere posato in qualsiasi città del globo come davanti a qualunque centro-commerciale? Queste righe non hanno la risposta. Dipenderà dal se e dal come la faran propria i cittadini giuliesi ed i turisti. E qui si aprirebbe tutt'altro discorso sulla differenza d'uso tra cittadini e turisti, ma sarebbe troppo lungo da affrontare.

venerdì 2 luglio 2021

"Il Punto" rivendica autonomia di scelta

ROSETO. Era il 3 dicembre del 2016, vigilia del referendum “Renzi” e già l'associazione politica “Il Punto” si riuniva avendo di mira il livello cittadino, la scala rosetana. Tali intenti sono apparsi di nuovo questa mattina, in una conferenza stampa al lido “Celommi”, guarda caso storico stabilimento balneare proprio al centro del lungomare rosetano, per rivendicare autonomia di scelta anche in vista delle prossime elezioni municipali.

Del resto stiamo parlando di una associazione, che pur facendo riferimento al consigliere comunale, nonché vicepresidente della Provincia, Alessandro Recchiuti, ci tiene a ribadire che farà politica sulla base di proposte sue, che poi metterà a confronto con chi riterrà le possa condividere. Ciò, senza rinnegare una collocazione culturale nell'area centrale, o di centro-destra del panorama politico.

Quel centro-destra, però – accusa “Il Punto” che di fatto non ha voluto Recchiuti candidato sindaco. E questo – si aggiunge – per logiche non solo rosetane. Così, in un comunicato inviato da Vanessa Quaranta, presidente dell'associazione, si legge di “ambizioni e gruppi di potere aquilani e pescaresi. Abbiamo saputo e letto – si prosegue – di quel Pd area Legnini interessato ad un dialogo con Sottanelli; abbiamo visto il pescarese Luciano D'Alfonso a Roseto, così come abbiamo visto ai tavoli delle trattative (pochi) esponenti leghisti non di Roseto, pur esprimendo Roseto il deputato Giuseppe Bellachioma.”

C'è n'è ovviamente anche per l'aquilano Luigi D'Eramo, segretario regionale del Carroccio, che più volte è intervenuto pesantemente nella vicenda rosetana. Si accenna quindi a trame politiche sopra e sotto traccia che, a parere de "Il Punto", non fanno il bene di Roseto. Insomma è un po' un tradimento politico quello che si rimprovera alla destra, accompagnato dall'abbandono al suo destino della città da parte di quegli esponenti della destra stessa che siedono in consiglio regionale.

Di qui la rivendicazione: “Abbiamo deciso di non vendere la pelle di Roseto a chi ha interessi fuori dalla città”. Come dire, in casa nostra, la politica la facciamo noi. Secondo quello che a noi pare utile alla città. Senza farci colonizzare da chicchessia. Ed in questo, devo dire, la coerenza con quella sera del 3 dicembre di cinque anni fa, la si riconosce benissimo.